di Stefano Rodotà
Tra una politica che fatica a presentarsi in forme accettabili dai cittadini e un populismo che di essa vuole liberarsi, bisogna riaffermare una “moralità” delle regole attinta a quella cultura costituzionale diffusa la cui emersione costituisce una rilevantissima novità. Mai nella storia della Repubblica vi era stata pari attenzione dei cittadini per la Costituzione, per la sua funzione, per il modo in cui incide sul confronto politico e le dinamiche sociali. I cittadini ne erano stati lontani, non l’avevano sentita come cosa propria. Nell’ultimo periodo, invece, si sono moltiplicate le occasioni in cui proprio il riferimento forte alla Costituzione è stato utilizzato per determinare la prevalenza tra gli interessi in conflitto.
Dobbiamo ricordare che nell’articolo 54 della Costituzione sono scritte le parole “disciplina e onore”, vincolando ad esse il comportamento dei «cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche». I costituenti erano consapevoli del fatto che il ricorso al diritto non consente di economizzare l’etica. Non si affidarono soltanto al rigore delle regole formali, ma alla costruzione di un ambiente civile all’interno del quale potessero essere esercitate le “virtù repubblicane”. Colti e lungimiranti, guardavano alla storia e al futuro. Non avevano solo memoria del fascismo. Rivolgevano lo sguardo ad un passato più lontano, anch’esso inquietante: agli anni del “mostruoso connubio” tra politica e amministrazione denunciato da Silvio Spaventa.
Così la questione “morale” si presenta come vera e ineludibile questione “politica”. Lo aveva messo in evidenza in passato Enrico Berlinguer. L’intransigenza morale può non piacere, ma la sua ripulsa non può divenire la via che conduce a girare la testa di fronte a fatti di corruzione anche gravi. Altrimenti la caduta dell’etica pubblica diviene un potente incentivo al diffondersi dell’illegalità e a una sua legittimazione sociale.
In questi anni il degrado politico e civile è aumentato. È cresciuto il livello della corruzione, in troppi casi la reazione ai comportamenti devianti non è stata adeguata alla loro gravità. Tra i diversi soggetti che istituzionalmente dovrebbero esercitare forme di controllo, questa attività si è venuta concentrando quasi solo nella magistratura. Ma la scelta del ceto politico di legare ad una sentenza definitiva qualsiasi forma di sanzione può produrre due conseguenze negative. Non solo la sanzione si allontana nel tempo, ma rischia di non arrivare mai, perché non tutti comportamenti censurabili politicamente o moralmente costituiscono reato.
Non ci si è accorti dell’ampliamento del ruolo che da ciò derivava per la magistratura, eletta a unico e definitivo “tribunale della politica”. E questo non è un segno di buona salute, perché i sistemi politici riescono a mantenere equilibri democratici solo quando vi è il concorso di tutti i soggetti istituzionali ai quali questi equilibri sono affidati.
È stata dunque la politica stessa ad affidarsi ai giudici come “decisori finali”, azzerando in questo modo per se stessa i vincoli di moralità e di responsabilità propriamente politica. Ma questa constatazione porta ad un interrogativo: come restituire alla politica l’etica perduta?
Fonte: La Repubblica
NON PUO BASTARE CERTO QUESTO REFERENDUM a far si che che gli ottimi indirizzi della Carta si realizzino se non si sono avverati dal 48 ad oggi. E' molto evidentemente necessaria una espressione propositiva, assertiva e concreta della Sovranità Popolare perchè essi diventino realtà a dispetto di quella politica che è andata azzerando progressivamente il proprio tasso di qualità, fino ad esprimere una mediocrità intollerabile, rinnegandoli e negandoli.
RispondiEliminaIl Comitato del NO riprenda la sua ragione costitutiva originaria di COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE e prosegua il suo impegno per realizzarla.
E a me sembrerebbe bellissimo farlo proprio brandendo, da Popolo Sovrano, la Costituzione agli articoli 71 e 50 che consentono a Democrazia Diretta Propositiva che i Costituenti ci hanno lasciato perchè potessimo intervenire qualora gli eletti si fossero rivelati indegni, incapaci o complici.
Sarebbe il modo migliore per “imporre”, con la Sovranità Popolare Realizzata, non solo enunciata, quelle norme e riforme di cui il Paese ha bisogno e che la Cittadinanza attende, senza lasciare alla casta il tempo e la libertà di produrre altre nefandezze per poi doverle rincorrere per correggerle o cancellarle coi referendum, come l’italicum o il job act: e sarebbe bellissimo!
Ma almeno che si presenti alle prossime politiche con una Lista Civica Nazionale che porti benissimo quelle insegne di "COMITATO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE", non più e non solo per difendere la forma della Costituzione negata, ma per esprimere assertivamente lo Spirito Originale ed Autentico di quella Carta che resta un ottimo programma tutto da svolgere. E per ricevere dall'elettorato, alla disperata ricerca di credibilità e affidabilità, l'onere di trarre il Paese dalla palude in cui è stato condotto con un percorso di degrado e declino che pare non aver fine...
Paolo Barbieri