Intervista a Francesco Sinopoli di Maurizio Minnucci
“È ora di invertire completamente la rotta. L'investimento nell'istruzione e nella ricerca è l'elemento fondante dello sviluppo. Veniamo da anni in cui la retorica ufficiale lo ha sempre sostenuto, ma solo a parole: una tendenza in atto prima della crisi e che negli ultimi anni si è addirittura drammatizzata, sia in Italia sia negli altri Paesi che hanno sperimentato le dure politiche di austerità, cioè proprio là dove ci sarebbe più bisogno di investire sulla conoscenza. Se aggiungiamo che dal 2008 si è imposta una visione ideologica secondo cui al nostro mondo serve la competizione fra strutture e fra lavoratori, il quadro completo. Anche su questo serve un cambio di passo”.
Ecco le sfide che attendono negli anni a venire la Flc Cgil e il suo nuovo segretario generale, Francesco Sinopoli. Con una premessa: “Vogliamo un modello di istruzione che consideri la formazione un diritto delle persone”.
Ecco le sfide che attendono negli anni a venire la Flc Cgil e il suo nuovo segretario generale, Francesco Sinopoli. Con una premessa: “Vogliamo un modello di istruzione che consideri la formazione un diritto delle persone”.
Partiamo dalla “Buona scuola”. Secondo alcuni, Renzi è caduto anche per questa riforma e lui stesso pare esserne consapevole. Del resto, nel suo discorso da premer dimissionario, nel citare i provvedimenti del governo – e ne ha citati molti – non ne ha fatto cenno. Una semplice dimenticanza?
"Avevamo ragione noi. È stato un errore macroscopico. Un fallimento che sta producendo grandi danni alla scuola e alle persone che ci lavorano. Lo conferma il voto del 4 dicembre in cui la scuola si è espressa con chiarezza. Adesso mi auguro che ci siano le condizioni per alcune modifiche: i primi atti dopo il referendum dovranno essere all'insegna della consapevolezza degli errori fatti e già nella legge di stabilità qualcosa si può fare. Non dimentichiamo che sono state raccolte 500 mila firme per cancellare quella legge, mi sembra un “sondaggio” abbastanza attendibile. In ogni caso, noi restiamo in campo con forza per sterilizzarne l'applicazione."
Veniamo all'università, dove i ricercatori non sanno più come tirare avanti...
"Contro l'università è stata organizzata una battaglia epocale e ideologica che ha preparato il terreno alla sottrazione progressiva di risorse, sostenendo l'idea ridicola che in questo Paese ci sono soltanto alcune eccellenze e tutto il resto deve andare al macero. I ricercatori ovviamente ne fanno le spese, le loro condizioni sono quelle che ben conosciamo. Quello che serve è un piano straordinario di reclutamento, sono stati espulsi migliaia e migliaia di precari in questi anni."
Quantifichiamo?
"Occorre recuperare immediatamente un miliardo di euro per il fondo ordinario. E anche se nell'ultimo periodo finalmente c'è il segno più, resta il problema di come utilizzare le poche risorse. Perché se anziché valorizzare le strutture e poi individuare investimenti aggiuntivi, si decide di favorire soltanto presunte eccellenze, si commette un grave errore. Ciò di cui abbiamo bisogno, invece, è un grande investimento sulle infrastrutture, il vero driver dello sviluppo in grado di colmare i divari territoriali. Vale per le università così come per gli enti pubblici di ricerca: non effetti speciali, è sufficiente un investimento mirato."
Rimettendo insieme i tasselli, tra scuola e università, sembra che ci sia un preciso disegno dietro a tutti questi provvedimenti. È così secondo te?
"Alla base c'è l'ideologia neoliberale po' rimasticata applicata ai settori dell'istruzione, già sperimentata tanti anni fa in Inghilterra e non solo, veicolata poi in Italia attraverso i provvedimenti adottati negli anni della crisi. Da ultimo, la “Buona scuola” che favorisce un'insensata competizione tra istituti e, attraverso il meccanismo dei bonus, esercita una fortissima pressione sugli insegnanti con una visione manageriale povera. Per quanto riguarda l'università, lo accennavo, accade la stessa cosa: la legge 240 indebolisce gli organi di autogoverno e rafforza il potere unilaterale della dirigenza. In altre parole, concentrazione dei poteri da un lato, impoverimento degli spazi di partecipazione democratica dall'altro. Eppure le nostre strutture dovrebbero avere una governance naturalmente connotata dal punto di vista democratico: la libertà d'insegnamento è garantita dalla Costituzione."
Cosa significa in termini concreti ridimensionare il mondo della conoscenza, quali rischi si corrono?
"La missione fondamentale per le istituzioni della conoscenza è garantire il diritto individuale alla formazione. Ma c'è anche un diritto collettivo da tenere presente, cioè il ruolo che la conoscenza ha come strumento di emancipazione per la società. E soprattutto, come argine al dilagare delle disuguaglianze. Invece, gli interventi legislativi fanno l'esatto contrario, le amplificano, tanto da chiudere alcuni atenei del Mezzogiorno, cosa che non c'entra nulla con la crisi. Dal punto di vista degli investimenti è emblematico come le risorse vadano nelle zone già avvantaggiate attraverso meccanismi fintamente tecnici. Dobbiamo invertire la rotta e costruire un progetto che restituisca a queste istituzioni la loro funzione sociale fondamentale, con le risorse che servono."
C'è poi il tema della condizione dei lavoratori…
"Dopo nove di anni blocco della contrattazione e di applicazione di queste “cure”, c'è bisogno anzitutto di recuperare spazi di negoziazione a partire dal rinnovo dei contratti. Non è solo lo strumento per una retribuzione dignitosa, si parla anche di organizzazione del lavoro, sviluppo professionale, formazione: tutte materie che devono tornare oggetto di contrattazione."
Com'è il rapporto della Flc con l'associazionismo e gli studenti?
"Abbiamo sempre avuto grande attenzione a questo mondo: la battaglia sulla legge 107, in cui il sindacato è stato un punto di riferimento e un interlocutore, lo dimostra. Dobbiamo continuare a mantenere queste relazione, abbiamo in mente un'organizzazione che guarda anche fuori da se stessa."
E con gli altri sindacati del settore?
"Negli della crisi l'unità sindacale è stata un elemento di grande valore. È qualcosa da ricercare faticosamente, ma quando la si trova, poi ripaga tutti gli sforzi. Penso che dobbiamo puntare a convergenze più avanzate con le altre organizzazioni sindacali."
Un'ultima domanda sul mondo dei Conservatori. Sembra che almeno qui qualcosa si stia muovendo...
"Finalmente sì. L'Afam aspettava da anni una vera riforma. Adesso siamo di fronte a un disegno di legge con alcuni avanzamenti, sebbene siano necessari dei correttivi. Certo, la situazione in cui è finito il governo non aiuta. Ci auguriamo quindi che il Parlamento si assuma le proprie responsabilità, anche perché c'è un'emergenza precari da gestire. Credo poi che, rispetto al passato, dobbiamo avere maggiore attenzione verso i settori privati del mondo della formazione professionale, che ha subito colpi durissimi, cosa che vale anche per i settori privati della conoscenza."
Fonte: Rassegna.it
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