di Marta Autore
“Finalmente è terminata Vistalegre II”. Così diceva qualcuno il giorno prima dell’inizio dei lavori della seconda assemblea generale di Podemos, che ha celebrato la vittoria dell'area capitanata da Pablo Iglesias, che porta a casa il 50,8% dei consensi degli oltre 150mila votanti per via telematica per eleggere il Consiglio Cuidadano Estatal (l’organo esecutivo nazionale) ottenendo 37 dei 62 membri del Consiglio. Il principale schieramento avversario, guidato da Iñigo Errejón, ottiene invece il 33.7% ed elegge 23 membri, mentre l'area Podemos in Movimiento, guidata da Teresa Rodriguez e Miguel Urban e corrispondente all’area di Anticapitalistas, ottiene il 13.1% ed elegge 2 consiglieri.
La formazione di Iglesias vince anche sui voti sul documento politico (56.0% Iglesias, 33.7% Errejón, 8.9% Anticapitalistas), sul documento organizzativo (54.4% Iglesias, 34.9% Errejón, 10.0% Anticapitalistas), sul documento etico (53.6% Iglesias, 33.8% Errejón, 11.6% Anticapitalistas) e sul documento de Igualdad, il nome con cui si fa riferimento al documento sul femminismo (61,7% Iglesias insieme ad Anticapitalistas, 35.6% Errejón).
Per quanto riguarda la Segreteria Generale, la rielezione di Pablo Iglesias era scontata dal momento che le altre liste principali non presentavano candidati, e l’unica alternativa era il candidato indipendente Yagüe, che ha appena superato il 10% delle preferenze.
Finalmente è terminata Vistalegre II, si diceva. Sì, perché questo ultimo mese che ha preceduto la due giorni di congresso è stato caratterizzato da una "campagna elettorale" all’ultimo sangue, in cui le due formazioni principali (di Iglesias e di Errejón) hanno offerto uno spettacolo mediatico fatto di totale personalizzazione del dibattito, fango, tweet al veleno, con la tendenza a parlare di tutto fuorchè di politica. Un'assenza di dibattito reale, sintomo anche di una cultura politica di una organizzazione che tende a svuotare il ruolo dei circoli di base, finendo per produrre nella campagna elettorale interna dei veri e propri gruppi di hooligan. A tal punto che qualcuno a due giorni dal suo inizio ha definito Vistalegre più simile a una finale di X-Factor, in cui scegliere chi abbandona lo show, che a un congresso politico.
Il clima è diventato così teso che pochi giorni fa lo svolgimento stesso di Vistalegre è stato per qualche ora in forse, per l’impossibilità di trovare accordo su alcuni dettagli, situazione poi risolta solo grazie all’intervento dell'area di Anticapitalistas.
Eppure differenze strategiche e programmatiche da mettere a dibattito e discutere nei circoli ce n'erano eccome tra le tre opzioni, emerse in maniera chiara soprattutto a ridosso e durante il lungo ciclo elettorale del 2015-2016, in cui il rapporto con il partito populista di destra Cuidadanos, un possibile accordo di governo con il PSOE (Partito Socialista) e svariate marce indietro su punti programmatici, avevano evidenziato differenze sostanziali interne alla “macchina da guerra elettorale” di Podemos, “unita e vincente”, uscita dal congresso di Vistalegre I.
Da un lato il Podemos proposto da Errejon è un soggetto principalmente istituzionale, secondo una visione per la quale è possibile attraverso le istituzioni ottenere cambiamenti reali e secondo cui l'impegno di “movimento” si limita a un piano più culturale che di lotta. Un Podemos "dolce" e non di rottura, “ganador” (vincente) e “trasversale”, che guarda soprattutto ai settori di classe media e a parte dell’elettorato del Partito Socialista, con forte critica all'alleanza elettorale del 26 giugno con Izquierda Unida.
La visione di Iglesias è invece quella di un Podemos di lotta all’opposizione e gestione al governo. Un Podemos quindi sempre prevalentemente istituzionale, con l'obiettivo di recuperare le istituzioni per porle al servizio della gente, ma in cui il movimento gioca un ruolo importante di complementarietà. I suoi punti programmatici hanno visto nell’ultimo anno pesanti oscillazioni anche opportunistiche, ma negli ultimi mesi l’enfasi posta sulla necessità dei processi di lotta per la costruzione di un "blocco del cambio", hanno aperto la strada per l’appoggio a Iglesias da parte di settori più movimentisti e radicali. Il suo discorso è orientato soprattutto alle classi popolari, che costituiscono la salda base elettorale a cui rivolgersi.
La lista di Podemos in Movimento (Anticapitalistas) contrapponeva invece alla visione della macchina da guerra vincente un modello di partito-movimento di rottura, rivolto più a quel “di fuori” che si muove nella società e che tuttora non si riconosce in Podemos, cercando di porsi in continuità con ciò che ha lasciato il movimento del 15M e proponendo un modello organizzativo più democratico internamente e che rispetti le autonomie regionali. Mettendo in guardia sul significato di “vincere” le istituzioni in un contesto privo di autorganizzazione e mobilitazione sociale, con forte critica all’esperienza rappresentata oggi da Syriza (al contrario di Iglesias). Molta enfasi è stata messa anche sui contenuti programmatici chiari e di rottura, tra cui l’audit sul debito pubblico, la nazionalizzazione del settore energetico e la creazione di una banca nazionale pubblica, la disobbedienza ai trattati.
Sicuramente da questo secondo Vistalegre esce un Podemos più plurale, che vede rappresentate le tre principali anime del partito, grazie a un meccanismo elettorale diverso dal maggioritario totale e alle liste bloccate che avevano caratterizzato il primo congresso (che aveva lasciato fuori la grossa minoranza rappresentata da Anticapitalistas dal Consiglio). Un meccanismo non del tutto democratico però, molto lontano dalla proporzionalità assoluta, dal momento che l'area di Urban e Rodriguez nonostante il 13% dei consensi, elegge solo 2 consiglieri su 62, equivalenti a poco più del 3% del totale.
Nonostante la penalizzazione dovuta al regolamento, il settore critico di Anticapitalistas conferma un peso non trascurabile, con un apprezzamento probabilmente anche maggiore a ciò che esprimono i puri numeri. Non c’è dubbio infatti che la polarizzazione Iglesias-Errejón sia risultata penalizzante, e che questa sorta di bipolarismo interno abbia portato molti militanti a esprimere un voto utile verso Pablo Iglesias.
Ora Vistalegre è conclusa, inizia una fase nuova che non sarà più scandita in maniera serrata da scadenze elettorali, ma caratterizzata dall’opposizione al governo di destra del Partido Popular. E la partita che si gioca Podemos in questi anni ci dirà se rimarrà una "forza del cambio" o se sarà sussunta dal sistema istituzionale. Solo se la resistenza alle politiche di austerità, l’opposizione a Rajoy e, nelle regioni dove governa, al PSOE, la difesa dei diritti e dei posti di lavoro, la costruzione di strumenti per l’autorganizzazione ed esperienze di poder popular si darà in primo luogo nelle piazze, nei quartieri, nei luoghi di lavoro, sarà possibile per Podemos contribuire alla costruzione di un blocco del cambio in grado di trasformare realmente la società.
E, per dirla con le parole di Teresa Rodriguez durante il suo intervento a VA II, per evitare “la trappola mortale di ottenere il potere e non riuscire a cambiare la vita”.
Fonte: Communianet.org
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