di Tiziana Barillà
«Il testo è approvato», dice il neopresidente Antonio Tajani. Il Comprehensive economic and trade agreement, l’accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea è stato approvato dal Parlamento europeo, con 408 voti a favore e 254 contro e 33 astenuti. A niente sono valse le 3 milioni e mezzo di firme per dire No al Ceta, né le dichiarazioni di contrarietà di 6mila municipi e 2.137 comunità. I gruppi di sinistra e della destra nazionalista hanno votato contro, mentre la grande coalizione che governa Strasburgo ha scelto il Sì. Con numerose defezioni del gruppo socialista.
«Una risposta al protezionismo di Trump», così il capogruppo dei Popolari Mandred Weber definisce il Ceta. Ma mentre gli eurodeputati dibattevano in aula, migliaia di militanti della Campagna #StopCeta protestavano sdraiate per terra: «È un assedio simbolico. Per approvare quella porcheria dovranno passarci sopra!», scrive Monica Di Sisto, portavoce della campagna #StopTtip, l’altro accordo – quello con gli States – che per il momento è un pericolo scampato.
Perché la Sinistra ha votato contro
«Noi votiamo contro perché consideriamo che il Ceta sia un attacco ai luoghi della decisione democratica e un pericolo per gli standard sociali e ambientali», spiega a Left Eleonora Forenza, eurodeputata del Gue/Ngl e membro della commissione Commercio Ue, mentre si divide tra gli interventi in Parlamento e le proteste di piazza. «L’approvazione del Ceta ha conseguenze reali sulla vita dei cittadini». Oltre ai danni che porta con sé, infatti, il Trattato con il Canada “sdogana” il Ttip, perché rischia di essere un vero e proprio cavallo di Troia per le multinazionali, anche in assenza del Ttip. «Sdogana i cosiddetti trattati di nuova generazione», ci aveva già spiegato Forenza lo scorso ottobre, «che hanno come obiettivo l’eliminazione delle barriere non tariffarie: ovvero i nostri standard di diritti fondamentali, come il lavoro e la salute. In pratica, con il Ceta approvato, a qualsiasi multinazionale basterà aprire una casella postale – o una sede legale – in Canada per avere tutti i privilegi attribuiti dal Ceta. In buona sostanza si otterrebbero gli stessi effetti del Ttip senza averlo approvato».
Cecilia Malmström, la commissaria europea al Commercio, l’ha definito «il più avanzato e moderno accordo commerciale mai negoziato dall’Ue». Per i sostenitori, il Ceta porterà un incremento del Pil dell’Ue di circa 12 miliardi di euro l’anno. L’accordo sopprime il 99% dei dazi, per 500 milioni di euro l’anno. Gli standard, dicono, sono garantiti: il Canada dovrà rispettare le normative di ambiente, sicurezza, sanità, alimenti, consumatori, lavoro dell’Ue. Niente carne agli ormoni o polli al cloro? I servizi pubblici sono al sicuro? Davvero le multinazionali non influenzeranno le discussioni parlamentari sui nuovi standard? «Sarebbe una battuta se non fosse una tragedia dire che il Ceta è la risposta progressista al populismo delle destre e al protezionismo di Trump. Voi proteggete il diritto al profitto, le multinazionali, prima delle persone. Noi vogliamo proteggere il lavoro, l’ambiente, la democrazia. Voi dite: “Il Ceta creerà posti di lavoro”, peccato che tutti gli studi abbiano dimostrato il contrario, e che saranno persi 230mila posti di lavoro, di cui 200mila solo in Europa. Trudeau ambientalista? Trudeau è colui che ha plaudito alla costruzione di un oleodotto in Usa e che si accinge a stringere accordi contrari alle direttive comunitarie. I socialisti avevano annunciato la fine della grande coalizione invece oggi possiamo vedere che la grande coalizione continua. Noi restiamo in coalizione coi cittadini e le cittadine».
I socialisti europei sono divisi
Se la Sinistra in Parlamento – quella del Gue/Ngl – ha votato compatta contro l’accordo, così non è stato per il gruppo europeo dei socialisti, S&D. «Il Ceta non porta alcun beneficio ai cittadini europeo, io voterò contro», dice Nicola Caputo dei Socialisti. Ma non tutti la pensano così. Per l’eurodeputata Pd (e quindi dell’S&D) Alessia Mosca il Ceta è una grande occasione per l’Europa adesso che può approfittare della ritirata protezionista dal mercato globale degli Stati Uniti di Trump: «Siamo convinti che la politica commerciale in Europa sia entrata in una fase nuova: non è più una battaglia tra protezionismo e liberismo, la questione è invece rafforzare gli scambi proteggendo i cittadini, i lavoratori, gli standard ambientali», ha detto Mosca, che coordina i Socialisti e Democratici in commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo.
Fonte: Left
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