di Sandra Bonsanti
La strada imboccata dal Partito Democratico nella direzione di lunedì è la strada di chi rifiuta di prendere atto di cosa è successo il 4 dicembre 2017. Dunque pensa che sia possibile, anzi assolutamente opportuno, riprendere il cammino proprio da lì, con l’obiettivo di muovere verso un fine analogo se non identico, a quello previsto dalla riforma abbattuta dal grande No: la strada sarà leggermente più contorta, ma prima o poi, meglio naturalmente prima, è possibile farcela. L’obiettivo è ancora la conquista di un potere del quale mai nessun politico e nessun partito hanno goduto nell’Italia repubblicana.
Come arrivarci? Tutti i mezzi son buoni. In questa fase Renzi ha assoluta necessità di poter contare su quella maggioranza ampia del Pd che è ansiosa di seguirlo: un po’ per quello che ha già ricevuto in termini di incarichi in ogni piega della società pubblica, un po’ anche per quello che ancora potrà arrivare.
Non si era mai vista infatti in altri tempi una distribuzione tanto generosa e metodica di prebende in risposta alla fedeltà, un proliferare di “clienti” da far impallidire quelli della prima Repubblica. Uno scambio di favori che il celebre discorso di De Luca ai suoi ha immortalato per sempre.
La strada che sembra voler percorrere Renzi dunque ha come caratteristica la fretta, il non dar tempo agli “altri” e neppure a se stesso di pensare in maniera approfondita ai compiti di un partito, di ogni partito, nel mondo d’ oggi.
La fretta porta con sé alcuni vantaggi: rendere non solo l’assemblea ma anche il congresso tutto un via vai di luoghi comuni e di ricette riscaldate. Dunque un congresso inutile a tracciare un programma pensato e lungimirante. Inoltre dal congresso lampo alla formazione di liste amiche per avere nella prossima legislatura un Parlamento amico, con qualsiasi legge elettorale si inventeranno, il passo è breve.
Se le cose dovessero andare come sembra averle pensate l’attuale segretario del Pd, se Renzi dovesse davvero fare il “secondo giro” di cui ha sempre parlato, potremmo vederne delle belle.
Immagino che proverebbe a rifare una riforma sostanziale della Costituzione d’accordo con Berlusconi. Immagino che insieme potrebbero anche mettere mano alla prima parte e soprattutto all’autonomia della magistratura come hanno promesso più d’una volta.
Anche per questa ragione credo che un qualsiasi partito a sinistra del Pd che potesse nascere da qui alle elezioni dovrebbe presentarsi con una chiara e impegnativa politica istituzionale che negasse, prima di tutto, a qualsiasi Parlamento, la facoltà di inventarsi grandi riforme da approvarsi a maggioranza.
Il segretario del Partito democratico ha affermato che non vede l’ora di andare in giro per l’Italia, il più bel paese del mondo.
Bello e disperato. Corrotto e infiltrato dalle cosche affamate di appalti pubblici come mai era stato, al Sud, al Centro e al Nord.
Corrotto e abitato da giovani senza speranza.
Ma in un congresso lampo di questo non si parla: il tempo è tiranno. Il tempo non c’ è.
Articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 16 Febbraio 2017
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