di Monica Di Sisto
«Per approvare il Ceta dovrete passare sopra di noi!». Con questo slogan qualche migliaio di attivisti arrivati a Strasburgo da tutta Europa, dalle prime ore della mattina di ieri si sono sdraiati intorno alla sede del Parlamento europeo bloccandone gli ingressi. Hanno costretto parlamentari e impiegati a scavalcarli per entrare nel palazzo, e dare il via alla seduta in cui, con 408 sì, 254 no e 33 astenuti, è stato approvato l’accordo di liberalizzazione commerciale tra Europa e Canada, il Ceta. Pacchi di firme dei 3milioni e mezzo di cittadini che hanno bocciato Ttip e Ceta vengono consegnate ai parlamentari. I sommozzatori di Greenpeace nuotano nella fontana della Giustizia «che è affondata», spiegano.
La contestazione è fortissima, fuori e dentro l’aula: i parlamentari di destra, sinistra e anche molti socialdemocratici espongono cartellini rossi d’espulsione, magliette, cartelli #StopCeta, dalle tribune canti, fischi e slogan non si fermano mai per le oltre due ore di seduta. In tribuna c’è il premier canadese Justin Trudeau, appena ricevuto da Donald Trump cui ha concesso una più stretta integrazione con gli Usa nell’area di libero scambio con il Messico Nafta. Il premier si è opposto alle sanzioni e al peggioramento delle clausole a sfavore del Messico annunciati da Trump. Questo Nafta+, peraltro, permetterà alle oltre 40mila multinazionali Usa con sedi operative in Canada, di esportare più facilmente nel mercato Ue con le stesse condizioni di vantaggio garantite dal Ceta alle imprese canadesi. Eppure qualcuno in Aula prova ancora a presentare il patto col Canada di Trudeau come un anticorpo all’espansionismo trumpista.
La contestazione è fortissima, fuori e dentro l’aula: i parlamentari di destra, sinistra e anche molti socialdemocratici espongono cartellini rossi d’espulsione, magliette, cartelli #StopCeta, dalle tribune canti, fischi e slogan non si fermano mai per le oltre due ore di seduta. In tribuna c’è il premier canadese Justin Trudeau, appena ricevuto da Donald Trump cui ha concesso una più stretta integrazione con gli Usa nell’area di libero scambio con il Messico Nafta. Il premier si è opposto alle sanzioni e al peggioramento delle clausole a sfavore del Messico annunciati da Trump. Questo Nafta+, peraltro, permetterà alle oltre 40mila multinazionali Usa con sedi operative in Canada, di esportare più facilmente nel mercato Ue con le stesse condizioni di vantaggio garantite dal Ceta alle imprese canadesi. Eppure qualcuno in Aula prova ancora a presentare il patto col Canada di Trudeau come un anticorpo all’espansionismo trumpista.
Nel dibattito tra parlamentari l’euroconfusione, regna sovrana, soprattutto in casa socialdemocratica. Il presidente Gianni Pittella annuncia il voto del gruppo a favore affermando però che «sul Ceta c’è troppo trionfalismo», e che «c’è bisogno di aprire un dibattito vero sul commercio». Rivendica i «grandi cambiamenti che gli S&D si sono battuti per ottenere rispetto al trattato, altrimenti ne avrebbero approfittato essenzialmente le multinazionali», e riceve in cambio fischi e risate, considerando che il suo gruppo è stato quello più allineato ai negoziatori e alla commissione. Conclude annunciando che il loro sostegno al Ceta è «un voto che prevede un cambiamento» cui si deve lavorare per governare la globalizzazione. La replica diretta è di Tiziana Begin del M5S, che parla di colpo di stato silenzioso quando, a fronte di risultati economici irrealistici si sottraggono ai cittadini e ai loro eletti la regolazione del commercio e degli standard».
Eleonora Forenza del Gue gli ricorda «che sarebbe bellissimo se davvero il Ceta servisse per combattere il protezionismo, ma in realtà protegge gli investimenti delle grandi imprese ma non i cittadini». Lo attacca anche Matteo Salvini, ricordandogli che «maggioranza e Commissione hanno fatto orecchie da mercante alle richieste di stop al trattato arrivate dall’Italia ma in molti Paesi le elezioni sono vicine e i popoli vi verranno a prendere».
Più interessante, però, è che nette critiche alla sua linea arrivino anche dai democratici italiani: Antonio Panzeri, annunciando voto contrario ricorda «i 200mila posti di lavoro a rischio in tutta Europa, che fanno del Ceta tutt’altro che un modello». E poi Nicola Caputo, che ricorda che «non abbiamo ottenuto abbastanza garanzie in agricoltura: proteggere 104 prodotti a indicazioni geografica è buono ma non è abbastanza, come ciò che salvaguarda nel testo consumatori e ambiente». Voteranno no, al Ceta oltre a loro, i colleghi di gruppo Benifei, Briano, Chinnici, Cofferati, Cozzolino, Giuffrida, Schlein e Viotti. E questa spaccatura, più profonda di qualche mese fa, complica il percorso di ratifica che il Trattato dovrà affrontare in tutti e 38 i Parlamenti nazionali dell’Unione.
Il Ceta, infatti, entrerà in larga parte in vigore in approvazione provvisoria dopo il via libera dell’Europarlamento, ma tra qualche mese, sistemato il testo legale, passerà al vaglio degli Stati e, con molti Paesi sotto elezioni e altri come l’Italia che vi saranno più vicini, le mobilitazioni delle reti StopCeta continueranno in casa, rendendo il destino del trattato non così scontato. Per quanto riguarda le associazioni Stop Ttip, il contrattacco è già partito. In vista del 25 marzo, anniversario dei Trattati di Roma Fondativi della Comunità Europea, si studia come trasformare la sconfitta di oggi in un nuovo percorso di mobilitazione contro Ceta e Ttip. Nuove azioni, valutazioni d’impatto, eventi a sorpresa per i politici nazionali. Per un’Europa e un’Italia finalmente più presentabili e democratiche di così.
Fonte: Il manifesto
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