La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 28 settembre 2015

L’ambiguità statunitense sulla Palestina

di Robert Fantina 
Mentre i palestinesi continuano a sopportare sofferenze indicibili per mano israeliana, ci sono alcuni vecchi luoghi comuni che continuano costantemente a essere riversati su un pubblico ignaro da dirigenti statunitensi eletti, al fine di giustificare il finanziamento statunitense di quelle sofferenze. Esaminiamone solo alcuni:
Israele ha il diritto di difendersi. Il sottoscritto non è in grado di contare il numero di volte in cui è stata fatta questa ridicola affermazione. Possiamo prenderci tutti un minuto per analizzarla? Israele, ci è detto, ha il diritto di usare l’arsenale più avanzato disponibile sul pianeta, parte del quale vietato dalla legge internazionale, per ‘difendersi’ da una popolazione occupata che tira sassi. Sì, occasionalmente i palestinesi sono in grado di contrabbandare mezzi sufficienti per fabbricare ‘razzi’ che lo scrittore Norman Finkelstein, figlio di sopravvissuti all’Olocausto e critico schietto di Israele, definisce ‘mortaretti potenziati’. Nella mente del governo statunitense controllato dalla lobby israeliana questi fuochi d’artificio sono sufficienti a giustificare il bombardamento a tappeto di case, moschee, ospedali e scuole. Occorre citare, ancora una volta, che bombardare quei luoghi è una violazione della legge internazionale? Oh, e non dimentichiamo che gli Stati Uniti finanziano il tutto.
Il presidente Obama, nel 2008, ha fatto questa sorprendente dichiarazione: “Se qualcuno lanciasse razzi sulla mia casa dove le mie due figlie dormono la notte, io farei tutto quanto in mio potere per fermarlo. Mi aspetterei che gli israeliani facessero la stessa cosa”.
Se qualcuno, pesantemente armato, fermasse ogni giorno le sue figlie mentre vanno a scuola per perquisire i loro zainetti, farebbe tutto quanto in suo potere per fermarlo? Se alla First Lady sputassero costantemente addosso quando si reca nel supermercato locale, fermerebbe la cosa? Se una o entrambe le sue figlie fossero a rischio di vedersi sparare a bruciapelo e di essere lasciate moribonde per strada, ci sarebbero limiti ai suoi sforzi per fermare la cosa? O se rappresentanti di una nazione straniera si presentassero al numero 1600 di Pennsylvania Avenue con bulldozer e cominciassero a radere al suolo la Casa Bianca, affermando che si trova su terra promessa loro da Dio, li fermerebbe? Se le sue figlie fossero arrestate per aver tirato sassi a qualcuno che aveva abbattuto la loro casa con il bulldozer, lo impedirebbe? Al sottoscritto piacerebbe sentire Obama dire questo: “Se qualcuno opprimesse brutalmente i miei cari, io farei qualsiasi cosa in mio potere per fermarlo. Mi aspetterei che i palestinesi facessero la stessa cosa.”
Israele è la sola democrazia in Medio Oriente. Non sorprende sentire politici statunitensi dire questo, poiché la maggior parte di loro ha solo il concetto più vago di che cosa significhi “democrazia”, non avendone mai fatto esperienza, ma avendone sentito parlare una volte o due in qualche lezione di educazione civica alle superiori. Sembra che, dal loro punto di vista, se una nazione tiene elezioni, allora è una democrazia. Non conta che ci siano leggi separate per africani e arabi che vivono entro i confini di Israele. Ci si dimentichi il fatto che uomini, donne e bambini palestinesi possono essere arrestati e detenuti indefinitamente, senza accuse e senza contatti con rappresentanti legali, o nemmeno con membri della famiglia. Non ci si prenda neppure il disturbo di considerare il fatto che, nella West Bank occupata da Israele, ci sono strade separate, e molto inferiori, per i palestinesi e che non è consentito loro di percorrere in auto, o persino di attraversare, le superiori strade israeliane. Ma, ehi!, hanno elezioni! Perciò Israele è una democrazia!
Israele è il solo amico degli Stati Uniti in Medio Oriente. Questo è quasi troppo da sopportare per il sottoscritto; tutto quello che può fare è trattenersi dall’urlare ogni volta che lo sente dire. Israele prende continuamente a schiaffi in faccia gli Stati Uniti, rifiutandosi di fermare le attività di insediamento illegale, pretendendo che gli USA lo proteggano dalla critica delle Nazioni Unite, commettendo il genere di violazioni dei diritti umani che costringono gli Stati Uniti a bombardare altre nazioni, il tutto mentre riceve 10 milioni di dollari il giorno dagli Stati Uniti. Questa non pare amicizia; sembrano servizi comprati e pagati dalle varie lobby israeliane.
Che cosa, uno si chiede, ricavano gli Stati Uniti da questa “amicizia” unilaterale? Altre nazioni in Medio Oriente detestano gli Stati Uniti, almeno in parte perché finanziano l’oppressione dei palestinesi (bombardarli costantemente non aiuta molto, peraltro). Forse, solo forse, gli Stati Uniti potrebbero avere alcuni alleati veri in Medio Oriente se smettessero di finanziare il continuo genocidio.
Che cosa, uno si chiede ulteriormente, è in serbo per Israele dopo l’insediamento di un nuovo presidente statunitense a gennaio 2017? Si dice che Obama detesti il Primo Assassino israeliano Benjamin Netanyahu, tuttavia egli balza attraverso qualsiasi cerchio il Primo Assassino gli ponga di fronte, come un cane obbediente che si esibisce in un circo. Tutti i candidati dei partiti maggiori che inseguono la presidenza statunitense ronzano attorno al signor Netanyahu come se fosse un eroe internazionale e non un assassino di massa.
Anche se la lotta del popolo palestinese dura dal 1948, consideriamo solo il conto dei morti loro e di quelli israeliani e solo nel millennio attuale. In questo conflitto (il sottoscritto si rifiuta di chiamarlo guerra; è un genocidio, puro e semplice) sono morti circa 1.200 israeliani, tra cui 130 bambini. Nello stesso periodo sono stati uccisi almeno 9.150 palestinesi, e tale cifra comprende più di 1.500 bambini.
Dunque si potrebbe chiedere al signor Obama come si sente riguardo al fatto che Israele previene il lancio di razzi inefficaci ricorrendo all’assassinio di massa? Che cosa direbbe ai genitori di quei 1.500 bambini, massacrati a casa o a scuola con le bombe da lui fornite?
Gli Stati Uniti sono stati una delle ultime nazioni al mondo a condannare l’apartheid sudafricano; mai al primo posto nella lotta per la libertà o nell’assistere popoli oppressi a conquistare i loro elementari diritti umani, gli Stati Uniti faranno di nuovo lo stesso in Palestina. Israele o imploderà sotto il peso della sua stessa oppressione interna ed esterna o si troverà a essere ostracizzato dalla comunità mondiale al punto che nemmeno i potenti Stati Uniti potranno salvarlo da sé stesso. Col tempo il popolo palestinese sperimenterà quella libertà che gli Stati Uniti promuovono a parole ma non praticano. Vivrà nelle sue terre ancestrali, nonostante tutta l’opposizione degli Stati Uniti. Il giorno della sua liberazione non può arrivare abbastanza presto, ma verrà.

Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.