di Martino Mazzonis
Chiudere la rotta balcanica a migranti e rifugiati e rispedire più gente possibile in Turchia in cambio di soldi (3 miliardi di eruo) e due occhi chiusi in materia di diritti umani. Se vogliamo fare una sintesi un po’ facilona di quanto sta per accadere al vertice straordinario europeo sull’immigrazione (con Turchia presente) convocato per oggi a Bruxelles, il concetto è questo.
Dopo una settimana di viaggi nelle capitale europee e ad Ankara, il piano individuato dal presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk, è semplice a dirsi e difficile (e brutto) a farsi. Fermare i flussi irregolari attraverso i Balcani e in ingresso in Grecia, accelerare la redistribuzione delle persone che hanno diritto all’asilo e il rinvio a casa, passando per la Turchia, di quelle che non ce l’hanno. Obbiettivo finale: scoraggiare i flussi migratori verso l’Europa, far capire al mondo che la politica delle porte aperte è finita e tornare lentamente alla normalità in materia di controllo dei confini all’interno dell’Europa – ovvero tornare alla normalità di Schengen.
Il testo della dichiarazione citato da Barigazzi recita: «I flussi irregolari di migranti lungo la rotta dei Balcani stanno volgendo al termine; questa strada è chiusa» e che l’obbiettivo è quello di applicare la road map della Commissione europea. Il percorso stabilito prevede un ritorno alla normalità di Schengen a dicembre, dopo che la Grecia avrà risposto alle 50 raccomandazioni avanzae da Bruxelles, l’Europa avrà monitorato i comportamenti di Atene, Frontex sarà stata rafforzata, le navi da guerra Nato e Frontex che monitorano il mare davanti alla Grecia avranno determinato una riduzione dei flussi – lotta al contrabbando di esserei umani, lo chiamano – e così via.
Il testo riconosce che di strade ce ne sono altre: non è difficile infatti pensare a una strada che dalla Grecia porti in Albania e dalle coste albanesi in Puglia – o anche più semplicemente facendo un viaggio per mare più lungo e più rischioso.
A oggi un terzo delle persone che arrivano sulle isole greche sono siriani, ma molti altri sono iracheni (c’è l’Isis e ieri a Baghdad sono morti in molti a causa di un’autobomba) o afghani. Che destino avranno? E gli attivisti politici curdi turchi sui quali in queste settimane? Il tema non è secondario, mentre Ankara negoziava gli accordi con Bruxelles, aumentava la repressione interna in Kurdistan e sulla stampa di opposizione: l’ultimo atto clamoroso è l’occupazione manu militari della redazione di Zaman,giornale critico nei confronti di Erdogan e del suo AKP. La reazione europea è di sdegno moderato: Mogherini collega l’ingresso in Europa della Turchia al record sui diritti umani, ma a dire il vero il tema non è a llordine del giorno, la discussione è su chi si riprende i rifugiati in maniera che Austria, Germania, Danimarca, Francia la smettano con i controlli di frontiera. Del destino dei rifugiati e di quello degli oppositori in Turchia, a Bruxelles non sembrano preoccuparsi troppo.
Ieri intanto 25 persone sono morte in mare – ne arrivano ancora 2mila al giorni sulle costre greche – e in Slovacchia ha vinto l’estrema destra nonostante il premier Fico la avesse rincorsa sul terreno di immigrazione e rifugiati. E al confine greco macedone la situazione resta catastrofica: entrano in Europa solo i siriani che dimostrano di venire da aree dove si combatte.
Fonte: Left
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.