di Eugenio Sorrentino
Ovunque andiamo troviamo oramai un uso praticamente diffuso di contratti a termine. Anche le pubbliche amministrazioni ne fanno da tempo uso, ma lo fanno con attenzione. Attenzione a non superare la soglia dei 36 mesi di contratto, tempo oltre il quale può essere rivendicato il diritto alla stabilizzazione. E’ un affare spinoso quella della stabilizzazione per le pubbliche amministrazioni. Ci ha tentato in tutti i modi, la politica che governa la pubblica amministrazione di buttare fuori i precari poiché occupavano “i loro posti”, ossia posti destinati ad attirare consenso elettorale tramite il clientelismo. E qualche volta c’è anche riuscita: se ad oggi in alcune amministrazioni si sono fatti nuovi concorsi o creato nuovo precariato, non è certo perché non vi erano già dei precari da stabilizzare.
E i neo assunti hanno certamente un forte legame con coloro che hanno deciso di assumere.
Lo abbiamo visto nelle scuola ove un ministro geniale ha deciso che quattrocentomila precari di grande esperienza erano pochi, meglio fare l’ennesimo concorso!
Lo vediamo in tante pubbliche amministrazioni: sto attenzionando la sanità Siciliana ove opera da tempi immemorabili un vasto contingente di personale precario formato da personale medico, paramedico, tecnico ed amministrativo. E non volete che anche li fra un po’ si aprirà la stagione dei concorsi?
In una regione fra le più chiacchierate per la gestione della sanità, un illustrissimo governatore (o chi per lui), praticamente commissariato da chiunque possieda un comitato in grado di incidere su una maggioranza più risicata di una giocata al superenalotto , decide di indire finalmente i concorsi per “riempire i vuoti in organico”.
La ragione secondo alcuni è questione di prospettiva. In effetti non si vuole affatto rimpinguare la dotazione organica cronicamente deficitaria, né assumere il personale precario che a costo di enormi sacrifici ha sopperito ai vuoti di organico dando risposta alle esigenze dell’utenza con la dedizione e la professionalità di cui è capace solo colui che ama il proprio lavoro.
Il tentativo invece sembra orientato verso una scelta radicale: lasciare che i contratti temporanei scadano ed assumere personale nuovo con pubblico concorso. Chi ha avuto ha avuto.
Vi è in questa decisione l’evidenza di un rapporto schizofrenico con l’amministrazione statale di Roma, che da anni si preoccupa e da disposizione sulla stabilizzazione dei precari, ma d’altro canto emana provvedimenti come la legge di stabilità 2015 o la legge 107/2015 che di fatto saluta con un fazzoletto i precari e le loro graduatorie.
Non a caso ho citato scuola e sanità, solidi pilastri della dottrina del welfare state che il Novecento ci ha consegnato come segno di avanzata civiltà.
La parola d’ordine nel nuovo millennio da welfare si è spostata ad un altro termine anglosassone “spending review”, ossia ti riconosco i diritti fino a quando lo dico io o chi decide per me.
E’ una scoperta grande quanto quella del neutrino, congegnata al tavolino da fior di aziendalisti laureati e titolati che hanno lavorato da un secolo ad elaborare modelli di management da applicare alle istanze sociali, per ottimizzarle.
Sarebbe stato un grande successo se per ottimizzazione non avessero inteso lo scardinamento di quell’impianto costruito in secoli di conflitti sociali.
Ma per tornare al tema, continuiamo a tenere gli occhi aperti, perché in ogni fiction che si rispetti c’è sempre un’altra puntata.
Fonte: glistatigenerali.com
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