di Roberta Fantozzi
La riuscita della manifestazione di ieri, indetta dai sindacati dei pensionati e l’annuncio che in assenza di risposte, si arriverà allo sciopero generale sono due buone notizie. Ieri sono scesi in piazza coloro che una pensione già ce l’hanno, e giustamente molte richieste hanno riguardato la condizione e i problemi che vivono le pensionate e i pensionati: la difesa della reversibilità, il recupero del danno prodotto dal blocco delle rivalutazioni che ha inciso anche sulle pensioni medie e medio-basse, l’estensione delle detrazioni fiscali e degli 80 euro, una legge sulla non autosufficienza. Ma le rivendicazioni sono più complessive, essendo evidente che ciò a cui va messo mano è la controriforma Fornero tutta: quell’aggressione violentissima alla vita di milioni di donne e uomini di tutte le età, che ha avuto e ha effetti sistemici sulla società, perché in realtà intervenendo sulla parte finale della vita lavorativa si interviene sul complesso del meccanismo di regolazione sociale.
Come abbiamo denunciato da subito la controriforma del 2011 ha un impatto micidiale sulle lavoratrici e i lavoratori che sono obbligati a restare nel posto di lavoro fino a oltre 6 anni in più rispetto alla situazione precedente; su coloro che perdono il lavoro ed alla pensione non sanno come arrivarci; è devastante per le donne che continuano a pagare il prezzo del doppio lavoro produttivo e riproduttivo e per cui la pensione “anticipata” è preclusa; ed è infine un disastro per le ragazze e i ragazzi, contro cui si è eretto un altro muro rispetto alla possibilità di accedere al mondo del lavoro.
La controriforma Fornero rappresenta il più gigantesco aumento dell’orario di lavoro nel corso della vita dal dopoguerra a oggi, proprio quando la necessità è quella di redistribuire il lavoro che c’è, rimettendo a tema la riduzione dell’orario di lavoro.
Da subito abbiamo anche denunciato, come quella “riforma” sia stata operata per ragioni che nulla avevano a che fare con la tenuta del sistema previdenziale, certificata da tutti gli organismi di valutazione, da quelli nazionali a quelli internazionali. I “risparmi” della controriforma Fornero stimati dall’INPS per 80 miliardi nel decennio 2012-2021 non sono stati altro che una truffa, un’operazione di cassa che ha scaricato sulle pensioni le politiche di austerità puntando alla distruzione della previdenza pubblica.
All’opposto è dal 1996 che il rapporto tra pensioni erogate e contributi versati al netto dell’assistenza e delle tasse (che rientrano nella casse dello stato) registra ogni anno attivi rilevantissimi: nel 2013 pari a circa 21 miliardi di euro.
Un attivo che dovrebbe essere investito non solo per cancellare la Fornero, ma per dare risposte ai problemi di fondo, a partire dal diritto alla pensione delle generazioni precarie, quelle che con il meccanismo contributivo una pensione non ce l’avranno mai e dall’aumento delle pensioni basse.
Il governo, dopo aver con la scorsa legge di stabilità, approvato misure risibili, e tutte interne al comparto previdenziale saccheggiando, solo per fare un esempio, il fondo per i lavori usuranti, ha convocato i sindacati, nuovamente con ipotesi limitatissime di “flessibilità” condizionate alla decurtazione delle pensioni, e che prevedono il coinvolgimento delle banche, cioè con meccanismi che sarebbero un nuovo regalo al settore finanziario.
E’ necessario che le mobilitazioni vadano avanti, con determinazione: sulle pensioni non si può continuare a prendere in giro le persone. Ne va del futuro dei pensionati, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle donne, dei giovani, della stragrande maggioranza della società.
Fonte: Rifondazione Comunista
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