di Carlo Lania
Richieste di asilo esaminate in pochi minuti. Minori trattenuti illegalmente e migranti, tra i quali anche soggetti considerati vulnerabili, espulsi dal sistema di accoglienza e abbandonati al loro destino. Pensati per selezionare i migranti al loro arrivo in Italia, gli hotspot si sono trasformati velocemente in luoghi di produzione di illegalità e emarginazione. Da settembre a oggi, secondo quanto denunciato nel rapporto «Hotspot, il diritto negato» presentato ieri da Oxfam Italia, nelle sole strutture di Pozzallo e Lampedusa sarebbero state respinte più di 4.000 persone. In teoria una volta rigettata la richiesta di asilo dovrebbero lasciare l’Italia entro sette giorni, dopo aver raggiunto a proprie spese l’aeroporto romano di Fiumicino e aver acquistato un biglietto per il paese di origine. Ma senza soldi e soprattutto senza documenti validi né assistenza, rischiano di finire in mano alle organizzazioni criminali e di essere sfruttati come manodopera nei campi o, per quanto riguarda le donne, avviate alla prostituzione.
«Queste persone non possono che andare a ingrossare le file degli irregolari, costrette in alloggi di fortuna e senza nessuna prospettiva», è scritto nel rapporto.
«Queste persone non possono che andare a ingrossare le file degli irregolari, costrette in alloggi di fortuna e senza nessuna prospettiva», è scritto nel rapporto.
La creazione degli hotspot è prevista nell’agenzia europea sulle migrazioni del 13 maggio 2015, senza però un preciso quadro legale all’interno del quale queste strutture devono operare. Sulla carta le richieste di asilo dovrebbero essere esaminate nell’arco di pochi giorni, mentre i migranti economici, considerati irregolari, dovrebbero essere rimpatriati anche con la collaborazione di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere. Stando a quanto denuncia il rapporto, però, una fase delicata come l’interrogatorio dei migranti, dal quale dipende l’accettazione o meno della richiesta di asilo e quindi il loro futuro, avvererebbe in maniera a dir poco spiccia e soprattutto senza informare adeguatamente le persone dei loro diritti. «Nessun ente di tutela è presente in questa fase, non Unhcr, non Easo, nessuno che possa garantire in modo imparziale che la volontà dei migranti venga realmente compresa e correttamente registrata», prosegue Oxfam.
Nel rapporto vengono riportate anche alcune testimonianze di migranti. «Io avevo detto che ero scappato dal mio paese per gli scontri che ci sono…, c’è la guerra, volevano farmi combattere contro i miei connazionali», racconta ad esempio M., 23 anni, originario del Ghana. «Ma poi due giorni dopo mi hanno dato il foglio (il decreto di respingimento, nda) e via». Storia analoga anche quella di B., 22 anni, del Gambia. «Quando mi hanno intervistato io ho detto “Asylum! Asylum!”, l’ho detto lo giuro. Ma poi mi hanno messo con gli altri, nigeriani, del Togo del Mali e ci hanno dato il foglio».
«Gli avvocati non sono ammessi agli interrogatori, che avvengono solo con un interprete», spiega il direttore del programma Oxfam, Alessandro Bechini. «Sono gli stessi agenti di polizia a stabilire chi ha accesso e chi no alla protezione internazionale, una responsabilità che non spetta a loro». «La stessa distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici – aggiunge invece l’avvocato Paola Ottaviano, dell’associazione Borderline Sicilia – viene fatta in modo frettoloso e arbitrario, spesso per nazionalità».
Nel tentativo di mettere un argine a questa situazione Oxfam, insieme a Borderline Sicilia e alla Diaconia Valdese, ha dato vita al progetto OpenEurope che si propone di assistere quanti sono stati respinti. Dal 9 maggio un camper con a bordo un avvocato, un mediatore culturale e un operatore addetto all’accoglienza contatta i migranti aiutandoli a presentare il ricorso contro il decreto di respingimento e a preparare la richiesta di asilo, avviandoli verso le strutture di accoglienza. I soggetti più vulnerabili, come donne sole, incinte ma anche minori non accompagnati, disabili e persone con problemi psichici possono invece contare su un appartamento in provincia di Siracusa messo a disposizione dalla Diaconia Valdese.
Fonte: il manifesto
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