di Luca De Tullio ed Emily Aubry
Sabato 14 maggio lo spazio Bread&Roses ha aperto i suoi cancelli alle esperienze di mutuo soccorso e di accoglienza dal basso legate al tema dell'immigrazione. Abbiamo avuto il piacere di condividere insieme a tante realtà cittadine, regionali e non solo, il racconto di alcune buone pratiche di resistenza e di lotta eterogenee tra loro che si stanno diffondendo ovunque, anche in quei luoghi simbolo dove i muri della "Fortezza Europa" diventano ogni giorno sempre più alti ed invalicabili. E' stata l'occasione per continuare a sostenere i migranti partendo dai loro percorsi di rivendicazione e autodeterminazione. Riportiamo un racconto parziale del dibattito.
Introduzione
Se dovessimo descrivere la risposta dell’UE all’attualecrisi dei rifugiati, in due parole la prima sarebbe “caos”; la seconda sarebbe “vergogna”, riferito al sentimento che dovrebbero provare i dirigenti europei, ad esempio, leggendo il comunicato stampa pubblicato da Medici senza frontiere del 22 marzo scorso, all'annuncio della decisione dell’organizzazione di cessare tutte le sue attività relative al principale campo per rifugiati dell’isola di Lesbo in Grecia – dove i migranti vivono in condizioni estreme e dove vengono semplicemente schedati prima di essere deportati altrove. In nome dell’emergenza profughi questo "stato di eccezione" continua a farsi prassi e il valore dei migranti e dei profughi è arrivato ad essere nettamente inferiore a quello delle merci all'interno dei confini europei.
Un altro elemento rappresentativo della vergogna dell'UE sono gli accordi bilaterali che questa sta firmando con gli stati confinanti, molti dei quali si rivelano anche dei regimi antidemocratici e altamente repressivi. Si pensi all’accordo UE-Turchia. E' bastata una sola notte, quella tra il 18 e il 19 marzo scorso, per formalizzare vere e proprie deportazioni di massa, quando per mesi i nostri governanti non sono riusciti a concludere nessun accordo per la ricollocazione e l'accoglienza interna tra i paesi membri. A quanto pare la cosa importante per le istituzioni europee è che il "regime delle deportazioni" non si applichi su territorio europeo ma ne rimanga fuori dai confini, affinché appaia meno vergognoso per l’opinione pubblica.
1. Su scala nazionale, come ben sottolineato da MSF ed Emergency Bari durante l'assemblea, la gestione dell’accoglienza è caratterizzata da insediamenti informali abitati in prevalenza da rifugiati mai entrati nel sistema istituzionale di accoglienza, oppure usciti senza che il loro percorso di inclusione sociale si fosse compiuto. Le diverse indagini effettuate e il lavoro quotidiano in questi insediamenti, ha consentito di mettere in evidenza le condizioni di marginalità vissute dai richiedenti asilo appena entrati in Italia e completamente abbandonati a se stessi per i limiti di un sistema che alla cronica carenza di posti continua ad abbinare modalità di gestione emergenziali e mai ordinarie. All'interno degli insediamenti informali di rifugiati e richiedenti asilo, edifici occupati, baraccopoli, tendopoli, oppure siti all’aperto sparsi sull'intero territorio nazionale, in città come nelle campagne, le condizioni di vita sono inaccettabili: in metà dei siti non c'è acqua né luce, anche laddove sono presenti donne e bambini; l'accesso alle cure è limitato o manca del tutto: 1/3 dei rifugiati presenti in Italia da più anni non è iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, i 2/3 degli aventi diritto non ha accesso regolare al medico di medicina generale e al pediatra di libera scelta. Alcuni degli insediamenti esistono da anni, ignorati dalle istituzioni, che quando si scuotono dall'indifferenza lo fanno ricorrendo a sgomberi forzati, non concordati con i loro abitanti e senza prevedere piani di ricollocazione per gli stessi. Infatti la realtà parla di persone in fuga da guerre e persecuzioni private in maniera definitiva del diritto alla salute e a condizioni di vita dignitose sia nel paese di provenienza che in quello di arrivo.
2. In questo quadro di assoluta e consapevole negligenza istituzionale si stanno diffondendo e strutturando, in contesti diversi, esperienze di accoglienza dal basso e di mutuo soccorso col l'obiettivo non di sostituirsi alle Istituzioni assenti, o col rischio di favorire il mondo dell'imprenditoria sociale e del terzo settore, bensì con l'intento di essere strumento di critica e supporto concreto ai migranti nei loro percorsi rivendicativi e vertenziali basati sull'autorganizzazione. Le pratiche assistenzialistiche non sono di nostra competenza, noi vogliamo praticare quello che ci piace definire 'Mutuo soccorso conflittuale': da una parte intervenire per far fronte ai bisogni quotidiani (documenti, abitazione dignitosa, trasporto pubblico), dall'altra accumulare forze per ottenere ciò che dovrebbe spettare a tutt* di diritto. Per noi si tratta di percorsi conflittuali contestuali alla ri-costruzione di embrioni di nuove istituzioni dal basso fondate sull'autogestione, sull'orizzontalità e sulla giustizia sociale.
Queste esperienze devono però fare i conti con le difficoltà e l'insufficienza anche del nostro agire e delle nostre pratiche. Durante l'assemblea è stato necessario far emergere l'esigenza comune di creare ponti tra queste pratiche solidali, per non lasciarle isolate e col rischio che col tempo si possano affievolire se non addirittura spegnere. Un esempio di come creare una dinamica virtuosa, l'abbiamo sperimentata nell'ultimo anno con la cassa di mutuo soccorso di Sfruttazero, grazie alla quale si sono intrecciate, connesse e sostenute reciprocamente esperienze di filiere produttive etiche e solidali FuoriMercato con momenti di conflittualità: mobilitazioni e scioperi organizzati dai lavoratori delle campagne del foggiano contro lo sfruttamento e per l’ottenimento di documenti e contratti di lavoro regolari, insieme a campagne e vertenze per la riapertura e l’autorecupero a scopo abitativo di immobili pubblici abbandonati, come avvenuto con l’ex fabbrica Granoro di Foggia e Villa Roth a Bari.
Per continuare su questa strada l’assemblea ha sottolineato l’esigenza di costruire e sostenere le imminenti mobilitazioni dei braccianti agricoli della capitanata, che a breve lanceranno un appello per una manifestazione a Bari. Nel frattempo a Taranto si sta costruendo una mobilitazione per opporsi al sistema dell’hotspot, pensato ed allestito dal governo italiano in concerto con le istituzioni europee per gestire la ripresa dei flussi provenienti dal nord Africa e finalizzato alla detenzione e alla privazione della libertà di circolazione.
3. Insieme agli interventi solidali per e con i migranti sui territori, la sfida è quella di provare a trovare delle parole d'ordine comuni a carattere generale che possano legarsi volta per volta alle rivendicazioni dei migranti, per mettere in discussione le politiche europee sull'immigrazione e l'ascesa delle destre in diversi paesi europei, e per smontare la narrazione tossica dei media mainstream. Imprescindibile è farsi promotori collettivamente in maniera chiara e diretta di campagne per la 'Libertà di circolazione fuori e dentro i confini europei, per l’istituzione di corridori umanitari, per il pieno utilizzo delle risorse pubbliche per un'accoglienza che sia veramente dignitosa, per l'abrogazione del trattato di Dublino, per un permesso di soggiorno incondizionato per almeno due anni, contro tutti quei Trattati bilaterali tra UE e stati extraeuropei e contro la discriminazione e categorizzazione tra migranti economici e rifugiati.
Più interventi hanno sottolineato e condiviso anche l'esigenza di iniziare a trovare gli strumenti più adeguati per supportare i lavoratori e le lavoratrici dell'accoglienza; anche loro sfruttati e sotto il ricatto di contratti precari, con paghe non dignitose, costretti ad adempiere alle loro mansioni nei confronti dei migranti in condizioni non consone ai percorsi di inclusione sociale e rispetto dei diritti di persone vulnerabili.
4. Come in altre città anche a Bari è in corso un percorso di autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici dell'accoglienza, che insieme alla Cassa di mutuo soccorso, vogliamo sostenere mettendo a disposizione lo spazio Bread&Roses per rendere sempre più efficaci e concreti questi percorsi di lotta e solidarietà, ormai pensati, discussi ed organizzati insieme tra migranti e nativi. Non è stato un caso che le associazioni, i collettivi e gli spazi sociali autogestiti che hanno partecipato all’iniziativa ormai sono luoghi meticci, come dimostrato dalla partecipazione della sartoria Karalò a Communia Roma.
Fonte: communianet.org
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