di Giso Amendola
Non è facile per i movimenti sociali europei superare il trauma greco. Dopo l’irruzione sulla scena della forza democratica dell’«oxi», del rifiuto politicamente esplicito delle politiche di austerity, la sconfitta del governo greco nella sua sfida alla costituzione finanziaria dell’Europa aveva prodotto una evidente difficoltà a riarticolare un discorso europeo da parte dei movimenti sociali. Si intensificano, però, negli ultimi temi, iniziative di portata continentale che provano a rilanciare il discorso sulla trasformazione europea: iniziative di diversa impostazione, anche molto eterogenee tra loro, che però hanno in comune il tentativo di superare l’insufficienza dell’azione politica circoscritta agli ambiti delle sovranità nazionali.
Così sono nate diverse piattaforme europee che provano a connettere le dimensioni eterogenee dell’attivismo, dei soggetti politici organizzati, della produzione di opinione e di discorso. Alla democratizzazione complessiva delle istituzioni europee guarda l’iniziativa di DiEM25, nata dall’attivismo di Yanis Varoufakis: un articolato manifesto che sembra soprattutto mirare, al momento, alla produzione di opinione pubblica, attraverso campagne sulla trasparenza, su un nuovo assetto costituzionale, sulla libertà di circolazione. Un partecipatissimo incontro a Madrid ha poi lanciato il progetto «Plan B», che guarda alla confluenza dei movimenti sociali, sindacali, politici su una piattaforma di critica radicale delle politiche di austerità e dell’impalcatura istituzionale dei trattati europei. Prosegue intanto l’azione di reti di movimento che avevano già da tempo assunto come prioritaria la dimensione europea, come Blockupy.
Esperienze municipaliste
Mentre si riapre la sperimentazione, attraverso queste reti europee, di cosa può essere oggi una «politica delle lotte» europee, un deciso segnale di innovazione politica in Europa sta provenendo dalle città. Il laboratorio costituito da Barcellona, Madrid, e altre città spagnole, ha avuto l’effetto di incoraggiare la sperimentazione politica di percorsi neomunicipalisti in diverse realtà. Percorsi anche qui eterogenei, che non possono essere ridotti ad un unico modello politico: ma che hanno tutti la caratteristica di rimettere al centro la riappropriazione della decisione democratica dal basso, insieme a un rilancio dei temi del diritto alla città, per provare a «mordere» con qualche efficacia i processi di trasformazione urbana dettati dai ritmi della rendita e della finanziarizzazione.
Si costruiscono reti di assemblee popolari e di quartiere, si sperimentano laboratori di innovazione cittadina, si riattiva, in questo contesto, la sperimentazione sugli usi politici, o «tecnopolitici», delle tecnologie della comunicazione: sono movimenti che attraversano la metropoli come complesso laboratorio della produzione.
Napoli ha vissuto in questi anni un’esperienza amministrativa certamente «anomala» rispetto alle politiche che hanno caratterizzato il governo delle grandi città italiane. La presenza di De Magistris, certo molto forte, e con tutti gli evidenti rischi di accentramento personalistico, è stata evidentemente un elemento di rottura deciso. Ma lo spazio dell’anomalia Napoli è stato animato soprattutto dall’azione di soggetti sociali, occupazioni, comitati, che hanno costituito una vera e propria progressiva «politicizzazione del sociale».
Su questa anomalia si è innestata la sperimentazione municipalista di «Massa critica»: una rete che si propone la diffusione delle assemblee popolari, degli strumenti di democrazia e di riappropriazione della decisione dal basso. L’obiettivo è cercare di produrre un nuovo modello di governo della città, in una progressiva riappropriazione e redistribuzione orizzontale delle funzioni politiche e di amministrazione. Ambizione per niente modesta, tant’è che proprio dai partecipanti arriva spesso l’avvertimento alla cautela, a considerare gli esperimenti municipalisti come percorsi, proprio perché estremamente ambiziosi, ancora allo stato nascente, da non rinchiudere in formule definitive, e, tantomeno, da confondere con la ricostruzione di questo o quello spazio politico tradizionale.
Non è la ricostruzione di un’area, insomma, e neppure un esperimento di movimento, anche se la connessione con le mobilitazioni dei movimenti sociali è evidente: si tratta, al contrario, di ambire a un nuovo modello di relazione tra partecipazione, decisione e governo della metropoli.
Del resto il modello sembra attecchire anche in situazioni molto diverse: i percorsi romani, come #Romanonsivende e di #decidelacittà, hanno queste stesse caratteristiche di sperimentazione di produzione di nuove «istituzioni» – iniziale e «acerba» quanto si vuole, ma che certamente prova a installarsi su quel desiderio costituente di reinvenzione della democrazia che attraversa l’Europa dai movimenti del 2011 in poi , quei movimenti che non a caso hanno scelto l’occupazione permanente delle piazze come loro «luogo».
Anche alcuni esperimenti che hanno attraversato direttamente la dimensione elettorale, si pensi alla «coalizione civica» bolognese, hanno significativamente scelto di utilizzare modalità di costruzione che rispondono ai tratti di queste sperimentazioni municipali.
Uno spazio mediterraneo
Oggi pomeriggio a Napoli, a partire dalle 16.30, presso un luogo molto significativo come l’Asilo, una delle nuove «istituzioni dal basso» più durature, alcune organizzazioni e collettivi – Euronomade, «European Alternative», Act, «Massa Critica» e appunto l’Asilo – hanno organizzato un incontro che ha come intenzione quello di mettere in relazione la dimensione europea con quella degli esperimenti municipalisti: con l’intervento di uno dei promotori di Plan B, il deputato di Podemos Miguel Urbán, Enric Bárcena di Barcelona en Comú con i collegamenti con Toni Negri e Sandro Mezzadra, si cercherà di comprendere quale rapporto ci può essere tra i percorsi del diritto alla città e la creazione delle piattaforme di connessione europea, quale relazione si può istituire tra processi che hanno dimensioni spaziali e modalità politiche eterogenee, ma che insieme potrebbero costituire un piano diversificato e multilivello di creazione di un nuovo spazio politico.
Fonte: il manifesto
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