La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 3 luglio 2016

Anche in Ucraina dal lavoro al cimitero, aggirando la pensione

di Fabrizio Poggi
Almeno cinque civili, tra cui due bambini, morti nell’ultima settimana per i colpi delle artiglierie ucraine sui centri del Donbass; un altro civile morto in ospedale la scorsa notte, in seguito alle ferite riportate nel bombardamento della sua abitazione il 29 giugno. Combattimenti tuttora intensi attorno a Debaltsevo, nell’area teatro dell’aspra battaglia del gennaio-febbraio 2015, che vide migliaia di soldati ucraini intrappolati in una sacca che non lasciò loro altra via di scampo se non la fuga o la resa alle milizie. E Kiev continua a rafforzare la testa d’attacco lungo la linea del fronte, concentrando ulteriori artiglierie pesanti e mezzi corazzati.
All’interno del paese, nell’Ucraina sotto il tallone della junta golpista, lo speaker della Rada, l’ex caporione di “Svoboda” e di majdan, Andrej Parubij, annuncia per la fine della prossima settimana il completamento della “decomunistizzazione”, procedendo a rinominare le ultime 11 città che ancora portano nomi legati in qualche modo al passato sovietico. Parubij ha dichiarato che la “decomunistizzazione è una delle questioni più importanti nell’agenda parlamentare”.
A quanto pare, sono questi i temi che preoccupano la coorte di picciotti dell’oligarchia ucraina, di capibanda dei battaglioni neonazisti, di puri affaristi che siedono alla Rada: non certo le quisquilie come il record raggiunto dall’Ucraina nel 2015 per coefficiente di mortalità, che la piazza al secondo posto nel mondo (alle spalle del Lesotho: 14,89 per mille), con un poco invidiabile 14,46 per mille – secondo dati CIA – seguita da Bulgaria, Guinea-Bissau e Lettonia.
A parere di Uljana Suprun, fondatrice dell’organizzazione ucraina “Difesa dei patrioti”, il dato non è dovuto alla guerra contro il Donbass, dal momento che la diminuzione della popolazione è un processo in corso ormai da 25 anni e dipenderebbe semmai dall’inefficienza del sistema sanitario; come dire: la cosiddetta “indipendenza” postsovietica proclamata nel 1991 ha apportato questi “benefici” al paese.
Secondo l’Ufficio centrale ucraino di statistica, al 1 ottobre 2015 la popolazione del paese si era ridotta di 2,5 milioni rispetto a due anni prima. Tra l’altro, con un coefficiente di natalità (ancora secondo dati CIA) di 10,72 per mille, l’Ucraina si posiziona al 182° posto nel mondo; anche se, per la verità, davanti a paesi quali Germania (217°), Giappone (222°) e Monaco (ultimo) con 6,65 nati ogni mille abitanti. Riguardo alla bassa natalità, bisogna ricordare come, oltre il generale rincaro – dettato dagli sponsor mondiali della junta – di tariffe e prezzi, nello specifico siano stati ridotti di alcune volte i sussidi di maternità, tagliati i contributi per il secondo e il terzo figlio ed eliminati gli aiuti per l’assistenza fino al terzo anno di età. Ci sono sempre meno posti disponibili nei nidi, il livello dell’assistenza medica è precipitato, le liste d’attesa per i vaccini si allungano. Già nei nei primi cinque mesi del 2015, il tasso di natalità generale ucraino era sceso del 14%. “Come risultato” commenta Novorosinform, “la CIA constata il chiaro successo del proprio lavoro in Ucraina: le persone muoiono come mosche e non hanno fretta di riprodursi”.
E’ da prevedere che un’ulteriore spinta al raggiungimento di tali record venga ora anche dalle nuove tariffe su vari servizi pubblici varate da Kiev su “indicazione” dei suoi sponsor occidentali, quale precondizione per continuare a elargire nuovi fondi. Dopo l’introduzione, lo scorso 1 maggio, di una tariffa unica sul gas, per cittadini e imprese (con l’abolizione di ogni agevolazione sociale) imposta dal FMI, dal 1 luglio sono pressoché raddoppiate (dal 75% al 90%: da 534 a 1.043 grivne per gigacaloria) le tariffe su riscaldamento e acqua calda e dal primo agosto aumenterà del 35% quella sull’acqua potabile. In un anno, le tariffe comunali sono aumentate del 115%, il gas domestico di 4,5 volte e i prezzi dei prodotti alimentari del 44,4%. Secondo un sondaggio condotto lo scorso maggio dal Research & Branding Group, appena il 10% degli ucraini potrà sopportare senza difficoltà i nuovi aumenti, cui al 1 settembre si aggiungerà l’aumento sull’energia elettrica; l’81% degli intervistati dichiara di non poter di pagare i nuovi costi.
In generale, le previsioni ottimistiche stilate dai funzionari governativi, parlano di una crescita del PIL nel 2017 tra 1,5 e 3%, a condizione che i prezzi mondiali dei fertilizzanti crescano del 7%, quelli dei metalli del 9% e del 3-4% quelli dei cereali. E se la Ministra dello sviluppo economico, Julija Kovaliv, pronostica per il 2017 un aumento dei salari maggiore del PIL, tra il 4 e il 5,4%, è facile immaginare quale sarà il loro andamento reale, considerato che le previsioni pessimistiche danno invece l’esportazione di produzione cerealicola ucraina quasi totalmente arginata da quella statunitense e, con un prezzo stabile del gas russo, prevedono un PIL al -5%, inflazione al 22% (secondo i dati del PC ucraino, a fine 2015 l’inflazione era del 48,7%), disoccupazione di massa e nessun afflusso di capitale straniero.
A voler essere ottimisti, nei programmi pubblici di sviluppo dovrebbe venir indirizzato almeno il 10% del PIL; ma, Russkaja Vesna ricorda come, lo scorso anno, l’ex premier di Arsenij Jatsenjuk avesse previsto di impegnare 197 miliardi di grivne (circa 9 miliardi $) in una quarantina di progetti di sviluppo, che però, nel bilancio, finirono per fermarsi a 29,8 miliardi di grivne, oltre a 20 miliardi di grivne di crediti esteri. Significativo che la stragrande maggioranza dei progetti rimasti privi di finanziamento riguardasse iniziative sociali o di assistenza sanitaria. Se per il 2015 era atteso un flusso di capitali esteri dell’ordine di 10 mlrd $, in realtà non si è andati oltre i 3 mlrd, per lo più da fondi offshore di oligarchi ucraini.
Ma, dopotutto, che l’Ucraina si riducesse a essere un territorio semispopolato e fornitore di materie prime per i monopoli occidentali, era nei programmi di chi, dal 1991 o prima, stava pianificando il nuovo assetto geoeconomico mondiale. E dunque, nessuna meraviglia che l’ambasciatore USA a Kiev, Geoffrey Pyatt, alle soglie della partenza dall’Ucraina, si congratuli con il nuovo “primo ministro Vladimir Grojsman per il genocidio del popolo ucraino”, scrive x-true.info. L’aumento delle tariffe energetiche contribuisce a liberare l’Ucraina “dalla dipendenza del gas russo. Il comparto energetico” ha detto Pyatt, “è proprio quello che il governo russo ha usato contro l’Ucraina. L’unificazione dei prezzi sul gas è un passo importante. I prezzi vengono equiparati per le utenze domestiche e per le persone giuridiche, il che elimina la corruzione e crea un mercato energetico civilizzato, favorevole agli investimenti”, ha filosofeggiato l’ambasciatore USA, strizzando l’occhio al Ministro ucraino per l’energia, il magnate Igor Nasalik, il quale, sull’esempio dell’ex premier Jatsenjuk – che un anno fa raccomandava agli ucraini di trasformare eucaristicamente il proprio calore corporeo in riscaldamento domestico, dati i prezzi del gas russo – consiglia ora agli abitanti delle campagne di rinunciare al gas e cominciare a usare paglia, legna e sterco. “In tal modo” ha detto Nasalik, “nel giro di 3-4 anni, la “rashka” (dispregiativo assonante all’inglese “Russia”) sarà piegata dalle sanzioni” e l’Ucraina si libererà del gas russo. “Il passo successivo sarà l’innalzamento dell’età pensionabile, da tempo annunciato dal Ministero per le politiche sociali: dal lavoro ci si potrà così trascinare direttamente al cimitero, evitando la Cassa pensione”, nota x-true.info.
Ma, anche queste, non sono che quisquilie. L’importante è che “la porta della Nato resti aperta per l’Ucraina” ha sentenziato il primo ministro Vladimir Grojsman, “correggendo” il Ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, che si era sbilanciato definendo “tintinnio di spade” le manovre Nato ai confini russi. “Non credo che la Nato faccia risuonare le armi” lo ha emendato Grojsman, “semmai è la Russia che lo fa e per l’appunto ai confini della Nato”. Dopo la primogenitura nell’arte, nelle invenzioni scientifiche, militari e religiose, nelle puntualizzazioni storiche e costituzionali, da Kiev non poteva mancare l’aggiornamento sui confini geografici dell’universo. Tanto dobbiamo alle creature dell’euromajdan.

Fonte: Contropiano 

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