di Alessandro Zabban
Alla fine, dopo innumerevoli ritardi e rinvii, la riforma del sistema educativo approda al Congresso cileno. Ora si presenta un iter parlamentare pieno di insidie perché la proposta di legge si porta dietro una innumerevole serie di critiche da parte di tutto il mondo della scuola. E intanto non sono tardate nuove mobilitazioni da parte dei professori e degli studenti che da oltre dieci anni chiedono a gran voce una riforma radicale dell'educazione, in particolare quella superiore, considerata da molti una delle più inique al mondo.
Retaggio dell'era Pinochet, l'istruzione cilena è infatti caratterizzata da una offerta formativa all’avanguardia solo per coloro che possono permettersi di pagare rette da capogiro, secondo un sistema di finanziamento individuale da parte degli studenti e tramite un meccanismo di ingenti sovvenzioni pubbliche alle elitarie università private. Per tutti gli altri, la bassa qualità delle opportunità di formazione e istruzione, sono un forte freno alle possibilità di accrescimento individuale e alla mobilità sociale. Si tratta dunque di un sistema che cristallizza le differenze di classe e riproduce lo status quo.
Le enormi manifestazioni di protesta, iniziate già dal 2006, si erano riaccese prepotentemente lo scorso anno, di fronte all'immobilismo del governo di centrosinistra guidato da Bachelet. La Leader del Partito Socialista Cileno nonostante avesse messo al centro del suo programma politico proprio la riforma del sistema educativo, stava in realtà temporeggiando in maniera insistita, cercando un compromesso difficile fra la componente più moderata del suo partito e i suoi alleati di sinistra, come il Partito Comunista Cileno, che spingono per una riforma in sostanziale discontinuità rispetto al passato.
Date le premesse, non stupisce più di tanto che la bozza giunta al Congresso sembri scontentare un po' tutti. Se i rettori dell'università privata parlano di una riforma "statalista" in quanto diminuirebbe i finanziamenti pubblici alle università private, studenti e professori delle università pubbliche contestano il fatto che le principali forme di iniquità continueranno a permanere: non solo le università private continueranno a ricevere forti finanziamenti, ma creano anche un certo scontento i continui dietrofront e ripensamenti dell'esecutivo in materia di gratuità dell'istruzione. La promessa iniziale del governo di permettere al 70% degli studenti con minori possibilità economiche di potersi iscrivere all'università è stata fortemente ridimensionata, additando a pretesto la mancanza di fondi per il rallentamento della crescita economica.
I presupposti per una istruzione avanzata pubblica, di qualità e gratuita per le fasce più deboli sembrano essere dunque stati fortemente compromessi. È vero che la riforma, così come è, potrebbe rappresentare un piccolo passo in avanti rispetto alla situazione precedente, offrendo, peraltro in maniera molto graduale, la possibilità a molti studenti meno privilegiati di potersi iscrivere all'università ma, come le principali organizzazioni studentesche e voci della società civile mettono in risalto, la riforma non propone alcun cambiamento strutturale dell'iniquo sistema educativo cileno. Viene ribadita la natura "mista" del sistema, in cui convivono istituzioni educative pubbliche e private, senza interrogarsi sul fatto che ormai l'apporto statale all'educazione è inferiore al 50%. Viene soprattutto tenuta in piedi una logica di mercato, dando per scontato che l'educazione o genera profitti o non è. La proposta di legge non offre insomma alcuno strumento per limitare la mercificazione del sistema educativo, portata alle estreme conseguenze da Pinochet, che ha reso le università private delle enormi imprese in grado di generare ingenti profitti, smantellando i finanziamenti all'apparato pubblico.
Con il 62% dei cileni che si dichiara contrario a questa proposta di legge (leggi qui), la speranza è che l'iter parlamentare possa portare alcuni miglioramenti di fondo a una riforma poco coraggiosa e incapace di dare risposte strutturali ai grandi problemi dell'educazione cilena, mercificata, classista e iniqua.
Fonte: Il Becco
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