di Vincenzo Giardina
Vivono più a lungo, appartengono magari alla classe media, saranno sempre di più. Ma soprattutto, stanno cambiando. Di africani, e di Africa, si è discusso a Roma in occasione di una tavola rotonda su “demografia, urbanizzazione e mercati” a sud del Sahara. Un’occasione per riflettere su dati e proiezioni, cercando di immaginare un futuro sostenibile per i rapporti tra le due sponde del Mediterraneo. Per cominciare, i numeri, elaborati del dipartimento dell’Onu per gli Affari economici e sociali. Entro il 2050 ai ritmi attuali gli abitanti dell’Africa saranno quasi due miliardi e mezzo, più che raddoppiati, mentre a fine secolo saranno sette volte quelli dell’Unione europea.
Ma non basta. Dei due miliardi e 400 milioni di persone che entro il 2050 si aggiungeranno alla popolazione globale, più della metà saranno africane.
Ma non basta. Dei due miliardi e 400 milioni di persone che entro il 2050 si aggiungeranno alla popolazione globale, più della metà saranno africane.
Aspettativa di vita più lunga
«C’è però un elemento da tenere in considerazione» avverte Massimo Zaurrini, direttore della rivistaAfrica e Affari, organizzatrice dell’incontro alla Casa del cinema a Villa Borghese, cornice del RomAfrica Film Festival: «Le dinamiche demografiche sono segnate dai progressi ottenuti nell’area subsahariana sul piano dei diritti, a partire da quello alla salute». In un secolo l’aspettativa di vita degli africani è cresciuta da 24 a 52 anni. E ai ritmi di progresso attuali entro il 2050 potrebbe essere superata la soglia dei 60. La conclusione? L’Africa è più in salute e la popolazione aumenta anzitutto per questo.
La sfida dell’urbanizzazione
A sottolinearlo anche l’ambasciatrice della Costa d’Avorio in Italia, Janine Tagliante-Saracino. Che parla di «programmi sanitari di successo» e guarda però già oltre: «Il nodo vero è l’urbanizzazione, questione che finora nessun dirigente è stato in grado di risolvere e che pone problemi antropologici e filosofici sul "nuovo africano"». Le parole chiave, secondo la diplomatica, sono “identità” e “cambiamento”. Ancora una volta, i numeri aiutano a capire. Secondo un rapporto diffuso a maggio dagli esperti dell’Ocse, dell’Onu e della Banca africana di sviluppo, tra il 1995 e il 2015 la popolazione urbana dell’Africa è raddoppiata, raggiungendo i 472 milioni. Prendete Accra, la capitale del Ghana. Tra il 1990 e il 2000 si è passati da un milione e 300 mila a due milioni e mezzo di abitanti. Il tasso di crescita annua è stato del 7,2%. Alto, ma non quanto quello relativo all’espansione delle superfici metropolitane nello stesso arco di tempo: triplicate, da circa 10 mila a 32 mila ettari. In inglese il termine è “sprawl”. In qualsiasi lingua vuol dire sfide decisive per la politica: scuole, ospedali, acqua potabile, corrente elettrica, mobilità, servizi essenziali per i diritti e la dignità delle persone.
Ostacoli allo sviluppo
In riferimento alle infrastrutture, tornando a usare il linguaggio dell’economia, all’incontro romano si è parlato di «colli di bottiglia dello sviluppo». Problema cruciale anche per Raffaele De Lutio, direttore del ministero degli Esteri per l’area subsahariana, secondo il quale l’Italia «sta finalmente dedicando all’Africa un’attenzione nuova e può offrire un contributo importante». Economia e diritti si intrecciano di continuo, il messaggio è questo. Lo conferma Alessandro Pica, amministratore delegato dell’Agenzia giornalistica italiana (Agi): «Il potenziale del continente è enorme, ma fa fatica a tradursi in creazione veloce di posti di lavoro perché le economie nazionali sono ancora troppo basate sulle esportazioni di materie prime e di semilavorati, che contano per l’80%». Un altro nodo da sciogliere, nell’Africa che cresce.
Fonte: Nigrizia
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