di Luca Martinelli
Per una decina di giorni, dalle pagine dei maggiori quotidiani nazionali, ENAV ha invitato gli italiani a "guardare in alto". La società del ministero dell'Economia si occupa di controllo del traffico aereo, ed ha scelto questo claim per lanciare la propria privatizzazione, cioè la collocazione in Borsa con la vendita fino al 21 luglio 2016 di un numero di azioni pari, al massimo, al 46,6%. ENAV -già Ente nazionale assistenza al volo- è una società pubblica che negli ultimi tre anni (2013, 2014 e 2015) ha registrato ricavi stabili (in media, oltre 850 milioni di euro) e utili per complessivi 155,6 milioni di euro, tutti trasferiti sotto forma di dividendi agli "azionisti della capogruppo", cioè allo Stato.
La privatizzazione, secondo il professore Andrea Boitani, che insegna all'Università Cattoliva di Milano e si occupa di economia della regolazione e dei trasporti, è un'operazione fatto dallo Stato "esclusivamente per far cassa, e neanche troppa". Dall'Offerta globale di vendita e dall'Offerta pubblica (con una quota riservata a dipendenti), infatti, lo Stato non incasserà più di 800 milioni di euro.
Secondo Boitani, così, pesano molto di più le ragioni contrarie a questa privatizzazione: l'elemento centrale è quello che nel prospetto informativo viene definito "il core business della società", ovvero "l’espletamento di Attività Regolamentate di Controllo del Traffico Aereo, in particolare (i) nelle fasi di rotta, ossia nella fase in cui l’aeromobile sorvola lo spazio aereo italiano, e (ii) nelle fasi di terminale, ovvero nelle fasi di spostamento a terra nell’aeroporto e nelle fasi di decollo e atterraggio".
Si tratta di servizi "tipicamente pubblici, in quanto hanno a che fare con la sicurezza, e che quindi non sono acquistabili (dalle compagnia aeree, ndr) su base volontaria" sottolinea Boitani. Anche le tariffe, inoltre, non sono stabilite su un mercato, ma regolamentate. Se uno guarda al fatturato di ENAV, poi, si rende conto che per il 94% sono legati a questa "attività core; se poi c'è qualche di attività non caratteristica, servizi offerti a privati che possono scegliere di comprarli o non comprarli, si privatizzi quella parte" dice Boitani. ENAV si privatizza forte di una considerazione, presentata agli investitori sul prospetto informativo: "La natura dei Servizi e del , unitamente alle competenze e ai requisiti necessari per lo svolgimento di tali attività, rendono Enav un monopolio naturale". "E un monopolista privato -spiega Boitani- ha molti più elementi di uno pubblico per 'scucire' più soldi allo Stato, anche perché gli investimenti -necessari a mantenere in efficienza e implementare la rete di controllo- continuerà a finanziarli lo Stato, che dovrà pagare. Non è detto, perciò, che non si finisca di spendere di più in futuro, rispetto a quanto s'incassa oggi. D'altronde, questa situazione non è destinata a modificarsi: mi preoccuperei moltissimo se non fosse così, se il piano degli investimenti su una materia così delicata venisse affidata al fatto che una compagnia privata trovi o meno conveniente acquistare o meno degli strumenti di controllo. La cosa è paradossale".
La società, però, è felice di offrire ai nuovi azionisti un "modello di business, caratterizzato da protezione rispetto all’andamento dei volumi di traffico e da una base clienti ben diversificata". Comprate azioni ENAV, insomma, che non c'è concorrenza e i conti in ordine anche in futuro sono (quasi) assicurati. "A meno che lo Stato non volesse davvero aprire un mercato -conclude Boitani-: non è detto, infatti, che debba esserci un unico controllore di volo nazionale, e anche per quanto riguarda le torri degli aeroporti, i due business si potrebbero separare. Oppure si potrebbe mettere a gara l’intero servizio". Quella di ENAV, però, è solo l'ennesima privatizzazione all'italiana. In cui si prende un monopolio pubblico, con tutti i suoi vantaggi, e lo si trasferisce al privato.
Fonte: Altreconomia
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