di Un Occupante
La forza “pubblica” è tornata a intervenire per tutelare la proprietà privata. Hanno attaccato Point Break, una casa che dopo vent'anni di abbandono era stata ristrutturata, riempita di vita e messa a disposizione di decine, centinaia di persone. Cambiano la porta, blindano la possibilità di lasciare vuoto un edificio. Ma ci sono cose che non si cancellano. Ci sono cose che non si sgomberano e che non potranno processare. Non possono cancellare sette anni di mille battaglie, sempre in prima linea, contro un mondo sbagliato. Non possono cancellare il giorno dell'occupazione, quel paio di scarpe che entra nel quadrato di legno della porta, in basso in sinistra, per aprire l'ingresso a decine, e poi centinaia, di studenti e precari.
Non possono cancellare l'urlo di gioia una volta dentro. Non possono cancellare i picchetti dei primi giorni, in tantissimi. La pulizia dei piani, al tempo ricoperti di uccelli morti e spazzatura. I lavori per rendere abitabile un edificio pericolante.
Non possono cancellare l'urlo di gioia una volta dentro. Non possono cancellare i picchetti dei primi giorni, in tantissimi. La pulizia dei piani, al tempo ricoperti di uccelli morti e spazzatura. I lavori per rendere abitabile un edificio pericolante.
Non possono cancellare sette anni di vita comune. Di lotte per l'università pubblica, contro la precarietà, per i diritti di tutti. Non possono cancellare la solidarietà ai senza casa, ai migranti, alle persone a cui ACEA aveva chiuso i rubinetti. Non possono cancellare le iniziative culturali nel quartiere e fuori.
Non possono cancellare ciò che dentro quella casa abbiamo fatto, perché non possono saperlo e non riuscirebbero a capirlo. I barbecue in giardino. Le colazioni, i pranzi e le cene con i compagni e gli amici. Le partenze e i ritorni dai cortei. Le risposte agli allarmi per gli sgomberi e per gli attacchi fascisti, in tutta la città. Non possono cancellare ciò che abbiamo condiviso. Letti, motorini, macchine, tavoli, cibo, vestiti. Capacità, sentimenti, lacrime, sorrisi, desideri. Tutto di tutti. Tutto per tutti. Tutti per tutti e nessuno da solo. Mai.
Non possono cancellare il rumore di quei letti, che in alto, in basso, a destra e a sinistra erano scossi continuamente d'amore. Non possono cancellare le migliaia di orgasmi con cui abbiamo fatto tremare le mura della palazzina. Le notti ebbre di felicità, amore, amicizia, fratellanza, rispetto. Non possono cancellare le ore di militanza, quelle di studio e di lavoro. Le sveglie presto per andare a faticare o a preparare gli esami, per tornare a casa in qualche paese sperduto del resto d'Italia o per partire all'assalto del mondo. Sveglie collettive. Sveglie di notte, di giorno, di pomeriggio. La casa sempre viva, ciclo continuo di energie, di idee, di progetti, di affetti.
Non possono capire cosa significa vivere in una fortezza che non è fatta di muri e filo spinato, ma di fratelli e sorelle che ti danno sicurezza, che ti fanno sapere che non sarai mai da solo. Non possono capire cosa vuol dire avere una spalla su cui piangere, o due mani a cui chiedere aiuto, o due orecchie pronte ad ascoltare in ogni stanza della palazzina in cui vivi, in ogni momento della giornata. Non possono capire cosa si prova ad aver rotto la solitudine che ci vogliono imporre. Ad essere belli e ribelli. Ad avere una famiglia allargata a decine di persone, con cui continui a lottare, imparare e crescere. E non ti basta mai.
Non possono capire cosa significa vivere in una fortezza che non è fatta di muri e filo spinato, ma di fratelli e sorelle che ti danno sicurezza, che ti fanno sapere che non sarai mai da solo. Non possono capire cosa vuol dire avere una spalla su cui piangere, o due mani a cui chiedere aiuto, o due orecchie pronte ad ascoltare in ogni stanza della palazzina in cui vivi, in ogni momento della giornata. Non possono capire cosa si prova ad aver rotto la solitudine che ci vogliono imporre. Ad essere belli e ribelli. Ad avere una famiglia allargata a decine di persone, con cui continui a lottare, imparare e crescere. E non ti basta mai.
Non possono capire cosa si prova a trovarsi in giro per il mondo, a centinaia o migliaia di chilometri di distanza e sentirsi mancare la terra sotto i piedi, perché quella casa era un precario punto di riferimento. Non possono capire i messaggi di solidarietà che ti arrivano in tante lingue diverse da tutti gli angoli dell'Europa e da molto oltre.
Non possono capire l'odio per le menzogne con cui adesso vorrebbero nascondere quello che è stato. Poi ci sono le cose che non si sgomberano. Non si sgombera la nostra rabbia e il nostro amore. Non si sgombera la voglia di lottare e di riprenderci tutto quello che ogni giorno ci tolgono. Non si sgombera la voglia di occupare ancora e ancora, di sottrarre spazi all'abbandono e restituirli ai quartieri e alle città. Non si sgombera la passione contagiosa per la giustizia, che viene sempre prima della legge, l'amore per il comune, che viene sempre prima della proprietà privata, il bisogno della lotta, che viene sempre prima degli interessi personali.
Poi ci sono le cose che non si possono processare. Non si processa un movimento di massa che ha scosso il paese e fatto tremare il governo. Non si processano centinaia di migliaia di persone nelle strade e sulle barricate. Non si processa chi ogni giorno si scontra con la precarietà, chi ogni giorno si sbatte tra un affitto troppo alto e uno stipendio troppo basso. Non si processa Point Break, che del movimento dell'Onda è stato uno dei figli più belli e che ha dato la possibilità a decine di ragazze e ragazzi di studiare e organizzarsi insieme e a centinaia di venire a Roma, in viaggio o per partecipare alla costruzione di movimenti transnazionali.
Fonte: dinamopress.it
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