di Andrea Pertici
Forse l'Italicum non era stato approvato "per sapere la sera stessa delle elezioni chi governerà", ma per saperlo la sera prima. Come ciascuno può vedere, infatti, non passa ormai giorno in cui commentatori ed esponenti politici non si esercitino in proposte di modifica della legge elettorale, proprio come nell'autunno del 2013, nell'ultima fase del Governo Letta. Eppure, l'Italicum, applicabile da meno di un mese, è stato approvato meno di quindici mesi fa, con roboanti dichiarazioni della maggioranza (il Governo ci aveva messo la fiducia), che lo descriveva come l'uovo di Colombo, che all'estero - dove notoriamente attendono ansiosi le sofisticate soluzioni istituzionali di questo nostro Parlamento - non avrebbero fatto che copiarci.
In Spagna doveva andare a ruba. E invece, pur di non importarlo, hanno preferito votare due volte, nella consapevolezza che una legge elettorale non serve a formare sempre e comunque un Governo, quale che sia. Tanto più in una forma di governo parlamentare (come la nostra e la loro) in cui gli Esecutivi si formano in Parlamento, magari anche grazie a una legge elettorale che può agevolarne la formazione, ma non garantirla.
Ora, l'Italicum si è risvegliato dal sonno di un anno a cui lo avevano immediatamente condannato per cercare di fargli attendere (calcolando male i tempi) la riforma costituzionale, molto invecchiato, senza madri, padri e zii. Ma perché? Che cosa è cambiato? Ecco, a essere cambiato, non è l'improvviso avvento del "tripolarismo", come dichiara il Presidente Violante al Corriere della sera. Il "tripolarismo", infatti, c'è almeno dalle elezioni politiche del 2013, che hanno fatto emergere la presenza di tre maggiori liste o coalizioni (Movimento 5 stelle, centrosinistra e centrodestra) più una (Scelta civica) che si è progressivamente liquefatta. Quando l'Italicum è stato approvato, quindi, c'era una situazione "tripolare" proprio come oggi. Quello che è cambiato è il rapporto tra i tre poli. Infatti, il Pd, che al momento dell'approvazione dell'Italicum era sicuro di essere il "primo polo" (in forza di un risultato alle elezioni europee dell'anno prima che non era stato forse adeguatamente esaminato), dopo le ultime elezioni amministrative, risulta molto più debole e soprattutto ha verificato che anche quando prevale al primo turno può essere sconfitto al ballottaggio. Questo è stato il suo destino in molti Comuni, a partire da Torino. Anche perché può risultare comprensibile che contro il "partito di governo" (che governa nonostante una minoranza di voti) si coagulino non tanto le forze politiche ma gli elettori di tutte le opposizioni.
Ora, non sappiamo quanto le ipotesi di modifica siano fondate o quanto piuttosto rappresentino un diversivo per consentire di votare a favore del referendum costituzionale a qualcuno più perplesso rispetto al contenuto della revisione. In ogni caso, qualunque nuova proposta di legge elettorale dovrebbero evitare di cadere negli stessi errori che oggi portano alla strabiliante abiura dell'Italicum. La legge elettorale non è fatta - come ormai sostengono in molti - per scegliere il Governo. Questo non può avvenire in una forma di governo parlamentare. Semmai la legge elettorale, che serve per consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento, può favorire (e non assicurare) la formazione di una maggioranza di Governo. A questo fine sono stati introdotti i sistemi maggioritari, a un turno o a due, puri o misti. Oltre un certo limite, però, la legge elettorale non può andare: occorre che i partiti che vogliono governare sappiano prendersi anche i voti.
Proprio qui sta il difetto dell'Italicum: nel voler assicurare sempre e comunque una maggioranza, anche a chi abbia un consenso reale intorno, magari, al 20%. Questo è ritenuto da Violante - nella già citata intervista - giustamente inaccettabile, oggi. Per noi lo era anche un anno fa.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore
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