di Stamp
La figura del transitante, in verità, non dovrebbe esistere all'interno dello spazio europeo poiché il regolamento di Dublino stabilisce che la competenza sulla domanda d'asilo è del primo paese d'approdo del richiedente. Eppure, nonostante l’enorme dispiegamento politico-simbolico-giuridico-militare, di cui gli Hotspot sono solo l’ultima espressione, migliaia di persone continuano a cercare di raggiungere la destinazione prescelta. Migliaia di corpi continuano a disobbedire alle regole dell'Unione Europea e dei singoli Stati membri, ad attraversare le frontiere, a superare i muri, ad aggirare i blocchi.
Lungo le rotte di transito – da Lesbo a Calais, dalla Sicilia a Ventimiglia, da Taranto al Brennero, attraverso i Balcani e poi in Austria e Germania – reti di solidarietà, in forme differenti e mutevoli, provano a sostenere chi è in viaggio verso un futuro lontano dalla guerra e dalla fame. Sostenere il transito significa, per noi, supportare concretamente la battaglia per la libertà di movimento e contro ogni frontiera.
Lungo le rotte di transito – da Lesbo a Calais, dalla Sicilia a Ventimiglia, da Taranto al Brennero, attraverso i Balcani e poi in Austria e Germania – reti di solidarietà, in forme differenti e mutevoli, provano a sostenere chi è in viaggio verso un futuro lontano dalla guerra e dalla fame. Sostenere il transito significa, per noi, supportare concretamente la battaglia per la libertà di movimento e contro ogni frontiera.
Sull'onda di una mobilitazione al confine croato-ungherese, sulla spinta delle proteste dei transitanti bloccati a Ventimiglia e dopo un sostegno solidale, con connessione wi fi e beni di prima necessità raccolti in molti spazi sociali, alle persone in viaggio che la scorsa estate avevano trovato in via Cupa un punto di riferimento, alcuni mesi fa è nato il progetto STAMP: Sostegno ai Transitanti e Accoglienza ai Migranti e ai Profughi. L'idea: portare fuori dai nostri spazi i servizi autogestiti che offriamo da anni, incontrare le forme molteplici della migrazione di oggi, profughi, richiedenti asilo, transitanti. Quattro le aree d'intervento: linguistica, legale, medica, multimediale(connessione internet, infrastrutture per la comunicazione digitale). Ma anche un’attitudine condivisa, di inchiesta, ricerca, monitoraggio dal basso, che ha come obiettivo fondamentale la costruzione di relazioni paritarie e di scambio innanzitutto con i migranti e poi con associazioni, collettivi, attivisti, operatori, solidali, volontari. STAMP ha trovato da subito il sostegno di Un Ponte Per, associazione che da anni lavora in diversi paesi del Medioriente dall’Iraq al libano ed ora nel Rojava siriano.
Abbiamo deciso di iniziare da Roma, la Roma di Mafia Capitale, ma anche la città in cui abbiamo deciso di vivere e di agire quotidianamente, rivendicando uno spazio di decisione sulla città per un motivo fondamentale: la frontiera è un concetto in continua ridefinizione, così come lo sono le sue funzioni di contenimento ed inclusione differenziale e Roma è un luogo di frontiera al cui interno se ne dispiegano ogni giorno di nuove. L’asse Tiburtino è una di queste. Ciò è emerso con chiarezza lo scorso anno, con lo sgombero dell’agglomerato di fortuna di Ponte Mammolo, punto di riferimento della comunità eritrea, e con le cariche feroci alla stazione Tiburtina, che hanno disperso migranti in transito e non solo. Migranti, profughi, transitanti che avevano eletto la stazione ferroviaria a luogo di ritrovo, a svincolo vitale di scambio di informazioni, a spazio di ricostruzione di legami spezzati dalle politiche migratorie. Quasi a voler ribadire, occupando lo spazio deputato alla circolazione di tutti, i bisogni primari di quella che impropriamente viene definita “emergenza immigrazione”: essere liberi di muoversi, di partire o restare, per costruire il proprio futuro con dignità.
Il lavoro di Stamp è partito, a febbraio, nel quartiere di Tiburtino III, zona, per l’appunto, di frontiera. Le prime uscitesono state realizzate a sostegno degli “ospiti” del centro per transitanti aperto dal Comune di Roma, dopo la chiusura di Baobab e il fallimento della tendopoli adiacente alla stazione Tiburtina, e ora gestito dalla Croce Rossa.
Si tratta di un centro per molti aspetti sui generis: utilizzato in una prima fase come parte dell'Emergenza Freddo e con la ripresa degli sbarchi attraversato, sempre più, da persone in transito. La nostra osservazione non può che essere parziale e limitata ad alcuni aspetti della vita nel centro, ma ci siamo dati come metodo quello di rielaborare le esperienze fatte, di svincolarle dalla mera assistenza per utilizzarle politicamente nella combinazione di mutualismo e lotta contro ogni frontiera, inchiesta nei territori e antirazzismo. La prima questione riguarda l'ente gestore, cioè la Croce Rossa, che in Italia è l'unica organizzazione autorizzata a intervenire in situazioni di emergenza, collocate al di fuori degli standard previsti dalla legge e dunque l’unico ente cui viene delegata de factol'assistenza delle persone in transito. Le sue funzioni sono spesso ambivalenti e contraddittorie e oscillano tra aiuto umanitario e funzioni di controllo, come ci hanno raccontato, negli anni, i terremotati de L'Aquila o i transitanti di Ventimiglia.
Per non parlare di tutto quello che è accaduto nei CIE. Rispetto al centro di Tiburtino III, abbiamo però potuto rilevare una situazione in cui, almeno per ora, l'aspetto umanitario è preponderante. Non vengono effettuate identificazioni delle persone in transito (che, peraltro, in molti casi sono già state identificate negli Hotspot del sud). Gli ospiti sono liberi di entrare e uscire dal centro. Ciò che viene offerto loro è un tetto e un pasto. Esiste anche un servizio medico, ma solo due volte a settimana. Non è garantito alcun servizio di assistenza o orientamento legale, né linguistico.
Il lavoro di STAMP è stato quindi molto utile: sul piano linguistico, oltre a creare degli importanti momenti di socialità, abbiamo fornito alcuni strumenti base, utili per la prosecuzione del viaggio e per affrontare situazioni di vita quotidiana durante la permanenza a Roma e in Italia; sul piano legale, abbiamo offerto le informazioni sul diritto d'asilo e sul sistema Dublino necessarie ad inquadrare al meglio le situazioni individuali nel contesto generale, riuscendo ad intervenire tempestivamente su alcuni casi, assieme ad avvocati qualificati; sul piano medico siamo riusciti ad aumentare le possibilità di accesso alle cure e ai farmaci e ad intervenire su alcuni casi specifici anche attraverso un semplice quanto utile orientamento sanitario; infine, sul piano multimediale, la connessione internet e l'utilizzo di skype hanno permesso a tantissime persone di cercare informazioni utili alla prosecuzione del viaggio e comunicare con amici e parenti rimasti nei paesi di origine.
Durante le ultime uscite, abbiamo riscontrato la presenza di moltissimi minori. Tutti questi servizi hanno avuto, infatti, un impatto particolarmente positivo su ragazzi e bambini. Infine, nel centro non abbiamo incontrato solamente persone in transito ma anche migranti che si trovano in situazioni differenti, accomunate dalla crescente marginalità sociale: persone che vivono in Italia da molti anni, ma hanno perso casa e lavoro; persone espulse dal circuito ordinario dell'accoglienza; persone che vivono in accampamenti informali della città e si rivolgono al centro per chiedere un sostegno. Situazioni che a nostro avviso denotano l'inadeguatezza del sistema di accoglienza italiano e delle politiche sociali del Comune di Roma.
Siamo poi andati a via Cupa, al presidio organizzato dai volontari dell'ex-Baobab. Questo centro lo scorso anno, nonostante numerose problematiche e grandi contraddizioni, era riuscito a convogliare con continuità gli aiuti della Roma solidale. Oltre a fornire un aiuto materiale a migliaia di persone, questa esperienza aveva avuto il merito di interrompere una retorica che, dopo i fatti di Tor Sapienza e Corcolle, rappresentava Roma come una città sull'orlo di un'esplosione razzista, rendendo pubblico il fatto che centinaia di persone erano pronte a mettersi in gioco dalla parte dei migranti. La situazione di quest'anno è molto diversa, sia rispetto al numero delle persone coinvolte, come volontari e come transitanti, sia rispetto al fatto che le istituzioni hanno chiuso il centro e non mantenuto, come quasi sempre accade, la promessa di riaprirlo.
Portarvi STAMP è stato utile per conoscere la situazione di chi vi transita oggi. Ci siamo confrontati con tante persone in viaggio e, con i mezzi a nostra disposizione, siamo riusciti a dare una mano rispetto alle quattro aree di intervento. In particolare, anche qui, siamo rimasti colpiti dal numero e dalla situazione dei minori che subiscono il completo abbandono delle istituzioni e che avrebbero bisogno innanzitutto di canali privilegiati di ingresso e di transito per poi avvalersi di competenze approfondite, sostegno e accompagnamento. È difficile pensare che situazioni complesse di questo tipo, che dovrebbero essere raccontate e denunciate pubblicamente, possano essere risolte in una dinamica di volontariato che a volte rischia di aumentare la fragilità dei soggetti interessati, che spesso si trovano stretti tra i rischi prodotti dall'apparato securitario dello Stato e quelli delle reti di trafficanti.
Per Buzzi e amici i migranti sono stati un business irrinunciabile e in molti si sono indignati durante l’inchiesta giudiziaria nota come “Mafia Capitale”, chiedendo a gran voce una trasformazione del sistema di accoglienza, soprattutto a Roma. Noi siamo fermamente convinti che un cambio di passo possa essere radicale solo slegando l'accoglienza dal profitto degli enti gestori e, allo stesso tempo, garantendo professionalità e competenze in un servizio così complesso. Questa trasformazione può darsi solo mettendosi all'ascolto dei bisogni e dei desideri dei migranti - che non sono un soggetto monolitico e passivo, ma esprimono richieste differenti in base alle diverse condizioni soggettive - e recependo quelle spinte solidaristiche che a volte in maniera diffusa ed esplosiva, altre con esperimenti continuativi nel tempo, hanno costruito forme di mutualismo e solidarietà. Una trasformazione di questo tipo va affrontata in un'ottica generale e non può riguardare questo o quel singolo caso. Risulta difficile, inoltre, non inserire queste considerazioni in un contesto critico generale. I tagli al welfare, nazionali e metropolitani, continuano a peggiorare le condizioni di vita dei poveri e dei soggetti vulnerabili, italiani e stranieri. I tempi lunghi e i criteri selettivi delle Commissioni Asilo producono una sacca di persone che non hanno possibilità di accedere al sistema d'accoglienza, né di ottenere i documenti.
Gli Hotspot, come i CIE prima e le politiche di sicurezza miopi e ideologiche, producono clandestinità e marginalità sociale. Al pari di un rinnovato finanziamento delle politiche sociali e di welfare, di una politica abitativa efficace, è sempre più urgente una sanatoria generalizzata che permetta a tutte le persone presenti sul territorio di ottenere i documenti. Soltanto in questo modo si potràinterrompere la tendenza al “divenire transitante e/o clandestino” – e quindi escluso, nascosto, rimosso – di una quota crescente della popolazione migrante presente in Italia.
Infine ci preme dire che la solidarietà è sempre un atto politico e non può essere mai slegata da un posizionamento ben preciso: contro le frontiere, contro ogni forma di razzismo e sfruttamento, dalla parte di chi viaggia e di chi vuole restare. Senza questa chiarezza la solidarietà rischia di diventare una stampella di cui le stesse istituzioni che producono confini e discriminazione si servono a piacimento. STAMP continuerà dunque ad organizzare nuove forme di solidarietà, sostenendo direttamente il transito e la libertà di scelta e di movimento di tutti coloro che vogliono arrivare a destinazione e ri-costruire le proprie vite già messe a dura prova da guerre e torture, sbarchi, naufragi, detenzioni e politiche ingiuste, inefficaci ed ipocrite, che violano i diritti fondamentali invece di difenderli.
Fonte: dinamopress.it
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