di Demostenes Floros
Nel mese di maggio i prezzi petroliferi hanno registrato un aumento attestandosi intorno a 4 dollari al barile. In particolare l’ICE Brent ha aperto a 45,38 dollari al barile e chiuso a 49,57 dollari al barile, raggiungendo il proprio picco a 50,28 dollari al barile il 30 maggio. Nello stesso periodo il NYMEX WTI ha aperto a 45,53 dollari al barile e chiuso a 49,21 dollari al barile, raggiungendo il valore massimo il 25 maggio, a 49,72 dollari al barile. Entrambe le qualità hanno toccato il minimo il 9 maggio, rispettivamente a 43,52 e 43,95 dollari al barile.
Gli incendi dilaganti in Canada - quarto produttore petrolifero al mondo con 4 milioni di barili al giorno, di cui 2,2 milioni di barile al giorno di sabbie bituminose, e primo fornitore di petrolio degli Stati Uniti con 3,169 milioni di barili al giorno nel 2015 - nonché l’instabilità politica in Nigeria e in Ghana hanno causato interruzioni della fornitura totale superiori a 1,5 milioni di barili al giorno.
Gli incendi dilaganti in Canada - quarto produttore petrolifero al mondo con 4 milioni di barili al giorno, di cui 2,2 milioni di barile al giorno di sabbie bituminose, e primo fornitore di petrolio degli Stati Uniti con 3,169 milioni di barili al giorno nel 2015 - nonché l’instabilità politica in Nigeria e in Ghana hanno causato interruzioni della fornitura totale superiori a 1,5 milioni di barili al giorno.
Nonostante il fallimento del vertice Opec del 2 giugno a Vienna, in cui gli Stati membri non sono riusciti a trovare un accordo né sul congelamento della produzione né sul ritorno ad un tetto di produzione, il prezzo al barile non ha subito decrementi, stabilizzandosi intorno a 49-50 dollari al barile. Nello stesso mese l’euro ha subito un significativo deprezzamento rispetto al dollaro riconducibile alla possibilità che la Fed possa aumentare i propri tassi di interesse nel prossimo futuro. Dopo aver raggiunto il valore più alto rispetto alla banconota verde dal gennaio 2015, quotandosi a 1,1569 euro al dollaro il 3 maggio, la valuta europea ha perso costantemente terreno, toccando 1,1154 euro al dollaro a fine mese. Il leggero deprezzamento che ha caratterizzato il dollaro all’inizio di giugno - interamente attribuibile ai modesti dati forniti dal mercato del lavoro statunitense che escluderà probabilmente un aumento dei tassi di interesse della Fed nella prossima riunione a fine giugno - non ha influito sull’andamento del petrolio. Come nel mese di febbraio, non è stato evidenziato alcun rapporto reciproco tra il dollaro e il barile.
Il divario tra Brent e WTI
Il 24 maggio, per la prima volta dal settembre 2010, il prezzo del WTI (49,01 dollari al barile) ha superato quello del Brent (49,04 dollari al barile). Secondo la US Energy Information Administration (Eia), nel periodo intercorso, il divario tra le 2 qualità è stato la conseguenza di un eccesso di offerta al terminale di Cushing causato dalla rivoluzione del fracking e dalla produzione canadese di sabbie bituminose. Inoltre, la tendenza del dollaro, le fluttuazioni della domanda regionale e l’instabilità geopolitica in Africa e in Medio Oriente hanno avuto ripercussioni maggiori sul Brent che sul WTI. Il divario è stato però ridotto dall’attuale calo della produzione non convenzionale statunitense. Il 29 aprile il rublo russo si è rafforzato rispetto al dollaro toccando i livelli massimi da 5 mesi, favorito dal tasso di interesse che la banca centrale ha lasciato invariato all’11%. Nello stesso mese, le riserve internazionali della Russia - costituite principalmente da oro e valute estere - sono aumentate di 4,5 miliardi di dollari nel mese di aprile, raggiungendo 391,5 miliardi di dollari. Da allora il tasso di cambio dollaro al rublo ha subito variazioni nell’intervallo tra 64 e 67 dollari al rublo. Attualmente, la quotazione è inferiore a 65 dollari al rublo. Per quanto riguarda i tassi di interesse sui titoli di Stato decennali russi, questi hanno toccato il picco minimo dall’inizio delle sanzioni imposte alla Federazione Russa dagli Stati Uniti il 16 luglio 2014 e successivamente anche dall’Unione europea. Leggendo questi dati, sembra che il crollo dell’economia russa previsto dagli Stati Uniti non si sia avverato.
Ultimi dati e stime su petrolio e gas
Secondo i dati forniti dall’Oil Market Report il 12 maggio, l’offerta petrolifera globale è aumentata di 250 mila barili al giorno in aprile, raggiungendo 96,2 milioni di barili al giorno. La produzione Opec si è attestata a 32,76 milioni di barili al gionro, in aumento di 330 mila barili al giorno, mentre la produzione non Opec ha subito un calo di 80 mila barili al giorno, con una riduzione di 0,8 milioni di barili giorno su base annua. Inoltre, si prevede che nel 2016 la produzione non Opec registrerà un ulteriore decremento di 0,8 milioni di barili al giorno, attestandosi a 56,8 milioni di barili al giorno. Rispetto allo stesso mese del 2015, in aprile la produzione mondiale è aumentata solo di 50 mila barili al giorno rispetto a più di 3,5 milioni di barili al giorno registrati nell’anno precedente. In base ai dati pubblicati dall’Eia’ il 16 maggio, nel mese di giugno è prevista una diminuzione di 113 mila barili al giorno della produzione statunitense di petrolio di giacimenti sigillati (tight oil). L’attuale produzione petrolifera statunitense totale si attesta a 8,77 milioni di barili al giorno, in calo rispetto al picco di 9,7 milioni di barili al giorno dell’aprile 2015. La produzione media di greggio degli Stati Uniti nel 2015 ammontava in media a 9,4 milioni di barili al gionro. Stando alle previsioni, la produzione in media sarà pari a 8,6 milioni di barili al giorno nel 2016 e 8,2 milioni di barili al giorno nel 2017 (0,2 milioni di barili al giorno in più rispetto alle statistiche precedenti di aprile). Nel primo trimestre del 2016 la crescita della domanda petrolifera globale è stata rivista al rialzo a 1,4 milioni di barili al giorno alla luce dell’aumento dei consumi in India, Cina e nella Federazione Russa. In particolare, la domanda petrolifera di Nuova Delhi è aumentata di 400 mila barili al giorno nella prima metà del 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015 (quando il suo Prodotto Interno Lordo è aumentato del 7,5%), pari a circa il 30% dell’aumento globale. Nel mese di aprile l’India ha importato 4,39 milioni di barili al giorno, superata solo dalle importazioni di Stati Uniti d’America e Cina. Per il 2016 è previsto che la domanda petrolifera mondiale aumenti di 1,2 milioni di barili al giorno circa, toccando 95,9 milioni di barili al giorno. Per quanto concerne il mercato petrolifero, sembra che stia lentamente raggiungendo una situazione di equilibrio: l’eccesso di offerta - intorno a 2 milioni di barili al giorno nel 2015 - ammontava a 1,5 milioni di barili al giorno all’inizio dell’anno in corso e si prevede di 1,3 milioni di barili al giorno a metà 2016. Passando al mercato europeo del gas, il vice Ceo di Gazprom, Alexander Medvedev, prevede che quest’anno la società fornirà 165 Gmc3 all’Europa, in aumento rispetto alle esportazioni dell’anno scorso che hanno raggiunto 158,6 Gmc3. I Paesi dell’Europa occidentale rappresentavano circa l’82% delle esportazioni della società dalla Russia, mentre gli Stati centroeuropei rappresentavano il 18%. Secondo A. Medvedev, “si tratta di una cifra molto realistica, ma non escludo la possibilità che aumenti ulteriormente se l’autunno e l’inverno avranno temperature nella media o persino miti‘. Il 31 maggio, in occasione di una conferenza stampa, il Ceo di Gazprom ha presentato le cifre sulle esportazioni per il periodo gennaio-maggio, che superavano già del 16% i dati del 2015 su base annua. Paesi come la Turchia, in febbraio, hanno importato 1,8 Gmc3 in meno (-26,4%) rispetto allo stesso periodo del 2015. Al contrario, Paesi come la Germania hanno aumentato la propria domanda di gas naturale dalla Russia. “È stato appurato che l’anno scorso ha battuto il record di forniture dalla Russia, aumentate di 6,6 Gmc3 (+17,1%). La tendenza al rialzo continua a rafforzarsi quest’anno: nei primi 4 mesi del 2016 sono stati già esportati 2 miliardi di metri cubi in più rispetto all’anno scorso (+19%)‘, ha affermato la società russa dopo la riunione del Ceo, Aleksey Miller, con il vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel. Alla luce della crescente domanda di prodotti energetici russi in Europa, i partecipanti all’incontro hanno sottolineato anche l’importanza del progetto Nord Stream 2. Allo stesso tempo, la State Oil Company of Azerbaijan Republic progetta di acquistare da 3 a 5 Gmc3 di gas naturale da Gazprom. Il presidente della Socar, Rovnag Abdullaev, ha affermato: “Abbiamo presentato le nostre proposte alla società russa e siamo in attesa di risposta‘. Per soddisfare il proprio consumo interno, l’Azerbaijan deve importare gas dalla Russia se, allo stesso tempo, desidera rispettare il contratto di esportazione del gas in essere con società straniere. Questa situazione è ben esemplificata dal gas azero che deve alimentare il gasdotto trans-adriatico. Tuttavia, sorge una domanda: senza dubbio, il Corridoio Sud del Mediterraneo sarà d’aiuto alla diversificazione del gas in Paesi come la Grecia, la Bulgaria e, in particolare, l’Italia; considerando però i limiti della produzione azera, contribuirà a risolvere la questione della loro sicurezza energetica per quanto riguarda il gas?
Valutazioni geopolitiche
Nel mese di aprile, l’offerta iraniana ha raggiunto 3,56 milioni di barili al giorno, un livello toccato in precedenza nel novembre 2011, prima dell’inasprimento delle sanzioni (3,8 milioni di barili al giorno le prime stime relative all’inizio di giugno). Successivamente alla revoca delle sanzioni, la produzione e le esportazioni di petrolio iraniano hanno registrato una crescita leggermente più rapida rispetto alle aspettative: le esportazioni hanno infatti toccato 2 milioni di barili al giorno, un considerevole salto dagli 1,4 milioni di barili al giorno di marzo. Questo contraddice in parte le affermazioni del vice presidente di Lukoil, Leonid Fedun, che alla fine di marzo sosteneva che l’“Iran non sarà in grado di aumentare seriamente la produzione senza consistenti investimenti stranieri. Inoltre la domanda interna iraniana è molto elevata, trattandosi di un Paese densamente popolato. Comunque possono aggiungere 300.000-400.000 barili sul mercato, che è un quantitativo marginale e più che altro una speculazione". Nel marzo 2016, le importazioni di greggio da parte degli Stati Uniti hanno raggiunto 8,042 milioni di barili al giorno da 7,910 milioni di barili al giorno nel mese di febbraio 2016 e 7,675 milioni di barili al giorno nel mese di gennaio 2016. L'ultima volta che le importazioni statunitensi di greggio hanno superato quota 8,0 milioni di barili al gionro è stata nell’agosto 2013. Considerando che in media le importazioni statunitensi di greggio ammontavano a 7,351 milioni di barili al giorno nel 2015 (7,344 milioni di barili al giorno nel 2014), sembra che la tendenza delle importazioni petrolifere degli Stati Uniti sia al rialzo e che il Paese dovrà probabilmente acquistare più greggio dall’estero. I prossimi mesi ci sveleranno se il calo della produzione nordamericana di petrolio di giacimenti sigillati e gas di scisto annullerà l’eccesso di offerta, o se gli attuali prezzi di mercato porteranno ad una stabilizzazione della produzione statunitense. O, in alternativa, se la ripresa del barile darà nuovo impulso alle trivellazioni non convenzionali, che devono essere pari almeno a 60 dollari al barile. Secondo i dati forniti dalFederal Statistics Service Rosstat, nel mese di marzo la Federazione Russa con l’estrazione di 10,92 milioni di barili al giorno ha superato la produzione saudita, ferma a 10,12 mbg. Il 28 aprile, Bloomberg ha pubblicato un articolo in cui metteva in luce che il presidente russo Vladimir Putin "sta per realizzare un sogno vecchio di un decennio: fissare il prezzo del petrolio russo in Russia".
Questo sogno prevede almeno 2 prerequisiti:
I trader petroliferi internazionali devono unirsi al futuro mercato emergente russo per staccare l’Ural dal benchmark più usato al mondo, il Brent.
La Russia dovrebbe abbandonare la quotazione del petrolio in dollari statunitensi.
La Russia sta cercando davvero di raggiungere questo obiettivo?
Per quanto riguarda la prima questione, a causa del protocollo siglato alla fine di maggio nella seduta della commissione intergovernativa russo-cinese per l’energia, le società cinesi hanno comunque espresso un interesse nei confronti della negoziazione di future sul greggio Ural russo e anche della definizione del prezzo di contratti petroliferi a lungo termine. Considerando che il fattore principale è il volume delle negoziazioni, il benchmark russo potrebbe risultare interessante per loro, come affermato dal direttore della società di investimento Small Letters, Vitaly Kryukov: "I cinesi stanno acquistando grandi quantità di petrolio russo; sono azionisti in diversi giacimenti. Collaborare con loro sarebbe di grande aiuto". Nel frattempo, le esportazioni di petrolio russo in Cina hanno toccato un nuovo record in aprile, con un aumento di 52,4 milioni di barili su base annua. Le esportazioni petrolifere russe in Cina sono più che raddoppiate negli ultimi 5 anni, con una crescita di 550.000 barili al giorno. Per quanto riguarda le seconda questione, non è un caso che la Russia sia stata l’acquirente più attivo sul mercato dell’oro e dell'argento. Il Paese ha acquistato 46 tonnellate del metallo giallo quest’anno, seguito dalla Cina con 35 tonnellate.
Secondo Simona Gambarini, economista presso Capital Economics, il principale fattore che favorisce l’acquisto di oro da parte delle banche centrali è una tendenza verso la diversificazione rispetto al dollaro statunitense.
Fonte: About Oil
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