La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 31 luglio 2016

Pardon, abbiamo massacrato la Grecia per errore

di Il Simplicissimus
In linguaggio umano e non in quello anglo robotico si potrebbe riassumere così: non abbiamo capito una cazzo della crisi greca, non abbiamo voluto vedere che si doveva tagliare fin da subito il debito e soprattutto non abbiamo gli strumenti per capirci un cazzo, non riusciamo né a prevedere, né a comprendere la realtà anche se tentiamo di imporla. Uscendo dalla miserevole gergo dei ricchi secondo cui le misure con cui è avvenuto il massacro di un intero Paese sarebbero solo “controverse”, il sorprendente rapporto interno del Fondo monetario non è altro che un’odiosa lacrima di coccodrillo, la confessione che le stelle fisse del pensiero unico liberista non sono che cerini accesi che ormai stanno arrivando alle dita di chi li accesi.
A un’analisi attenta e rigorosa non può sfuggire l’essenza del documento elaborato dall’Independent Evaluation Office del fondo monetario: più che una ricerca di giustificazioni a fine commedia per gli errori commessi, si tratta di una vera e propria dichiarazione di impotenza, la confessione, sia pure neghittosa e pudica come quella di una escort colta sul fatto dal fidanzato, che le teorie utilizzate per imporre ricette dichiarate necessarie non sono in grado di affrontare la realtà. La falsa scienza si rivela gaia politica.
E lo si vede anche dall’imbarazzato, impacciato e bugiardo tentativo di discolpa nel quale si tira in ballo persino Strauss Kahn che notoriamente pensava e diceva pubblicamente tutt’altro rispetto a ciò che i poteri finanziari volevano e dopo aver confessato l’errore su quanto è stato fatto in Grecia, ma anche in Irlanda e in Portogallo ci si lamenta non per le ferite inferte alle persone e alla civiltà, ma per il rischio che venga messa in forse “la credibilità del Fondo monetario che viene dalla competenza tecnica e l’indipendenza del proprio personale. Il Direttore Operativo deve assicurare che il suo lavoro tecnico è protetto da influenze politiche”. E’ un bene che l’Fmi si trovi in america perché solo laggiù è possibile reperire atarassici morali e intellettuali di tale dimensione, ovvero dotati di paraocchi incorporati fin dalla nascita e attentamente protetti da qualsiasi idea. Essi applicano una tecnica dimostratasi impotente da decenni e invece di farsi venire dei dubbi su di essa e sul sistema di interessi che la impone dicono che di non fare politica. Altroché se la fanno, anche perché dove passa l’Fmi non cresce più welfare..
Perché la Grecia e gli altri Pigs non sono che l’ultimo incidente dentro una serie talmente lunga che pare frutto di una specifica volontà di affossare interi Paesi perché altri ne potessero approfittare, con la complicità di regimi autoritari e/o mediatici derivanti dall’impoverimento: i “consigli” dell’ Fmi che notoriamente non si possono rifiutare, a meno di non essere grandi come la Cina, hanno favorito e innescato la crisi dei Tequila bond in Messico, il collasso argentino e quello dell’Ecuador, la caduta del sud est asiatico, i problemi coreani, la vendita in tutto quello che veniva chiamato terzo mondo di assets pubblici e beni comuni in cambio dell’intervento delle multinazionali col ricatto dei prestiti : è quasi impossibile fare l’elenco dei disastri creati da quando è divenuto in maniera palese e indiscriminata uno strumento del dominio Usa con concessione di briciole agli europei. Tanto per fare un esempio ancora oggi dentro l’Fmi l’Olanda ha più potere di voto dell’India e fino a Pochi anni fa, più di India e Cina messe insieme. Di disastro in disastro alla fine hanno cominciato il saccheggio anche in Europa, sebbene il documento in questione cerchi in modo goffo e ridicolo di attribuire proprio alla Ue, come parte della troika, la responsabilità di errori volti a favorire le banche europee. Però i dubbi e il riconoscimento di aver sbagliato clamorosamente i calcoli erano stati espressi già nel 2003, dallo stesso direttore scientifico del Fondo, Oliver Blanchard, senza che nulla sia cambiato: in realtà è solo la tecnica di ammettere gli errori per continuare a farli, un po’ come i film antimilitaristi prodotti da Hollywood: la cattiva coscienza che verrebbe redenta dalla sua confessione anche se priva di sconfessione, secondo un antico e sempre rinnovato archetipo occidentale.
Ma tutto questo non riesce a nascondere né la pochezza dei concetti guida, né l’asservimento del Fondo agli interessi dell’impero, né la realtà anacronistica di un istituto nato nel dopoguerra e trasformatosi in un fossile vivente, in una specie di Cerbero di Washington. Tenuto in vita con alimenti artificiali, promuove e sorveglia tutto l’armamentario dei prestigiatori che spacciano il niente per oro e la finanza come la panacea. Ma ciò che più di tutto offende è la totale artificiosità del contesto ideativo neo liberista che esprime e di cui è la mano armata di dollaro. I suoi maestri con tipi come Robert Lucas eminente fondatore della scuola di Chicago, l’Al Capone degli economisti, il quale nel 2003, cinque anni prima della crisi sub prime affermava: “La moderna politica macroeconomica ha risolto il problema del ciclo economico e l’ha ridotto ad un banale fastidio”. O come Henry Paulson, ministro del Tesoro dell’era Bush che ancora a metà del 2008 sosteneva che “il mercato dei sub-prime non rappresenta un pericolo per l’economia nel suo complesso”. Sono piccoli esempi in un oceano di incubi dogmatici che mostrano su quali basi si fondi la credibilità e la competenza del Fondo. Adesso chiedono scusa, sperando che arrendendosi all’evidenza e magari silurando la Lagarde possano continuare a spacciare miraggi e attacchi alla democrazia.

Fonte: Il Simplicississus

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