di Fabio Marcelli
Il 13 agosto 1926 nasceva a Biran, Cuba, Fidel Castro Ruz. Sto rileggendo la parte finale della lunga intervista che concesse dieci anni fa al giornalista francese Ignacio Ramonet (Cien horas con Fidel). Una delle risposte di notevole lunghezza riguarda le conquiste sociali, politiche e culturali effettuate da Cuba dalla Rivoluzione ad oggi. Vale la pena di farne una breve sintesi, nella consapevolezza che, a dieci anni di distanza, i dati andrebbero ulteriormente sviluppati ed arricchiti alla luce di nuovi elementi positivi, come ad esempio il ruolo essenziale svolto dai medici cubani nel contrastare l’epidemia di Ebola in Africa.
Fidel cita il più alto tasso di scolarizzazione dell’emisfero occidentale (sicuramente superiore anche al nostro), l’assenza totale dianalfabetismo, anche di natura funzionale (il che da noi non può certo dirsi, almeno a leggere certi commentatori di blog), la riduzione della mortalità infantile dal 60 al 6 per mille, l’assenza di pubblicità commerciale su radio e televisione, l’inesistenza di paramilitari, squadroni della morte, violenza contro il popolo e tortura (purtroppo fenomeni invece molto diffusi in altri Paesi, non solo latinoamericani, si vedano le esecuzioni sommarie dei neri negli Stati Uniti), lo sviluppo della ricerca scientifica a favore dell’umanità, l’impegno internazionalista che ha contribuito fra l’altro in modo determinante alla fine dell’apartheid, la diffusione di missioni mediche cubane in molti Paesi poveri, ideologicamente affini e meno.
Fidel cita il più alto tasso di scolarizzazione dell’emisfero occidentale (sicuramente superiore anche al nostro), l’assenza totale dianalfabetismo, anche di natura funzionale (il che da noi non può certo dirsi, almeno a leggere certi commentatori di blog), la riduzione della mortalità infantile dal 60 al 6 per mille, l’assenza di pubblicità commerciale su radio e televisione, l’inesistenza di paramilitari, squadroni della morte, violenza contro il popolo e tortura (purtroppo fenomeni invece molto diffusi in altri Paesi, non solo latinoamericani, si vedano le esecuzioni sommarie dei neri negli Stati Uniti), lo sviluppo della ricerca scientifica a favore dell’umanità, l’impegno internazionalista che ha contribuito fra l’altro in modo determinante alla fine dell’apartheid, la diffusione di missioni mediche cubane in molti Paesi poveri, ideologicamente affini e meno.
Altre considerazioni di interesse molto attuale sono dedicate alla lotta contro la corruzione e alla superiorità del sistema democratico cubano rispetto a quello di altri Paesi, basato sulla forza del denaro e l’immagine dei candidati. Considerazioni oggi molto pertinenti nel momento in cui i destini della massima potenza mondiale paiono affidati, in competizione fra loro,a un miliardario razzista e fascista o a una creatura bionica dei poteri forti.
Ma Fidel non si ferma certo qui. Aggiunge infatti che, ad ogni modo, le generazioni future vedranno quelle attuali come una sorta di cavernicoli. Giudizio netto e spietato, che certo vale meno per Cuba che per qualsiasi altro Paese del pianeta. Giudizio che indica ad ogni modo un ottimismo di fondo, certamente molto più della volontà che dell’intelligenza, e che poggia sulla solida base costituita dall’ammirevole esperienza di vita oramai novantennale di un grande leader, che ha saputo guidare la trasformazione di un Paese piccolo e schiavo della maggiore potenza mondiale in un esempio per tutto il mondo quanto a dignità, indipendenza e raggiungimento di notevoli obiettivi sociali ed ambientali. Non certo un paradiso, beninteso, dato che paradisi in terra non ne esistono. Ma un Paese, piccolo e indomito, che fa fronte daoltre cinquant’anni a isolamento, terrorismo, tentativi di corruzione e problematiche varie, registrando successi notevoli e indiscutibili e avendo ottenuto di recente significativi riconoscimenti anche da parte della storica Potenza antagonista.
Ovviamente questa storia della quale tutta l’umanità dovrebbe andare orgogliosa si è scontrata, nel corso dei quasi sessanta anni della sua durata, con l’ostilità del sistema informativo mondiale, che ha piazzato i suoi gatekeeper, i Campo dell’Orto globali, retribuiti per mentire, e specie per diffamare Cuba, all’interno dei gangli decisionali di stampa e televisione. Questi omuncoli biliosi se ne inventano di tutti i colori pur di insultare Cuba, attività spregevole nella quale trovano tuttavia un tornaconto, anche di natura economica. Così come si gettano come una muta di cani rabbiosi su qualsiasiesperimento alternativo al neoliberismo imperante. Si veda al riguardo il trattamento riservato al Venezuela bolivariano.
Questo dell’informazione asservita al potere costituisce d’altronde un grave problema e anche in Italia ne sappiamo qualcosa, specie dopo le recenti purghe renziane alla Rai e i processi interminabili di concentrazione dell’informazione. Ma la presenza, in questa umanità appiattita culturalmente e in preda a guerra e terrorismo di grandi vecchi come Fidel Castro ci consente di sperare ancora in un futuro differente da questo sconfortante presente. Il suo esempio e il suo pensiero sono oggi di grande valore per l’America Latina, oggi sottoposta a una crociata di restaurazione neoliberista con inquietanti tratti di autentico fascismo. Ma per tutto il mondo e anche per l’Europa in crisi irreversibile che deve trovare nuove vie per sopravvivere. La storia della piccola isola della dignità e del grande vecchio che l’ha saputa guidare per molto tempo, costituiscono al riguardo fonti di ispirazione impareggiabili. Specie per chi non si rassegni al ruolo di zerbino della finanza, del complesso militare-industriale e delle multinazionali che portano il pianeta allo sfacelo e che intenda contribuire finalmente all’uscita dell’umanità dalla perdurante Età della pietra del neoliberismo.
Fonte: Il Fatto Quotidiano - blog dell'Autore
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