di Marco Consolo
Dopo più di 50 anni di guerra, lo scorso 23 giugno il governo colombiano e la guerriglia marxista delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (FARC-EP), hanno firmato un cessate il fuoco bilaterale e definitivo. Alla presenza del Presidente cubano Raul Castro, la firma congiunta del Presidente Juan Manuel Santos e del massimo dirigente delle FARC, Timoleón Jiménez è stata apposta a La Habana, dove da quasi 4 anni vanno avanti i difficili colloqui di pace, con Cuba e Norvegia come Paesi garanti, e Venezuela e Cile come accompagnanti.
L’accordo include l’abbandono delle armi, il reinserimento della guerriglia nella vita civile, zone di concentramento delle forze insurgenti, garanzie di sicurezza per i guerriglieri che si smobilitano.
L’accordo include l’abbandono delle armi, il reinserimento della guerriglia nella vita civile, zone di concentramento delle forze insurgenti, garanzie di sicurezza per i guerriglieri che si smobilitano.
Si tratta di un passo storico verso la fine della guerra, causata dalle profonde diseguaglianze ed ingiustizie sociali, con un tragico saldo di più di 250.000 mila morti, almeno 45 mila desaparecidos e più di sei milioni di sfollati. Quello dei rifugiati di guerra ed economici è un fenomeno in costante crescita anche in Italia.
Il cessate il fuoco è un passo importante (non l’ultimo) nel processo di pace, dato che le parti si impegnano a cessare le operazioni militari offensive. È un passo avanti per la pace definitiva, ma anche l’inizio di una fase di post-conflitto (o post-accordo) non esente da difficoltà.
Di fatto, le forze contrarie alla pace sono già all’opera per sabotarla. Innanzitutto l’ultra reazionario ex-Presidente Alvaro Uribe (segnalato dalla DEA come narcotrafficante) che ha inveito contro l’accordo. Uribe è in buona compagnia dei settori più reazionari delle Forze Armate che vedono sfumare i lauti finanziamenti alla guerra (e alle loro tasche). Anche gli squadroni della morte paramilitari, braccio armato dei latifondisti, delle multinazionali (come la Chiquita) e del terrorismo di Stato, si sono messi di traverso e continuano gli omicidi di sindacalisti, militanti delle organizzazioni di difesa dei diritti umani, contadini, etc. E che cercano di destabilizzare la vicina Venezuela.
Il banco di prova del governo sarà quindi disarticolare il paramilitarismo per evitare il ripetersi dello sterminio di chi scommette sulla pace, come avvenuto nel passato con la Uniòn Patriotica (UP). Come si ricorderà, in base agli accordi di pace de “La Uribe” del 1984, le FARC-EP, riconvertite in quel movimento politico legale, pagarono un alto prezzo di sangue con gli omicidi di più di 4000 dirigenti e militanti della UP.
Questa volta, ai colloqui di pace hanno partecipato rappresentanti dei movimenti sociali, delle donne, delle vittime della guerra, delle FFAA. E non c’è dubbio che queste ultime dovranno rivedere profondamente la loro dottrina militare, finora orientata alla guerra al “nemico interno” e viceversa garantire la sicurezza dei cittadini, il rispetto dei diritti umani e la partecipazione politica di tutti i soggetti politici e sociali.
Ma mentre il Presidente Santos (ex-Ministro della Difesa di Uribe) vuole sottomettere l’accordo di pace ad un referendum, le FARC insistono sulla necessità di dar vita a una Assemblea Costituente per dar vita un nuovo patto-Paese in uno scenario inedito.
Resta ancora in sospeso un accordo di pace con l’altra formazione guerrigliera, l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) con cui sono iniziati colloqui in Ecuador, mentre non c’è ombra di dialogo con la terza organizzazione guerrigliera, l’Esercito Popolare di Liberazione (EPL).
La firma del cessate il fuoco avviene in un momento di grande conflitto sociale, con le mobilitazioni contadine, dei camionisti e degli studenti che hanno riempito le strade con le loro proteste. Chiedono, tra l’altro, di riconvertire le enormi risorse utilizzate per la guerra, in misure sociali per affrontare le cause storiche del conflitto, debito storico del governo.
Anche per questo è importante che il movimento sindacale si mobiliti a difesa della pace con giustizia sociale in Colombia.
Fonte: controlacrisi.org
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