Intervista a Fausto Bertinotti di Andrea Carugati
"Renzi mi cita per attaccare la minoranza Pd? Non mi monto di certo la testa, per me i cognomi che meritano di entrare nel lessico politico sono altri: Ingrao, Amendola, Lombardi... e poi la ricostruzione di quell'esperienza del centrosinistra degli anni Novanta, nonostante arrivi dal premier, mi pare fuori contesto. Spaesata". Fausto Bertinotti, storico leader di Rifondazione, scansa il paragone fatto da Renzi alla festa dell'Unità di Bosco Albergati nel Modenese: "Quel mondo è finito, noi siamo l'ultima storia del Novecento. Oggi quelle costruzioni ideologiche sono state spazzate via, è rimasto solo il mercato...".
Non sono finite le divisioni nel centrosinistra.
"Allora si poteva pensare a una distinzione sulle grandi opzioni politiche, e dal centrosinistra ci distingueva l'interpretazione della globalizzazione. La loro era una apologia, la nostra una critica radicale, eravamo altermondialisti, integrati contro apocalittici. Oggi tutti i conflitti che vediamo sono nel campo degli integrati, della governabilità, lo scontro non è più tra destra e sinistra, del tutto assimilabili, ma tra "alto" e "basso" della società. Oggi scegliere tra centrodestra e centrosinistra è come bere la Coca Cola o la Pepsi".
Renzi, citandola, paragona se stesso a Prodi. Condivide?
"Lui rivendica l'eredità di quel centrosinistra, che effettivamente parte con Prodi e finisce con Renzi. Capisco che i nostalgici dell'Ulivo possano soffrire ma è la verità. C'è stata una involuzione? Non spetta a me dare giudizi, io dico che c'è continuità e non riguarda solo l'Italia. Vale per Manuel Valls, e per le altre socialdemocrazie che hanno subito una mutazione genetica".
Bersani non sarebbe d'accordo...
"Chi ha governato la globalizzazione? Chi ha inventato i trattati di Maastricht? Chi ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione? L'unica critica fondata a Renzi, come a Valls, è di essere i gestori delle politiche di austerity elaborate dal capitalismo finanziario globale. Il centrosinistra degli anni Novanta è stato la culla delle politiche che Renzi attua oggi".
Se al referendum la minoranza dem vota no, Renzi rischia di finire come Prodi sotto i colpi di Rifondazione?
"L'esito del referendum non dipende dalla manovre dentro il ceto politico. Ma dal rapporto tra "alto" e "basso" della società, come in Gran Bretagna. Per chi sta in basso, le forze che stanno in alto sono sostanzialmente omologate. Il No fonda le sue radici sul basso e per questo ha maggiori chance di successo...".
Fonte: La Repubblica
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