di Massimo Villone
Un tempo lontano, ogni signora della buona società aveva i suoi poveri, destinatari degli abiti smessi, degli avanzi di cucina, di qualche soldo o altro aiuto. Ora abbiamo i poveri del premier, cui magnanimamente si promettono 500 milioni risparmiati con la legge Renzi-Boschi. Ma quelle signore alla fine la carità la facevano davvero. Quella del premier è come sempre pubblicità ingannevole. Da dove verrebbe il risparmio di 500 milioni? Certo non dalla riforma del Senato. A quanto si sa, persino la Ragioneria dello Stato quantifica a meno di un decimo di quella cifra, e altre valutazioni riducono ancora.
Ne rimangono almeno 450, e certo la soppressione del Cnel vale molto meno. Si potrebbe allora pensare alle Province. Ma su queste la legge Renzi-Boschi non fa altro che togliere la copertura costituzionale. La riforma in realtà è stata già fatta con legge ordinaria, e da questa legge vengono i risparmi, se ve ne sono. Rimangono i limiti agli emolumenti dei consiglieri regionali. Ma a questi non manca la fantasia per aggirarli, e comunque sono alla fine spiccioli. E allora?
Ne rimangono almeno 450, e certo la soppressione del Cnel vale molto meno. Si potrebbe allora pensare alle Province. Ma su queste la legge Renzi-Boschi non fa altro che togliere la copertura costituzionale. La riforma in realtà è stata già fatta con legge ordinaria, e da questa legge vengono i risparmi, se ve ne sono. Rimangono i limiti agli emolumenti dei consiglieri regionali. Ma a questi non manca la fantasia per aggirarli, e comunque sono alla fine spiccioli. E allora?
I 500 milioni sono una cifra fantasiosa, volta a fare colpo sulla pubblica opinione e dare lustro al premier. La povertà è un problema vero e grave nel nostro paese. Le statistiche ufficiali ci parlano di milioni sotto la soglia di povertà, con numeri crescenti. Ma proprio per questo la promessa del premier è uno schiaffo alla miseria. Se anche ci fossero quei 500 milioni – e così non è – sarebbero una goccia nel mare. Perché non si affronta il tema del reddito di cittadinanza? Perché non si pensa a una seria politica di contrasto alla povertà, per rendere vera per tutti la garanzia di una vita dignitosa? È questo il compito di un governo, non la distribuzione di mance caritatevoli. C’è da vergognarsi.
Vogliamo diritti, non carità. Ma questa sensibilità a palazzo Chigi manca. Come manca la sensibilità per una comunicazione sobria e corretta. Per il ministro Boschi non rispetta il lavoro del parlamento chi vota no. Il no diventa un insulto all’istituzione. Ma forse rispettavano l’istituzione il ministro e il premier quando sostituivano a mano armata i dissenzienti nelle commissioni parlamentari? O ponevano questioni di fiducia che prassi pluridecennali precludevano? O facevano presentare emendamenti premissivi – nuovissima invenzione, di cui abbiamo più volte scritto su queste pagine – per stroncare l’ostruzionismo? O minacciavano a ripetizione crisi e sfracelli per ridurre i parlamentari riottosi all’obbedienza? O comprimevano all’inverosimile i tempi parlamentari per le convenienze del governo? Rispetti il ministro, piuttosto, chi vuole liberamente esercitare il proprio diritto di voto.
Renzi dichiara ora di aver sbagliato nel personalizzare, e che bisogna guardare ai contenuti. Ne saremmo lieti, se non fosse mera rappresentazione. La promessa dei 500 milioni è uno spot per il premier, che si autopromuove come il buon padre di famiglia pensoso del benessere dei propri cari. È un altro modo, anche più sottile, di personalizzare, senza rischiare la poltrona minacciando dimissioni nel caso di sconfitta del sì. Comunque, si sfugge al confronto di merito sulla riforma. Può mai avere un senso scambiare povertà e forma di governo, sostegno vitale e sistema di checks and balances? Piuttosto, ci avviciniamo agli esempi antichi di voto di scambio fondato sul bisogno che la nostra storia elettorale ci consegna numerosi, dai pacchi di pasta alle scarpe. E si rafforza il sospetto che ritardare il voto trovi ragione solo nel posporre le urne a una legge di stabilità utile a operazioni di tal genere.
Si oscura il merito anche insistendo che il referendum ha a che fare solo con la legge costituzionale, e non con l’Italicum. La connessione è invece indiscutibile, perché è la legge elettorale che consegna un parlamento reso poco rappresentativo e subalterno nelle mani del leader della minoranza fatta artificialmente maggioranza dal premio. Separare referendum e legge elettorale serve a Renzi anche a inchiodare nell’angolo la minoranza Pd. Ma questa si è cacciata da sola nei guai, ingoiando in parlamento quel che ora rifiuta.
Conclusivamente, qualche suggerimento per Renzi. Presenti una proposta di legge costituzionale che riduce i deputati a 400 e i senatori a 200, sopprime il Cnel, cancella la copertura costituzionale delle province, limita gli emolumenti dei consiglieri regionali. Quattro articoli di pochi righi ci danno un taglio dei costi identico o maggiore. Con questo possiamo serenamente cestinare senza danno la Renzi-Boschi, insieme all’Italicum. Se poi vuole davvero fare una bella figura, cancelli l’acquisto di un paio di F35 e di una manciata di carri armati. Così troverebbe 500 milioni veri, e non i 500 fasulli che nella riforma proprio non ci sono.
Fonte il manifesto
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