di Massimiliano Galanti
Mentre il progetto Keystone XL, uno dei più grandi oleodotti mai progettati, che ha visto sollevarsi una fortissima protesta in tutti gli Stati Uniti, è stato infine bocciato dal Presidente Obama, silenziosamente veniva proposto e approvato un suo sostituto chiamato Dakota Access Pipeline Project (DAPL). Per quanto non sia espressamente l’erede del Keystone XL, il DAPL è di sette miglia più corto e segue un diverso tracciato, la sua funzione è la stessa: trasportare petrolio via terra attraverso gli Stati Uniti, da nord a sud, passando, ovunque possibile, attraverso le riserve indiane.
Come accadde per il progetto Keystone, DAPL è diventato oggetto di manifestazioni di protesta di attivisti ambientali e dei nativi americani che hanno denunciato come la sua approvazione sia avvenuta con totale indifferenza per i diritti territoriali sanciti dai trattati e delle procedure di consultazione previste dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni che, sia pure tardivamente, anche gli Stati Uniti hanno confermato di voler rispettare.
Come accadde per il progetto Keystone, DAPL è diventato oggetto di manifestazioni di protesta di attivisti ambientali e dei nativi americani che hanno denunciato come la sua approvazione sia avvenuta con totale indifferenza per i diritti territoriali sanciti dai trattati e delle procedure di consultazione previste dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni che, sia pure tardivamente, anche gli Stati Uniti hanno confermato di voler rispettare.
I lavori di costruzione del DAPL sono iniziati qualche mese fa. Immediatamente sono iniziate anche le proteste degli ambientalisti, dei coltivatori i cui terreni devono essere attraversati e delle nazioni indiane.La Standing Rock Sioux Tribe, con il sostegno del Consiglio Internazionale dei Trattati Indiani, ha portato la sua protesta alle Nazioni Unite, chiedendo una decisione internazionale che fermi il progetto. L’appello dei Dakota è relativo alla tutela dei loro diritti umani violati da uno Stato repressivo e coloniale. Nel frattempo gli indiani hanno attivato dei campi di protesta presso i luoghi dove dovrebbe transitare il DAPL. Come sempre è scattata l’azione repressiva da parte delle agenzie governative e, quando si tratta di indiani, l’FBI è sempre in prima linea.
Mentre centinaia di Indiani Dakota si sono accampati sul confine della Standing Rock Sioux Reservation per protestare contro la costruzione dell’oleodotto, che dovrebbe attraversare la loro riserva, l’Army Corps of Engineers, il Genio Militare dell’esercito americano, ha confermato che la società realizzatrice dell’opera, la Energy Transfer Partners, non ha ancora ottenuto il permesso di costruire l’oleodotto sul terreno di proprietà del Corpo, il cui portavoce, Larry Janis, ha detto che la pratica è ancora in fase di esame e che perciò: “Non possono costruire il loro progetto accedendo alla proprietà del Corpo sulle due sponde il lago Oahe”. Questo spiega la decisione della società, assunta il 18 agosto, di fermare la costruzione a nord della Standing Rock Sioux Reservation nei pressi del fiume Missouri-lago Oahe, dove la forte protesta ha già portato a molti arresti di membri della tribù. L’interruzione dei lavori ha fatto cessare ogni protesta attiva e da quel momento sono stati attivati cerchi di preghiera in attesa degli eventi.
Nel frattempo, il tribunale distrettuale federale competente ha ricevuto la richiesta della tribù Dakota di fermare i lavori poiché l’eventuale transito dell’oleodotto entro i confini della riserva violerebbe i diritti tribali. Il giudice ha detto che si prenderà il tempo necessario per verificare se sia stato rispettato il National Historic Preservation Act e le altre leggi federali per la protezione dell’ambiente. Nel frattempo, sui luoghi sono intervenuti gli osservatori di Amnesty International e un osservatore delle Nazioni Unite è atteso a Standing Rock a breve. Nel frattempo, i circa 2.500 manifestanti hanno deciso che resteranno sul posto in attesa della decisione della Corte. Diverse altre tribù stanno aiutando i Dakota: fra questi i Navajo, gli Irochesi, i Nez Percé che contribuiscono ai presidi e aiutano con i rifornimenti.
Interrogati sulle ragioni della loro protesta, i Dakota rispondono che loro non stanno protestando. Chi sta protestando sono la Terra e l’Acqua e il popolo Dakota non fa altro che difendere chi ci dà la vita.
Articolo pubblicato su Il Cerchio
Fonte: comune-info.net
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.