Intervista a Chiara Saraceno di Claudio Paudice
La narrazione "miracolistica" si è rivelata un "boomerang" per il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Perché, mentre gli esponenti del governo parlavano di un'Italia che riparte e di un #cambiaverso, i cittadini non hanno visto la loro vita cambiare. "E questo ha prodotto irritazione". E' questo uno dei motivi che hanno portato il popolo italiano a bocciare in modo netto la riforma costituzionale al referendum del 4 dicembre, sostiene la sociologa Chiara Saraceno. I dati diffusi dall'Istat sul rischio di esclusione sociale, (un italiano su quattro ne viene investito, al Sud tocca a un cittadino su due) fotografano una realtà che non ha trovato riscontro nella narrazione ottimistica del premier in questi due anni di governo.
Ed è anche per questa ragione che gli italiani hanno detto No, dice la sociologa in questa intervista.
Ed è anche per questa ragione che gli italiani hanno detto No, dice la sociologa in questa intervista.
Professoressa Saraceno, il popolo italiano hanno detto senza mezzi termini No alla riforma costituzionale. Ma non solo a quella. C'è un legame tra il voto referendario e i dati diffusi dall'Istat sull'esclusione sociale?
"Il risultato referendario è la combinazione di motivazioni diverse. Molti hanno votato nel merito, essendo contrari al modo in cui era stata formulata la riforma. Altri hanno votato contro Renzi, per mandarlo a casa. Però, se si guarda al Sud e ai giovani, tanti hanno votato sul fatto che il governo non ha realizzato quanto aveva promesso, sottovalutando una serie di problemi anche gravi, come le diseguaglianze e il Mezzogiorno. Le speranze sono state deluse e alcuni problemi non sono stati visti per niente, portando così a un aggravamento della situazione. Basta guardare i dati Istat per capire che questo è un Paese che non cresce ma crescono invece le diseguaglianze. Sono dati preoccupanti. È gravissimo che il Sud si sia ulteriormente allontanato".
Quale è stato l'atteggiamento del governo?
"Chiunque denunciasse questi problemi era etichettato come arretrato, non moderno oppure non sufficientemente speranzoso. Nessuno si aspettava un miracolo, ma a fronte di un leader che ha fatto della sua capacità miracolistica la sua parola d'ordine, questo è stato un prezzo da pagare. Sembrava che tutti i problemi dell'Italia sarebbero stati risolti dalla riforma della Costituzione."
Quale Italia esce dalla fotografia fatta dall'Istat?
"Secondo i parametri Eurostat, si dice che è a rischio di esclusione sociale chi presenti almeno uno di quattro indicatori (come vivere in famiglie dove non ci sono occupati o a "bassa intensità" lavorativa, oppure essere a rischio di povertà relativa, o ancora essere in condizione di deprivazione grave). Non sono tutti della stessa misura e dello stesso peso. Forse sono indicatori un po' troppo larghi ma di certo in termini comparativi con altri Paesi vediamo una percentuale di diseguaglianza che è aumentata dall'inizio della crisi. Grave perché si conferma al Sud e cresce nel Centro Italia, un altro dato allarmante. Ci sono gruppi sociali che in questi anni o non hanno visto modificare la loro situazione o addirittura l'hanno vista peggiorare."
Non di rado Renzi si è vantato dei risultati dati dalla sua riforma del lavoro.
"Eurostat conferma quello che già si era capito leggendo altri dati Istat, quelli sui consumi. Anche avere un lavoro spesso non mette al riparo dalla povertà, in particolare su base familiare. Se una famiglia è monoreddito - ed è un reddito modesto - e la famiglia è numerosa il rischio povertà è altissimo. Il 15% delle persone che vivono in famiglie monoreddito soffrono di deprivazione grave. Vuol dire che tutta questa enfasi del governo sull'aumento dell'occupazione - e non è aumentata di molto - non si spiega, perché non è stato un incremento sufficiente. I motivi sono diversi: ci sono disoccupati in famiglia oppure i redditi sono particolarmente modesti. Come dimostra l'ultimo rapporto Inps, i contratti a tutele crescenti sono cresciuti ma sono aumentati molto quei contratti a tempo parziale, e se uno ci deve mantenere una famiglia è molto difficile."
Il disagio sociale è diffuso, in sintesi.
"Il disagio forse è più diffuso della povertà: c'è la sensazione di franare. Mentre c'è uno zoccolo duro di povertà anche assoluta, allo stesso tempo c'è una quota di ceto medio che si è sentita franare di più verso il basso e ha visto allontanare i suoi punti di riferimento. E questo non contribuisce a far sentire inclusi e solidali, se mi accorgo che vado a stare peggio mentre qualcuno sta meglio."
Cosa ha sbagliato Renzi nella sua narrazione sull'operato del suo governo?
"La narrazione funzione se ci sono dei riscontri oggettivi. In questo caso non ci sono stati. L'unica cosa a favore di Renzi è l'occupazione che ha cessato di diminuire, risalendo un pochino. Ma la qualità dell'occupazione aumentata l'abbiamo capita, sono cresciuti i contratti a tempo per non parlare dei voucher che sono ripresi alla grande. Il premier ha fatto una narrazione per certi versi comprensibile: ha tentato di dare iniezioni di ottimismo, e va bene. Però di qui a dire che saremmo diventati il primo Paese d'Europa, che ormai avevamo la crisi alle spalle e che tutti i problemi erano legati al "gufismo" conservatore, non ha poi aiutato i giovani che faticano a trovare lavoro o a trovarlo con un orizzonte temporale decente. Nel Mezzogiorno solo negli ultimi tempi è ritornato sulle cronache, lì dove è andato a fare i Patti per il Sud per motivi elettorali. Il Sud ormai è sparito, ma da prima di Renzi, sono ormai 10 anni."
Ha messo in campo misure insufficienti?
"Guardi, si fa il bonus bebè ma non si fa la riforma degli assegni per i figli, si fa la quattordicesima per gli anziani a basso reddito ma gli anziani poveri, parliamo di povertà assoluta, sono un ottavo di tutti i poveri assoluti mentre i giovani sono invece la metà. C'è uno squilibrio di attenzione, si capisce. Le risorse sono scarse ma si sprecano e si distribuiscono in modo poco efficiente. E questo è diventato un boomerang: all'inizio ha prodotto speranze e simpatia ma quando alla sua narrazione non facevano seguito dei cambiamenti, il prodotto è stato l'irritazione. E che Renzi rovesciasse ogni sensazione di disagio o di critica a questa narrazione univocamente produttiva in un problema di gufi e frenatori, non ha aiutato. È stato come non avere più un interlocutore."
Fonte: Huffington Post
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