La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 12 febbraio 2017

Magari fosse

di Franco Berardi Bifo
Nel 1999 a Bologna si riunirono i ministri dell’istruzione dei paesi europei, e stilarono la Carta di Bologna. Nella città in cui l’università era nata più di nove secoli prima, il ceto politico del centro sinistra europeo si incontrò per sancire la sottomissione del sapere agli interessi del profitto. Da quel momento la scuola e l’università sono stati sottoposti a un’opera sistematica di impoverimento, privatizzazione e imposizione del dogma centrale del mercato: la competizione, il profitto.
I tornelli nella biblioteca della Facoltà in cui ho studiato nel 1968 sono un piccolo ignobile particolare, una conseguenza dell’opera di implacabile sottomissione del sistema educativo al dominio esclusivo della finanza. Questo dominio spietato ha necessariamente risvolti securitari. Perché tutti obbediscano al dogma centrale del mercato è necessario un occhiutissimo sistema di sorveglianza che espella chi non può o non vuole piegarsi a quel dogma. Privatizzazione, sottomissione del sapere agli interessi privati e securizzazione vengono insieme, non si può avere l’uno senza l’altro.
Il predominio del mercato ha prodotto la diffusione massiccia dell’ignoranza, la separazione del sapere tecnico dall’intelligenza dell’umano, e finalmente il fascismo e la guerra.
C’è la guerra in gran parte del mondo, un razzista occupa la Casa Bianca, il fascismo dilaga da una contrada all’altra del vecchio continente. Chi è responsabile di questo film dell’orrore?
La risposta è semplice: i mascalzoni del centro sinistra europeo che hanno governato negli ultimi decenni hanno venduto i lavoratori alle grandi corporation e hanno sottomesso la vita delle popolazioni alla dittatura finanziaria: da Tony Blair a Massimo d’Alema, da Gerhard Schroeder a Giorgio Napolitano a Matteo Renzi a François Hollande. Fino al piccolo Merola, si parva licet componere magnis. Essi hanno costretto i lavoratori a subire l’imposizione della finanza, e gli studenti a subire il dominio dell’ignoranza.
La carta di Bologna fu un passaggio essenziale del tradimento che la sinistra ha perpetrato nei confronti dei lavoratori, della democrazia e della civiltà. E quel tradimento grida vendetta.
Infatti i lavoratori bianchi dell’occidente si stanno vendicando, votano in maggioranza per dei partiti fascisti per vendicarsi contro la sinistra che li ha venduti allo schiavismo liberale. Il fascismo sta vincendo dovunque e travolgerà ogni protezione finché l’intero edificio della democrazia non sarà stato smantellato fino all’ultima pietra.
A meno che.
A meno che un movimento della conoscenza non nasca da qualche parte d’Europa per cancellare la Carta di Bologna, per cacciare tutti gli uomini che detengono il potere, particolarmente quelli della sinistra, prima di tutto quelli della sinistra perché i traditori vengano impiccati al pennone della torre più alta della città di Bologna (metaforicamente, s’intende).
Solo quando centomila studenti italiani occuperanno le loro università pronti a difenderle con ogni mezzo necessario, solo allora inizierà un processo di rinascita forse possibile in questo paese agonizzante. Non occorrono nuovi partiti né nuovi governi che ripetano gli stessi riti per gli stessi scopi. Occorre un movimento gigantesco: occorre ricomporre il sapere tecnico con l’intelligenza dell’umano, occorre che la conoscenza riacquisti la sua autonomia dal miserabile dominio del mercato. Occorre che in ogni luogo di ricerca si costituiscano comitati per la liberazione del sapere dal profitto e dalla guerra. Occorre liberare il tempo della vita dalla schiavitù del salario. Solo dentro i luoghi della ricerca questo processo può svilupparsi. A Bologna il luogo della ricerca è anche l’azienda cittadina più importante.
I piccoli miserabili che detengono il potere sull’azienda più ricca della città di Bologna forse non lo sanno, ma neppure i fascisti ebbero il coraggio di fare quel che loro hanno fatto: hanno chiamato la forza armata dentro una biblioteca per difendere quei tornelli che escludono dalla biblioteca proprio coloro per cui la biblioteca esiste. Né i fascisti durante il ventennio né gli stalinisti nel ‘77 osarono chiamare la polizia dentro i locali dell’Università.
I servi del conformismo neoliberali sì, non perché sono più cattivi, ma solo perché sono più ignoranti, più conformisti, più rozzi.
I rettori e vicerettori di oggi non sono né fascisti né stalinisti, manca loro lo splendore del male, solo posseggono la triste retorica della subalternità al mercato. Piccoli uomini ignari della storia e della dignità hanno chiamato i manganelli per riportare l’ordine dei tornelli.
Non so se ciò che accade in questi giorni sia il ritorno dell’insurrezione libertaria del ’77. Magari fosse, meno ventenni si suiciderebbero e la città sarebbe assai più allegra. Ma forse il piccolo Merola farebbe meglio a tacere sull’argomento.

Fonte: comune-info.net 

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