Intervista a Dominique Andolfatto di Guido Caldiron
Docente di Scienze politiche all’Università di Digione, Dominique Andolfatto è uno dei maggiori studiosi francesi dei movimenti sociali e della storia sindacale, temi a cui ha dedicato diverse opere, tra cui Sociologie des syndicats (La Découverte, 2011). Ha analizzato inoltre il crescente consenso dei lavoratori per Marine Le Pen nel volume collettivo Les faux-semblants du Front national (Presses de SciencesPo, 2015).
"Senza dubbio. Fin dagli anni Novanta raccoglie la percentuale più consistente del voto operaio, specie nelle elezioni presidenziali. Questa volta si è arrivati a circa il 40%: una quota che non è stata raggiunta da alcuna altra forza. Inoltre, l’elettorato frontista è anche quello che conta più impiegati e lavoratori dipendenti, oltre che coloro che hanno il reddito medio più basso e un uguale titolo di studio. I sondaggi ci dicono anche che si tratta della fetta di francesi che ripongono meno fiducia nel futuro."
Quali i motivi alla base di questo consenso?
"Si tratta di uno degli effetti del collasso dei vecchi partiti di massa, a cominciare dal Pcf, e del risultato dell’indebolimento dei sindacati e di tutte le organizzazioni del mondo del lavoro. La de-industrializzazione, la crescita della disoccupazione, il neoliberismo e la crisi hanno fatto il resto. In questo contesto, grazie alle sue promesse demagogiche e al suo contrapporre il popolo alle élite, il Front National è apparso come la sola formazione politica in grado di invertire il corso della storia e permettere di ricostruire, o meglio di reinventare, un mondo ormai scomparso. A molti è sembrato che questo partito proponesse una sorta di narrazione collettiva rivolta ai nuovi «dannati della terra», a fronte dell’esaurirsi di altre ideologie."
Ci sono poi gli iscritti alla Cgt e gli ex elettori di sinistra che votano per il Fn. Un fenomeno diffuso?
"Il 13% degli aderenti alla Cgt ha scelto Le Pen, a fronte del 21% raggiunto nell’insieme da questa candidata. I sondaggi indicano infatti come il voto per il Fn sia inversamente proporzionale al tasso di sindacalizzazione. Ciò detto, una parte degli iscritti al sindacato considera il programma del Fn come la sola ancora di salvezza per il paese. In questo senso, qualcosa è cambiato quest’anno con il buon risultato della France insoumise di Jean-Luc Mélenchon che si è rivolta proprio all’elettorato popolare. Quanto al passaggio dei voti della gauche, spesso ex comunisti, al Fn, sembra essere in realtà meno consistente di quanto si creda. Piuttosto, oggi il Fn pesca un po’ ovunque ma comincia ad avere anche un proprio zoccolo duro di elettori che hanno votato sempre e soltanto per l’estrema destra."
Nella sua strategia di conquista, il Fn cerca a tempo di appropriarsi del 1 Maggio.
"Sì, anche se in realtà non cerca ovviamente di recuperare questa giornata come espressione delle rivendicazioni sociali. Al contrario, al pari di quanto fatto da altri movimenti di estrema destra fin dagli anni Trenta, vuole trasformarla in una commemorazione di carattere nazionalista, festeggiando Giovanna d’Arco (intorno alla cui statua nel cuore di Parigi si svolge ogni anno il meeting di Le Pen, nda) che alla fine del Medioevo incarnava il simbolo della guerra dei francesi contro l’Inghilterra. Il 1 maggio del Fn non ha nulla a che fare con quello del mondo del lavoro, ma è piuttosto una metafora sul tema della «Francia ai francesi», al centro della propaganda lepenista."
Di fronte alla sfida di Le Pen i movimenti sociali e la sinistra si sono divisi e i sindacati sfileranno separati il 1 maggio, perché?
"In effetti i due principali sindacati «riformisti», la Cfdt e l’Unsa, hanno dato ai loro iscritti esplicite indicazioni di voto per Macron, mentre gli altri, a cominciare dalla Cgt, hanno esitato. Questo, non perché siano favorevoli al Fn che combattono in ogni modo, e contro cui voteranno la gran parte dei loro militanti al secondo turno, ma perché non vogliono esprimersi in favore del candidato di En Marche! che considerano, in quanto ex ministro dell’Economia di Hollande, tra i maggiori ispiratori delle politiche neoliberaliste e di austerità adottate negli ultimi anni. Non vogliono offrire sostegno ad una figura all’origine delle gravi difficoltà di cui soffre oggi una parte della società francese.Difficoltà che nutrono tra l’altro proprio la crescita dei consensi per Le Pen."
Macron si è imposto nel ceto medio mentre Le Pen ha sedotto lavoratori e disoccupati. Si può battere l’estrema destra dimenticandosi dell’elettorato popolare e di coloro che soffrono per la crisi?
"In effetti è questa una delle sfide che il candidato di En Marche! deve affrontare ora. Al momento gode soprattutto del sostegno delle classi medio-superiori e degli abitanti delle metropoli e perciò si deve impegnare per definire meglio le sue proposte per l’elettorato popolare, le vittime della crisi, la Francia profonda. La principale novità che si è imposta nel panorama politico francese con queste elezioni riguarda del resto il fatto che la tradizionale divisione tra destra e sinistra sembra essere stata rimpiazzata da una nuova frattura che contrappone da un lato una Francia popolare, ripiegata su se stessa e pessimista, quella rappresentata dal voto per Le Pen, e dall’altro una Francia delle metropoli, aperta al mondo e fiduciosa quanto al futuro, incarnata dai consensi per Macron."
Fonte: Il manifesto
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