di Gennaro Avallone
Ecologia e libertà di André Gorz è stato riproposto in italiano da Orthotes, questa volta con un titolo fedele all’originale, 38 anni dopo la sua prima pubblicazione, a cura di Emanuele Leonardi, ricercatore dell’Università di Coimbra. Il testo è parte della ampia produzione dello studioso francese, che ha avuto sempre al suo centro la critica dei rapporti sociali capitalistici. L’obiettivo principale del libro è quello di sostenere la necessità della fuoriuscita dai vincoli della logica dell’accumulazione capitalistica, orientata, specialmente nella fase postindustriale guidata dall’automazione, a subordinare tutta la vita, umana e non umana, ai suoi principi di funzionamento. Un testo, come riconosciuto giustamente dal curatore, anticipatore, perché individua trasformazioni ancora acerbe, che si sono dispiegate nei decenni successivi. Un testo, però, come ancora Emanuele Leonardi sottolinea, che è anche antiquato, soprattutto perché propone alternative che si sono dimostrate storicamente non sufficienti.
Ecologia e libertà si inserisce nella fase ecologico-politica della ricerca di Gorz, sviluppata tra il 1973 ed il 1978, parte di un più generale movimento che, proprio in quegli anni, aveva iniziato a riarticolare il rapporto tra analisi marxista e questioni socio-ecologiche. In Italia, un momento importante di questo movimento, sul piano della critica intellettuale, si registrò nel 1972, con la pubblicazione de L’imbroglio ecologico di Dario Paccino, edito da Einaudi. Questo libro, una profonda critica all’ambientalismo istituzionale ed all’uso capitalistico della natura, evidenziava quanto il nesso natura-capitale fosse fondamentale per i processi di accumulazione capitalistica così come per le prospettive della lotta di classe. Paccino contribuì ad introdurre una radicale novità nel pensiero marxista italiano, insieme alle ricerche di altri studiosi e militanti, da quelle sulla malaria urbana di Giovanni Berlinguer a quelle sui nessi tra scienza, malattia, salute e capitale di Giulio Maccacaro, elaborate in connessione con le lotte operaie e popolari in corso contro le nocività dentro e fuori le fabbriche, contro lo scambio tra salario e salute e sui temi del governo del territorio.
André Gorz fu parte attiva di questo movimento, individuando nella prospettiva dell’ecologia politica un’alternativa, ancora oggi valida e da approfondire, fondata sulla riduzione invece che sulla crescita della produzione materiale, interrogandosi non solo sul come ma anche sul cosa produrre. Gorz analizzò non solo la tendenza alla sovrapproduzione propria del capitalismo, ma anche la propensione alla crisi da riproduzione dell’ambiente che il capitale si trova ad affrontare quanto più accelera il processo di accumulazione, al fine di continuare ad appropriarsi di nuove risorse naturali a costi bassi. In altre parole, Gorz individuò la difficoltà propria del capitale di garantirsi l’uso a buon mercato della natura necessario alla sua riproduzione allargata, una difficoltà già riconosciuta da Marx, ed approfondita successivamente dall’approccio dell’ecologia-mondo proposto da Jason W. Moore, che vede nella crisi da sottoproduzione delle materie prime un limite costitutivo della dinamica capitalistica.
Il riferimento alla crisi ecologica del capitalismo non è, tuttavia, neutrale nell’analisi di Gorz, che sottolineò come affidarsi all’ecologia potesse aprire la strada anche a forme autoritarie di governo delle crisi ambientali e delle relazioni socio-ecologiche. Gorz propose, invece, un’ecologia politica, cioè la determinazione di una strategia e di processi di liberazione dell’umanità e della natura dai vincoli della produzione capitalistica. Seguendo l’alternativa proposta da Ivan Ilich, tra la necessità della convivialità ed il pericolo della deriva al tecnofascismo, Gorz individuò l’orizzonte della liberazione nella costruzione di una vita individuale e relazionale fuori dai rapporti di capitale. Il centro della proposta di Gorz sta nella riappropriazione e nell’ampliamento degli spazi di autonomia fuori dalle relazioni di dominio alimentate dagli apparati economici, tecnologici e statuali. Come farà anche negli anni seguenti, in connessione con altre questioni, soprattutto con quelle relative alla redistribuzione dei tempi di lavoro ed al senso della vita economia, Gorz proponeva di ampliare il più possibile la sfera delle attività autonome, restringendo al massimo lo spazio di quelle eteronome, quelle gestite e decise dalle forze sistemiche di Stato e capitale.
Spazi di autonomia
Questa proposta, e qui c’è il lato antiquato del libro e dell’intero percorso di Gorz, si è scontrata, sin da subito, con la possibilità di costruire un fuori autonomo dai rapporti e dalla logica del capitale. A guardarla oggi, invece, la praticabilità di questa alternativa si scontra direttamente con gli esiti delle esperienze storiche nate dalla costruzione di spazi organizzati di autonomia. La deriva imprenditoriale e parastatale del terzo settore e del volontariato, ad esempio, così come i fallimenti o la fortissima marginalità degli esperimenti di vita comunitari che si sono dispiegati negli ultimi trenta anni, mostrano, alla prova dei fatti, i limiti strutturali e politici di questo tipo di alternativa. Ciò non significa, tuttavia, negare la rilevanza dell’analisi di Gorz, la cui immaginazione di possibili futuri al di là della logica capitalistica della crescita e del profitto continua a preservare una fortissima attualità ed utilità analitica e politica.
Fonte: il manifesto
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