La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 29 settembre 2015

Dentro i limiti naturali del profitto

di Gennaro Avallone
Eco­lo­gia e libertà di André Gorz è stato ripro­po­sto in ita­liano da Ortho­tes, que­sta volta con un titolo fedele all’originale, 38 anni dopo la sua prima pub­bli­ca­zione, a cura di Ema­nuele Leo­nardi, ricer­ca­tore dell’Università di Coim­bra. Il testo è parte della ampia pro­du­zione dello stu­dioso fran­cese, che ha avuto sem­pre al suo cen­tro la cri­tica dei rap­porti sociali capi­ta­li­stici. L’obiettivo prin­ci­pale del libro è quello di soste­nere la neces­sità della fuo­riu­scita dai vin­coli della logica dell’accumulazione capi­ta­li­stica, orien­tata, spe­cial­mente nella fase postin­du­striale gui­data dall’automazione, a subor­di­nare tutta la vita, umana e non umana, ai suoi prin­cipi di fun­zio­na­mento. Un testo, come rico­no­sciuto giu­sta­mente dal cura­tore, anti­ci­pa­tore, per­ché indi­vi­dua tra­sfor­ma­zioni ancora acerbe, che si sono dispie­gate nei decenni suc­ces­sivi. Un testo, però, come ancora Ema­nuele Leo­nardi sot­to­li­nea, che è anche anti­quato, soprat­tutto per­ché pro­pone alter­na­tive che si sono dimo­strate sto­ri­ca­mente non sufficienti.
Eco­lo­gia e libertà si inse­ri­sce nella fase ecologico-politica della ricerca di Gorz, svi­lup­pata tra il 1973 ed il 1978, parte di un più gene­rale movi­mento che, pro­prio in que­gli anni, aveva ini­ziato a riar­ti­co­lare il rap­porto tra ana­lisi mar­xi­sta e que­stioni socio-ecologiche. In Ita­lia, un momento impor­tante di que­sto movi­mento, sul piano della cri­tica intel­let­tuale, si regi­strò nel 1972, con la pub­bli­ca­zione de L’imbroglio eco­lo­gico di Dario Pac­cino, edito da Einaudi. Que­sto libro, una pro­fonda cri­tica all’ambientalismo isti­tu­zio­nale ed all’uso capi­ta­li­stico della natura, evi­den­ziava quanto il nesso natura-capitale fosse fon­da­men­tale per i pro­cessi di accu­mu­la­zione capi­ta­li­stica così come per le pro­spet­tive della lotta di classe. Pac­cino con­tri­buì ad intro­durre una radi­cale novità nel pen­siero mar­xi­sta ita­liano, insieme alle ricer­che di altri stu­diosi e mili­tanti, da quelle sulla mala­ria urbana di Gio­vanni Ber­lin­guer a quelle sui nessi tra scienza, malat­tia, salute e capi­tale di Giu­lio Mac­ca­caro, ela­bo­rate in con­nes­sione con le lotte ope­raie e popo­lari in corso con­tro le noci­vità den­tro e fuori le fab­bri­che, con­tro lo scam­bio tra sala­rio e salute e sui temi del governo del territorio.
André Gorz fu parte attiva di que­sto movi­mento, indi­vi­duando nella pro­spet­tiva dell’ecologia poli­tica un’alternativa, ancora oggi valida e da appro­fon­dire, fon­data sulla ridu­zione invece che sulla cre­scita della pro­du­zione mate­riale, inter­ro­gan­dosi non solo sul come ma anche sul cosa pro­durre. Gorz ana­lizzò non solo la ten­denza alla sovrap­pro­du­zione pro­pria del capi­ta­li­smo, ma anche la pro­pen­sione alla crisi da ripro­du­zione dell’ambiente che il capi­tale si trova ad affron­tare quanto più acce­lera il pro­cesso di accu­mu­la­zione, al fine di con­ti­nuare ad appro­priarsi di nuove risorse natu­rali a costi bassi. In altre parole, Gorz indi­vi­duò la dif­fi­coltà pro­pria del capi­tale di garan­tirsi l’uso a buon mer­cato della natura neces­sa­rio alla sua ripro­du­zione allar­gata, una dif­fi­coltà già rico­no­sciuta da Marx, ed appro­fon­dita suc­ces­si­va­mente dall’approccio dell’ecologia-mondo pro­po­sto da Jason W. Moore, che vede nella crisi da sot­to­pro­du­zione delle mate­rie prime un limite costi­tu­tivo della dina­mica capitalistica.
Il rife­ri­mento alla crisi eco­lo­gica del capi­ta­li­smo non è, tut­ta­via, neu­trale nell’analisi di Gorz, che sot­to­li­neò come affi­darsi all’ecologia potesse aprire la strada anche a forme auto­ri­ta­rie di governo delle crisi ambien­tali e delle rela­zioni socio-ecologiche. Gorz pro­pose, invece, un’ecologia poli­tica, cioè la deter­mi­na­zione di una stra­te­gia e di pro­cessi di libe­ra­zione dell’umanità e della natura dai vin­coli della pro­du­zione capi­ta­li­stica. Seguendo l’alternativa pro­po­sta da Ivan Ilich, tra la neces­sità della con­vi­via­lità ed il peri­colo della deriva al tec­no­fa­sci­smo, Gorz indi­vi­duò l’orizzonte della libe­ra­zione nella costru­zione di una vita indi­vi­duale e rela­zio­nale fuori dai rap­porti di capi­tale. Il cen­tro della pro­po­sta di Gorz sta nella riap­pro­pria­zione e nell’ampliamento degli spazi di auto­no­mia fuori dalle rela­zioni di domi­nio ali­men­tate dagli appa­rati eco­no­mici, tec­no­lo­gici e sta­tuali. Come farà anche negli anni seguenti, in con­nes­sione con altre que­stioni, soprat­tutto con quelle rela­tive alla redi­stri­bu­zione dei tempi di lavoro ed al senso della vita eco­no­mia, Gorz pro­po­neva di ampliare il più pos­si­bile la sfera delle atti­vità auto­nome, restrin­gendo al mas­simo lo spa­zio di quelle ete­ro­nome, quelle gestite e decise dalle forze siste­mi­che di Stato e capitale.
Spazi di autonomia
Que­sta pro­po­sta, e qui c’è il lato anti­quato del libro e dell’intero per­corso di Gorz, si è scon­trata, sin da subito, con la pos­si­bi­lità di costruire un fuori auto­nomo dai rap­porti e dalla logica del capi­tale. A guar­darla oggi, invece, la pra­ti­ca­bi­lità di que­sta alter­na­tiva si scon­tra diret­ta­mente con gli esiti delle espe­rienze sto­ri­che nate dalla costru­zione di spazi orga­niz­zati di auto­no­mia. La deriva impren­di­to­riale e para­sta­tale del terzo set­tore e del volon­ta­riato, ad esem­pio, così come i fal­li­menti o la for­tis­sima mar­gi­na­lità degli espe­ri­menti di vita comu­ni­tari che si sono dispie­gati negli ultimi trenta anni, mostrano, alla prova dei fatti, i limiti strut­tu­rali e poli­tici di que­sto tipo di alter­na­tiva. Ciò non signi­fica, tut­ta­via, negare la rile­vanza dell’analisi di Gorz, la cui imma­gi­na­zione di pos­si­bili futuri al di là della logica capi­ta­li­stica della cre­scita e del pro­fitto con­ti­nua a pre­ser­vare una for­tis­sima attua­lità ed uti­lità ana­li­tica e politica.

Fonte: il manifesto 

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