La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 29 settembre 2015

È il papa che tira la sinistra per la giacca

di Giuseppe Buondonno
È sicu­ra­mente pre­ma­turo anche solo un primo bilan­cio del Pon­ti­fi­cato di Ber­go­glio; se non altro per­ché ogni giorno egli apre un nuovo fronte. Ma non è, forse, troppo pre­sto per indi­vi­duarne una linea decisa e coerente.
Se met­tiamo in fila alcuni (solo alcuni) dei pas­saggi salienti di que­sto breve periodo, il corpo sostan­zioso di que­sta svolta emerge con chia­rezza. Dal discorso al Par­la­mento euro­peo, incen­trato sulla subal­ter­nità della poli­tica alla finanza, agli scos­soni alla gerar­chia eccle­sia­stica su que­stioni sen­si­bili sul piano dot­tri­na­rio, eco­no­mico e del potere; dal nesso tra que­stione eco­lo­gica ed ingiu­sti­zia sociale, nella Lau­dato Sii, alla con­danna, nel viag­gio a Cuba, della società del descarte, alla forza poli­tica e morale, nelle diverse corde toc­cate, al Con­gresso ame­ri­cano e alle Nazioni Unite. Fino alla sfida chiara — per quanto sot­tile — a chi lo accusa di essere troppo di sini­stra; negan­dolo, come è giu­sto che sia, ma non rin­ne­gando la sostanza etica, dun­que anche sto­rica, delle sue posi­zioni. Il pro­filo, sem­pre più chiaro, è quello di una cri­tica del capi­ta­li­smo libe­ri­sta e dei pro­cessi di mer­ci­fi­ca­zione della natura, delle società e delle rela­zioni umane.
Mai, non un teo­logo della libe­ra­zione o un prete pro­gres­si­sta, ma un Papa, si era spinto su un ter­ri­to­rio così espli­ci­ta­mente ana­li­tico delle radici mate­riali dell’ingiustizia e delle pro­spet­tive di distru­zione del pia­neta; e delle rela­zioni tra esse; indi­vi­duate non più solo in una gene­rica crisi di valori, ma nell’affermazione del prin­ci­pale valore capi­ta­li­stico, la cen­tra­lità della merce e del denaro, rispetto alla dignità degli esseri umani.
Il fatto è che que­sto Papa (e la sua stessa ele­zione, frutto pro­ba­bil­mente, di un con­flitto espli­cito), con la forza di chi può — ma anche sa — par­lare al mondo con­tem­po­ra­neo, esprime la con­sa­pe­vo­lezza intel­let­tuale del disa­stro sociale e bio­lo­gico, pre­sente e futuro; e dice, urbi et orbi, che non ci sarà spa­zio per nes­suna etica uni­ver­sa­li­stica nel mondo che si prepara.
Sem­bra espri­mere la con­sa­pe­vo­lezza piena della tor­sione radi­cale che il con­flitto glo­bale ha assunto e che il capi­ta­li­smo neo­li­be­ri­sta inter­preta coe­ren­te­mente, in assenza, su quella scala ed a quei livelli, di una alter­na­tiva uma­na­mente accet­ta­bile. Sem­bra dirci (anzi, a Stra­sburgo e all’Onu ci ha detto espli­ci­ta­mente) che con la demo­cra­zia, que­sto modello di svi­luppo spaz­zerà via ogni altra pro­spet­tiva di uma­niz­za­zione; e quando, nelle pre­ce­denti tappe in Ame­rica Latina, ha fatto rife­ri­mento alle lotte degli indios e dei popoli, per la loro iden­tità e per la terra, ha espresso con chia­rezza un mes­sag­gio di legit­tima con­trap­po­si­zione alle logi­che del mer­cato; ma ha anche lan­ciato un grido di allarme, uno sti­molo a chi deve opporsi. E, credo, occorra fare uno sforzo in più per cer­care i ter­reni etici e con­creti di uno sguardo diverso ma comune al con­flitto in atto; senza cor­to­cir­cuiti, ma anche senza troppe timidezze.
Ho scritto, mesi fa, che non è né giu­sto né sen­sato, “tirare la giacca” ad un Papa; ma l’impressione che traggo ora, da que­sti suoi atti, è che sia lui a tirarla a noi. Non ci inse­gnerà lui la cri­tica del capi­ta­li­smo, potrebbe dire qual­cuno, e con qual­che ragione (ma anche con un po’ di pre­sun­zione). Quello, però, che pos­siamo fare è ricor­dare, o meglio, impa­rare di nuovo nel mondo glo­bale, come si fa a par­lare, influen­zare, mobi­li­tare grandi masse di uomini e donne. Per­ché, se a livello di massa, la cri­tica del capi­ta­li­smo, delle sue strut­ture sociali e della vita quo­ti­diana che deter­mina, è pre­ro­ga­tiva di un Papa, la sini­stra, ad ogni lati­tu­dine, una scossa deve comin­ciare a darsela.

Fonte: il manifesto 

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