La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 28 settembre 2015

Il Congresso Labour, gli «oooh» della stampa liberal e l’eterodossia di Corbyn

di Leonardo Clausi
A poco di più di due set­ti­mane dall’elezione tel­lu­rica che ha fatto pre­ci­pi­tare la lea­der­ship del par­tito labu­ri­sta nel grembo di Jeremy Cor­byn, si è aperto ieri a Brighton l’annuale con­gresso del par­tito. Si con­clu­derà mercoledì.
Due set­ti­mane in cui gli oooh e aaah della stampa liberal-moderata, nazio­nale e non, hanno con­ti­nuato a sca­te­narsi ogni­qual­volta l’eterodossia del Corbyn-pensiero sullo sta­tus bri­tan­nico di potenza monarchico-costituzionale nuclea­riz­zata supe­rava il livello di guar­dia. E biso­gna ammet­tere, feli­ce­mente, che lo supera spesso.
Al momento sono quat­tro i temi più urgenti da far abiu­rare a que­sto ere­tico ele­vato al soglio labu­ri­sta, la cui rot­tura con i depu­tati del Par­lia­men­tary Labour Party è pres­so­ché insa­na­bile: il primo è la sostituzione-rinnovo del sistema mis­si­li­stico Tri­dent, alla quale il paci­fi­sta Cor­byn si è sem­pre dichia­rato contrario.
E qui in disac­cordo col segre­ta­rio non è solo con l’ancora inton­tita ala cen­tri­sta del par­tito, ma anche, visto il con­tri­buto pre­pon­de­rante dell’industria bel­lica all’economia nazio­nale, con due impor­tanti sin­da­cati come Unite e il GMB, con­trari entrambi all’abbandono del pro­gramma nucleare per la rica­duta che que­sto avrebbe a livello occu­pa­zio­nale.
Tri­dent non sarà comun­que dibat­tuto in que­sto con­gresso e il segre­ta­rio lascerà i pro­pri depu­tati liberi di votare in aula secondo coscienza.
Il secondo è la vexa­tis­sima quae­stio dell’appartenenza all’Ue. Se nella pre­ce­dente gestione cen­tri­sta il filoeu­ro­pei­smo del par­tito labu­ri­sta non è mai stato in discus­sione, Cor­byn ha avuto in pas­sato posi­zioni mode­ra­ta­mente euro­scet­ti­che. Que­sto ha por­tato a forti pal­pi­ta­zioni, fin quando il lea­der non si è pre­mu­rato di ras­si­cu­rare tutti che il par­tito con­ti­nuerà a soste­nere la per­ma­nenza nell’unione.
Lunedì i dele­gati vote­ranno se fis­sare o meno una con­fe­renza straor­di­na­ria qua­lora le con­trat­ta­zioni di David Came­ron a Bru­xel­les – su cui il pre­mier intende cemen­tare la cam­pa­gna per non lasciare l’Europa – abbiano rica­dute nega­tive sui diritti dei lavo­ra­tori bri­tan­nici tali da rin­for­zare l’euroscetticismo nel partito.
Il wel­fare: Cor­byn ha costruito la sua vit­to­ria su una piat­ta­forma indi­scu­ti­bil­mente anti­au­ste­rity, che si oppone ai tagli ai sus­sidi senza se e senza ma: che invece abbon­dano nella posi­zione del suo mini­stro ombra del lavoro Owen Smith, che agli stessi tagli si è detto non del tutto contrario.
C’è poi la que­stione siriana, che sarà affron­tata da un’assemblea pre­sie­duta dal segre­ta­rio forse più paci­fi­sta che il Labour Party abbia mai avuto. Il “Guar­dian” sostiene che al con­gresso ci sarà la pos­si­bi­lità di votare sulla linea da tenere rispetto ai bom­bar­da­menti anti-Isis in Siria, inter­vento che i fran­cesi hanno appena effet­tuato, che Came­ron scal­pita per farsi appro­vare e con­tro il quale già Ed Mili­band aveva votato mesi fa.
Ma quello che ancora salta agli occhi, con­di­viso da pres­so­ché tutti gli osser­va­tori, è l’aria del tutto diversa che si respira a que­sto con­gresso. Come quelli degli altri par­titi di regime, i con­gressi Labour sono diven­tati sem­pre più delle ker­messe spettacolar-pubblicitarie all’americana, dove la linea della lea­der­ship viene som­mi­ni­strata per bocca alla dis­si­denza in mezzo a sor­risi fluo­re­scenti e fan­fare indie rock e nel nome di una fac­ciata uni­ta­ria con cui sfon­dare i dubbi dei dis­sen­zienti interni e il cini­smo dell’elettorato in generale.
Que­sta volta non sarà così. Cor­byn, il per­sua­sore anti-autocrate, intende ripor­tare il con­gresso a quello che era: un luogo di dibat­tito, dove ascol­tare tutte le diverse anime del par­tito. Com­presa natu­ral­mente la mino­ranza, di cui è stato un inte­ger­rimo cori­feo per trent’anni e i cui prin­cipi molti temono abban­do­nerà pur di non spa­ven­tare ulte­rior­mente l’elettorato moderato.

Fonte: il manifesto 

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