La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 29 settembre 2015

Il Quantitative easing? «Arricchisce solo i ricchi: meglio fare bonifici da 8mila euro a tutti»

di Enrico Marro
Con i loro quantitative easing le banche centrali di mezzo mondo hanno fatto diventare i ricchi ancora più ricchi. A lanciare la provocazione non è l’esponente di un partito trotzkista in cerca di attenzione (non rappresenterebbe una notizia) ma uno dei più potenti hedge funds manager d’Europa: Paul Marshall, che con la sua “Marshall Wace” da Londra gestisce circa 22 miliardi di dollari (cifra di non molto inferiore alla manovra di Renzi). Con una lettera al Financial Times, il turbocapitalista britannico è entrato con la leggerezza di un bisonte nel dibattito sull’efficacia dei vari Qe mondiali, sempre più controversi perché fanno sentire i loro effetti molto sulla finanza (e sui portafogli dei più facoltosi) e molto meno sull’economia reale (e sui portamonete dei meno abbienti). Oltre a essere qualche volta completamente inutili, come mostra per esempio il caso del Giappone, che dopo aver stampato montagne di denaro si ritrova in deflazione e recessione.
Marshall ripercorre le nobili motivazioni delle politiche monetarie non convenzionali: in primo luogo, ridare fiato all’economia mantenendo solida l’offerta di moneta destinata al sistema bancario, in modo da evitare una contrazione del credito simile a quella degli Anni trenta.
Tutto vero, dice il finanziere britannico, ma la realtà - molto più prosaica - è che l’acquisto di titoli di Stato da parte delle banche centrali fa lievitare tutti gli altri asset, dall’azionario all’immobiliare. In questo modo a beneficiare dei vari quantitative easing è il mondo finanziario, «che ha un grande debito verso i Qe»: i banchieri con i loro ricchi bonus, i gestori di hedge funds come lo stesso Marshall, ma anche il real estate, che negli Stati Uniti è rimbalzato del 50% dai minimi post Lehman (l’Italia come sappiamo sul mattone vive un altro film).
Le banche centrali hanno poi anche altri obiettivi, ricorda il finanziere della City, a partire dall’indebolimento delle rispettive valute. Discorso a parte è il Qe di Draghi, che secondo Marshall rappresenta un colossale «schema Ponzi» (citazione testuale) architettato dalla Bce per distorcere ad arte il mercato obbligazionario europeo a tutto vantaggio degli indebitatissimi e stagnanti Paesi europeriferici. Ogni riferimento all’Italia non sembra puramente casuale.
Oltre a arricchire i ricchi, la droga monetaria delle banche centrali ha poi creato dipendenza, come ha sottolineato tra gli altri Alberto Gallo di RBS in uno studio di qualche giorno fa intitolato “Il paradosso infinito del Qe”. Eh sì, perché lo schema - illustrato plasticamente anche in forma grafica da RBS - è il seguente: il Qe porta a tre effetti collaterali poco desiderabili, cioè una pessima distribuzione della ricchezza, una minor produttività e una serie di crescenti bolle finanziarie difficili da gestire. Quando i nodi vengono al pettine, come se ne esce? Con pesanti e impopolari riforme strutturali, oppure (l’avrete già capito) con un altro bel Qe nuovo di zecca, che dà un calcio alla lattina rimandando il problema. La droga monetaria continua così a fluire nelle vene dei soliti noti di cui sopra, allargando ulteriormente la “forbice” tra ricchi e poveri.
Lo strabismo tra i fuochi d’artificio della finanza di Wall Street (con l’indice S&P500 triplicato in sei anni) e il cerino in mano dell’economia reale di Main Street (che cresce a ritmi molto più blandi) è evidente. Sarebbe stato meglio iniettare direttamente il denaro fresco di stampa su grandi progetti infrastrutturali, sottolinea Marshall. Oppure, aggiunge sparando una somma provocazione per un banchiere della City, si potrebbe fare un nuovo tipo di Qe: un bel bonifico direttamente nei conti correnti di ogni singolo cittadino. Per il Regno Unito si tratterebbe di 5800 sterline (quasi 8mila euro) a persona, neonati compresi. Funzionerebbe? Non si sa, sorride Marshall, ma almeno sarebbe più giusto.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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