di Riccardo Chiari
La banda delle quattro colpisce ancora. Si va dalle vicissitudini dei correntisti truffati dalla vecchia Banca Etruria, allo stato di insolvenza — leggi fallimento — deciso dal tribunale di Ferrara nei confronti della vecchia Cassa di risparmio estense, finita in liquidazione coatta con un buco, solo debitorio, di 467 milioni. Anche in questi casi, a colpire sono le modalità con cui da una parte sono state concesse enormi linee di credito ad alcuni gruppi finanziari e imprenditoriali, per operazioni che si sono rivelate fallimentari. Mentre dall’altra parte, per coprire le falle, sono state emesse azioni e obbligazioni subordinate da vendere a pioggia, “consigliate” a correntisti il più delle volte ignari di quello che andavano a comprare.
Su questo versante è da scuola il caso di Elda Delfini, 92 anni, che ha perso 75mila euro in azioni e sub-obbligazioni della Bpel, e che ieri mattina insieme ai figli si è presentata di persona alla procura di Arezzo per presentare il suo esposto. “A inizio ottobre 2013 – ha raccontato l’anziana signora di Foiano della Chiana uscita dal palagiustizia aretino — mi consigliarono di sostituire i bot con le obbligazioni subordinate (quelle al 5% di rendita, ndr), e mi fecero anche prendere cento azioni, perché altrimenti l’operazione non si poteva fare. Io avevo 75mila euro, i risparmi di una vita, e mi dissero che così sarebbero stati più sicuri. Ora sono a presentare l’esposto con mio figlio Domenico, che segue la questione, e con mia nipote che è avvocato, per chiedere giustizia e riavere i miei soldi”.
La denuncia è stata raccolta dal pool di magistrati, coordinato dal procuratore Roberto Rossi, che sta esaminando caso per caso le oltre 200 denunce presentate da singoli risparmiatori, nell’ambito del filone di inchiesta sulla vecchia Etruria che riguarda la truffa a danno dei correntisti. Certo il lavoro non manca alla procura aretina — attesa dai primi provvedimenti per la bancarotta fraudolenta della Bpel — così come rischia di andare in super-allenamento la procura di Ferrara, dove il crack della vecchia Cassa di risparmio è stato quantificato, solo per i debiti, in 467 milioni.
Lo stato di insolvenza apre la strada della bancarotta fraudolenta a carico degli ex amministratori dell’istituto. Già nei guai, peraltro, dopo che i commissari straordinari (di Bankitalia) e poi liquidatori Blandini e Capitanio hanno chiesto 100 milioni di danni per un buco di 309 milioni in operazioni immobiliari in Lombardia. Al tempo stesso, ben più della promesse del governo, la bancarotta offre una piccola speranza ai 4mila sub-obbligazionisti che avevano investito oltre 34 milioni in CariFerrara. Clienti che si sono ritrovati, come i 27mila azionisti, con un pugno di mosche. Triste destino per una cassa di risparmio florida e vecchia di due secoli, messa al tappeto in poche stagioni da operazioni disastrose che per giunta, dicono i giudici d’appello milanesi, erano truffaldine. Con l’effetto collaterale di inutili maxi ricapitalizzazioni che, ancor prima del commissariamento di Bankitalia, avevano già tosato il parco buoi dei risparmiatori.
Al di là dei (numerosi) casi di malaffare, è comunque lo stato di salute del sistema bancario – e quindi del sistema Italia — a preoccupare tanti. Fra questi la Cgil, pronta a ricordare: “Nel 2008 le sofferenze lorde erano 43 miliardi, nel 2015 hanno superato i 200 miliardi. Come capitalizzazione l’intero sistema valeva 261 miliardi nel 2007, oggi ne vale 54”. Il sindacato di Corso Italia ha presentato ieri il manifesto della “Buona Finanza”, e Susanna Camusso non è stata tenera con la cosiddetta vigilanza: “Ci sono anche responsabilità della Consob, che ha scelto di non vedere, e il cui vertice andrebbe sostituito al più presto”. Da parte sua, Agostino Megale che guida la Fisac ha puntato il dito sui manager: “Le responsabilità sono interamente loro, il 99,9% dei lavoratori ha lavorato correttamente”. Ma, certo, nei contratti di settore degli ultimi vent’anni, hanno sempre prevalso le variabili che premiano “chi fa risultato”. Aprendo una strada piena di curve e molto, molto scivolosa.
Fonte: il manifesto
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