di Antonio Mazzeo
“Il campo di battaglia del futuro sarà popolato da un numero inferiore di esseri umani. Quelli sul campo di battaglia, però, avranno capacità fisiche e mentali superiori: avranno una migliore percezione dell’ambiente e saranno più forti, intelligenti e potenti. Combatteranno fianco a fianco ai Killer Cacciatori Automatizzati di vario genere”. Così scrivono il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e l’US Army Research Lab, il laboratorio di ricerca scientifica dell’esercito Usa, nel report Visualizing the Tactical Ground Battlefield in the Year 2050 (pubblicato il 25 luglio 2015) che prefigura le modalità di conduzione della guerra terrestre entro la metà del XXI secolo. Battaglie che saranno combattute da robot assassini e Super-Umani, “macchine da guerra spaventose ed inarrestabili, corazzate e dotate di armi laser…”.
Mostruosi non esseri viventi (o quasi) capaci però di distruggere ogni essere vivente, armati di leeches (letteralmente sanguisughe), “velivoli senza pilota che saranno lanciati dall’operatore verso una fonte di energia…”.
Mostruosi non esseri viventi (o quasi) capaci però di distruggere ogni essere vivente, armati di leeches (letteralmente sanguisughe), “velivoli senza pilota che saranno lanciati dall’operatore verso una fonte di energia…”.
La iperdronizzazione delle guerre future è perseguita anche dalla Marina e dall’Aeronautica militare: quest’ultima, in particolare, ha predisposto da anni un cronogramma che fissa il 2048 come l’anno in cui i conflitti saranno automatizzati al 100% e gli ordini di attacco giungeranno da un network di computer e sistemi di intelligenza artificiale, satelliti, terminali di telecomunicazione, velivoli senza pilota e armi nucleari, assolutamente indipendente dal controllo umano. Entro i prossimi cinque anni, l’US Air Force diverrà già la più grande forza da combattimento UAV (unmanned aerial vehicle) del pianeta. Oltre tre miliardi di dollari d’investimenti per dotarsi di ben 17 squadroni di superdroni da dislocare prevalentemente nella basi aeree di Beale (California), Davis-Monthan (Arizona), Pearl Harbor (Honolulu) e Langley Newport (Virginia).
La progettazione e sperimentazione di micidiali sistemi di distruzione di massa e robot killer procede inarrestabile in tutto il mondo, mentre le dottrine strategiche si uniformano allo scopo di estromettere prima possibile i militari in carne ed ossa dalle catene decisionali in tempo di guerra. Le armi letali del tutto automatizzate sono definite in termine tecnico-militare “LAR” (Lethal Autonomous Robotics). “Se utilizzati, i LAR possono avere conseguenze di enorme portata sui valori della società, soprattutto quelli riguardanti la protezione della vita, e sulla stabilità e la sicurezza internazionale”, ha denunciato il Consiglio per i Diritti Umani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in un rapporto speciale pubblicato il 9 aprile 2013. “Essi non possono essere programmati per rispettare le leggi umanitarie internazionali e gli standard di protezione della vita previsti dalle norme sui diritti umani. La loro installazione non comporta solo il potenziamento dei tipi di armi usate, ma anche un cambio nell’identità di quelli che li usano. Con i LAR, la distinzione tra armi e combattenti rischia di divenire indistinto”, aggiunge il report Onu. “Raccomandiamo agli Stati membri di stabilire una moratoria nazionale sulla sperimentazione, produzione, assemblaggio, trasferimento, acquisizione, installazione e uso dei Lethal Autonomous Robotics, perlomeno sino a quando non venga concordato a livello internazionale un quadro di riferimento giuridico sul loro futuro”. Ovviamente l’appello non è stato accolto da nessun paese.
I droni-killer protagonisti delle sanguinose incursioni Usa nei principali scacchieri di guerra internazionali sono i “Predator”. Nonostante siano dotati di sofisticatissime tecnologie di telerilevamento, essi non sono in grado di distinguere i “combattenti” nemici dalla popolazione inerme. Dall’autunno del 2012 alcuni di questi droni dell’US Air Force vengono ospitato nella stazione aeronavale siciliana di Sigonella, sulla base di un’autorizzazione top secret del Ministero della difesa italiano. Anche l’Aeronautica militare italiana, prima in tutta Europa, ha acquistato i “Predator” statunitensi; l’1 marzo 2002, nella base aerea di Amendola (Foggia), è stato costituito il 28° Gruppo Ami per condurre le operazioni aeree con i velivoli teleguidati. Il battesimo di fuoco dei droni italiani è avvenuto in Iraq nel gennaio 2005, nell’ambito della missione “Antica Babilonia”. Nel maggio 2007 i Predator sono stati trasferiti pure nella base di Herat, sede del Comando regionale interforze per le operazioni in Afghanistan. Nel corso delle operazioni belliche contro la Libia di Gheddafi della primavera-estate 2011, i velivoli a pilotaggio remoto dell’Aeronautica italiana hanno avuto un ruolo chiave nelle operazioni d’intelligence della coalizione internazionale a guida Usa.
Negli ultimi due anni due velivoli-spia sono stati schierati a Gibuti, Corno d’Africa, nell’ambito della missione antipirateria dell’Unione Europea “Atalanta”, mentre nello scalo aereo di Kuwait City sono stati rischierati due droni appositamente riconfigurati per operare con la coalizione internazionale anti-Isis in Iraq e Siria.
Sino ad oggi ai “Predator” sono state assegnate solo missioni d’intelligence e riconoscimento; lo scorso anno, però, l’Italia ha ottenuto dal Congresso degli Stati Uniti l’autorizzazione ad armare i propri droni con 156 missili AGM-114R2 Hellfire II prodotti da Lockheed Martin, 20 GBU-12 (bombe a guida laser), 30 GBU-38 JDAM ed altri sistemi d’arma. L’Italia sarà così uno dei primi paesi Nato a disporre di spietati droni-killer e il primo teatro operativo potrebbe già essere nei prossimi mesi quello libico.
Nel campo dei velivoli senza pilota, l’Italia si è conquistata una leadership in ambito internazionale. Nei piani delle forze armate Usa e Nato, la base di Sigonella è destinata a fare da vera e propria capitale mondiale dei droni, cioè in centro d’eccellenza per il comando, il controllo, la manutenzione delle flotte di UAV chiamati a condurre i futuri conflitti globali. Oltre ai “Predator”, dall’ottobre 2010 Sigonella ospita pure tre-quattro aeromobili teleguidati da osservazione e sorveglianza RQ-4B “Global Hawk” dell’US Air Force. Alla iperdronizzazione delle guerre si preparano pure i paesi membri dell’Alleanza Atlantica. Entro la fine del 2016 sarà pienamente operativo il programma denominato Alliance Ground Surveillance (AGS) che punta a potenziare le capacità d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento della Nato nel Mediterraneo, nei Balcani, in Africa e in Medio oriente. Il sistema AGS verterà su una componente aerea basata su cinque velivoli a controllo remoto “Global Hawk” versione Block 40, che saranno installati anch’essi a Sigonella. Nella stazione siciliana, dove nei prossimi mesi giungeranno 800 militari dei paesi Nato, funzionerà il centro di coordinamento e controllo dell’AGS in cooperazione con i “Global Hawk” Usa. Sigonella è stata prescelta infine come base operativa avanzata del sistema aereo senza pilota (UAS) MQ-4C Triton, anch’esso basato sulla piattaforma del “Global Hawk” acquistati dalla Marina militare Usa.
Le società Piaggio Aereo Industries e Selex Es (Finmeccanica) utilizzano dal novembre 2013 la base del 37° Stormo dell’Aeronautica militare di Trapani Birgi per i test di volo del dimostratore P.1HH DEMO, il nuovo aereo a pilotaggio remoto “HammerHead” (Squalo Martello) che sarà consegnato all’Italia nei primi mesi del 2016. In Sardegna, l’aeroporto di Decimomannu e il grande poligono militare di Perdasdefogu (Ogliastra) sono stati utilizzati invece per sperimentare il prototipo di robot-killer volante nEUROn, l’aereo senza pilota da combattimento coprodotto da Italia, Francia, Svezia, Spagna, Svizzera e Grecia. Il nEUROn è il primo aereo europeo a pilotaggio remoto dotato di materiali con accentuate caratteristiche stealth che gli consentiranno di penetrare nello spazio aereo nemico senza essere individuato e operare a tutti gli effetti come una spietata macchina-killer per colpire e uccidere a distanza grazie agli ordigni di precisione per gli attacchi aria-suolo a guida laser da 250 kg. Al programma nEUROn partecipa in qualità di capofila con una quota del 50% il consorzio francese composto da Dassault Aviation, Thales e EADS-France; ci sono poi l’italiana Alenia Aermacchi (Finmeccanica), la svedese SAAB, la spagnola EADS-CASA, la greca EAB e la svizzera RUAG. La pazza corsa ai droni e ai robot killer è innanzitutto il più grande affare della storia del complesso militare-industriale e finanziario transnazionale.
Articolo pubblicato in “Speciale Guerra e Pace” di Dieci e Venticinque, n. 29, gennaio 2016
Fonte: Contropiano
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.