di Leonardo Croatto
Quando parte la ricostituzione della sinistra si moltiplicano gli appelli di singoli, gruppi, sigle, collettivi e anonimi per stimolare o arricchire il processo.
Il contenuto politico degli appelli oscilla dal totalmente assente al molto vago (per timore di spaventare gli animi più sensibili ai termini troppo espliciti della militanza, sospetto). A volte l'appello assume toni puramente emotivo-motivazionali, perdendo qualsiasi connotazione chiaramente schierata.
Gli appelli per l'unità della sinistra sono un genere letterario a sé stante, che ha vissuto una sua evoluzione nel tempo.
Devo dire che, mentre riuscivo a decifrare quelli che, fino a qualche anno addietro, venivano elaborati da compagni di formazione politico-culturale classica, le ultime produzioni, e in particolare quelle delle nuove generazioni (compagni ad alta scolarizzazione, alta frequentazione dei linguaggi dei nuovi media e background molto movimentista e poco o per nulla partitico) mi risultano molto più difficilmente comprensibili.
Devo dire che, mentre riuscivo a decifrare quelli che, fino a qualche anno addietro, venivano elaborati da compagni di formazione politico-culturale classica, le ultime produzioni, e in particolare quelle delle nuove generazioni (compagni ad alta scolarizzazione, alta frequentazione dei linguaggi dei nuovi media e background molto movimentista e poco o per nulla partitico) mi risultano molto più difficilmente comprensibili.
Nel vuoto di contenuti che definiscono la proposta politica reale in termini chiari, navigare quei documenti diventa al meglio un esercizio di decodificazione (“che intendono con 'ste espressioni incomprensibili?”), al peggio semplicemente il riconoscimento di una affinità emozionale ed affettiva, nella totale assenza di punti di ancoraggio eminentemente politici. Ho firmato un discreto numero di appelli per l'unità della sinistra senza capire assolutamente dove volevano andare a parare, solo perché volevo bene agli autori.
Perché no, “ricostruire la sinistra” non è un progetto politico chiaro. Il primo problema di tutti gli appelli per la ricostituzione della sinistra che ho letto è che non si capisce affatto cosa sia la sinistra di cui parlano. E siccome non si capisce cosa si vuol fare esattamente, risulta ancora meno chiaro capire come lo si voglia fare.
Questa mia è quindi una richiesta di aiuto agli scrittori di appelli per l'unità della sinistra: vi prego, interrompete questomeccanismo perverso di convoluzione del linguaggio e smaterializzazione dei concetti! Fatelo per quelli come me che sono poco colti e poco intelligenti, che hanno bisogno di pochi concetti semplici, che in un'appello per l'unità della sinistra vogliono capire con chiarezza cosa si vuol fare e come lo si vuol fare, dove si vuole andare, per quale strada e con quali mezzi. Sempre più spesso oramai l'esercizio di decifratura del linguaggio e di disseppellimento dei concetti mi restituisce un appello per la ricostituzione di una cosa che non capisco cosa sia, ma che non assomiglia molto alla sinistra che m'immagino io.
Per essere più chiaro provo a mettere in fila un po' di quelle cose che mi creano maggior confusione (in due o tre puntate, mi dicono dalla redazione che lo sproloquio è troppo lungo per un solo articolo), sperando che queste note risultino utili agli scrittori di appelli per l'unità della sinistra per le loro composizione future.
Cos'è la sinistra (e cosa è la destra). A me destra e sinistra appaiono due concetti chiarissimi: sono due modi di interpretare, a livello quasi istintivo, non razionale, le dinamiche relazionali tra persone e come queste dinamiche influenzano i rapporti sociali. Credo che la definizione corretta per questi strumenti sia “cornici interpretative”.
A me pare che funzioni, in estrema sintesi, come segue: Chi pensa di destra ritiene che esistano dei Valori (obbligatoriamente con la maiuscola) che godono della seguente proprietà: costruendo un gruppo sociale selezionando solo persone che condividono quei Valori, quel gruppo sociale non sarà attraversato da conflitti. All'opposto, chi pensa di sinistra ritiene che, comunque vengano mescolate le persone, comunque vengano selezionate, qualunque sia la dimensione di un gruppo sociale, all'interno di questo gruppo si avranno sempre situazioni di conflitto tra i suoi membri. Facilissimo.
Questi due modi di interpretare le relazioni tra persone si concretizzano nei contenuti delle dottrine politiche, nel modo di gestire situazioni di conflitto reali, nel modo di leggere, interpretare e proporre soluzioni ai problemi.
Da questi due modi di pensare discendono le ragioni per cui alla destra piacciono i muri e le carceri e alla sinistra i metodi di inclusione, perché la sinistra elabora dottrine politiche che prevedono la riduzione delle differenze (per minimizzare le cause di conflitto tra le persone) mentre la destra non ha alcun problema con i sistemi verticali (se condividi i nostri Valori allora accetti anche che in nome di questi uno comandi e uno obbediscca, uno sia ricco e uno sia povero), perché alla sinistra piace solo il sistema elettorale proporzionale puro mentre alla destra piacciono presidenzialismi e sistemi maggioritari, perché alla destra piacciono le bandiere e gli stati mentre alla sinistra stanno antipatici tutti i confini, perché alla destra piace il capitalismo e alla sinistra piace il socialismo, perché alla sinistra piace lo stato e alla destra il mercato e via declinando... Alla fine, una volta capito bene come funzionano questi due modi profondi di leggere le cose che accadono non ci dovrebbe essere alcun dubbio su cosa è sinistra e cosa è destra. Io, almeno, in testa ho tutto chiarissimo.
Quindi, visto che il concetto generale mi pare piuttosto chiaro, com'è che negli appelli all'unità della sinistra non capisco mai dove si voglia andare a parare? Com'è che, decifrando quelle frasi intricate, a volte sembra venir fuori che per gli autori cambiare radicalmente il nostro modello di società non è proprio così urgente? Che alla fine il libero mercato non è poi così male (basta farlo funzionare bene, alla keynesiana magari), che il capitalismo è tranquillamente gestibile, che basta il welfare (ancorché aggettivato, “inclusivo” magari) per tutelare i più deboli, che l'accumulo di ricchezza è mitigabile con strumenti redistributivi, che lotteremo l'estensione dei diritti, che rivogliamo il mutualismo, che lo scopo dell'unità della sinistra è vincere la prossima elezione, che vogliamo realizzare un sacco di ottimi piccoli progetti ma non cambiare alla radice i rapporti sociali?
Qualcosa non mi quadra. Per come l'ho capita io, la sinistra ha un solo obbiettivo: realizzare una società di liberi ed eguali, in cui il lavoro di tutti serva a contribuire, secondo le possibilità di ognuno, al benessere della collettività e non a costruire la propria ricchezza personale.
Nel modello di società che ci candidiamo a costruire non dovrebbe esistere una questione di estensione di diritti né di redistribuzione della ricchezza e neanche di tutela economica dei più poveri, perché gli elementi di disparità che questi strumenti mitigano sono proprio quelli che ci dovremmo candidare a eliminare del tutto. Se chiediamo uguaglianza vuol dire che vogliamo curare la malattia, se chiediamo redistribuzione vuol dire che al meglio ci candidiamo a mitigarne i sintomi, lasciando il corpo malato.
Ecco, questa cosa dell'uguaglianza non la vedo mai scritta in maniera trasparente, non mi pare che gli estensori di documenti per l'unità della sinistra siano così chiari sul fatto che noi si voglia l'abbattimento del capitalismo, dello stato classista e che vogliamo costruire una società egualitaria.
Grandi campioni del welfare sono stati Bismarck e Beveridge, personaggi che con la sinistra non avevano niente a che fare. I grandi sostenitori della gestione responsabile del capitalismo, della redistribuzione della ricchezza (fatto salvo il libero mercato) sono i socialdemocratici (quelli che hanno fatto ammazzare Rosa Luxemburg e i suoi compagni, per capirsi), dai quali ci aveva già messo in guardia Gramsci all'inizio del secolo scorso.
Se la sinistra è quella cosa che ho descritto all'inizio (e sono abbastanza certo di non sbagliarmi), allora stare nella stanza dei bottoni del libero mercato a gestire come i ricchi si arricchiscono e come i poveri si impoveriscono non è compatibile con la definizione.
E quindi, dopo aver finito di leggere l'ennesimo appello per l'unità della sinistra, dopo aver tentato di decifrarne la prosa complicata e di dare senso a quel vocabolario astruso, finisco tutte le volte a chiedermi se sono io che non capisco nulla o se sono gli autori a non avere affatto le idee chiare.
[segue...]
Fonte: Il Becco
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