di Piero Bevilacqua
Credo non sia inutile ritornare sui temi e le riflessioni che ho svolto nell’articolo dedicato ai saperi nell’Italia di oggi e pubblicato sul manifesto il 28 gennaio. E per più ragioni.
Intanto perché esso è stato seguito da numerosi contributi, che hanno arricchito e resa più ampia la discussione. Ignazio Masulli, Tonino Perna, Enzo Scandurra, Laura Marchetti, Paolo Favilli, Pasquale Voza, Marcello Buiatti, Antonio Floridia, Aldo Carra sempre su questo giornale, ciascuno con angolazioni disciplinari e approcci diversi, hanno mostrato il rilievo di prim’ordine che assume il tema in questa fase storica.
La condivisione sostanziale delle loro argomentazione mi esime dall’obbligo di dialogare con loro per dedicarmi con più agio a chiarire meglio il senso di quel mio intervento e dell’insolita cartografia che lo accompagnava.
Solo una breve osservazione devo pur svolgere a proposito dell’obiezione più seria che gli amici mi hanno mosso: quella di Tonino Perna, il quale ha ricordato che entro un ambito di critica al neoliberismo si possono collocare e si collocano anche militanti di destra.
Un giusto rilievo che mi consente di ricordare – fugando una delle perplessità emerse in alcuni ambienti della sinistra all’uscita dell’articolo – che la proposta resta, volutamente, in un ‘ambito teorico-culturale.
Nessuna velleità di creare “azioni parallele” rispetto alla politica in corso. Solo un modesto tentativo di mettere in piedi un laboratorio di discussione e confronto. E in tale ambito l’essere di destra o di sinistra ( ma io non sono un “post-politico”, sono un uomo di sinistra!) contano fino a un certo punto.
Sul piano delle idee possono esserci generosi progressisti incapaci di un solo moto di creatività e conservatori in grado di guardare con profondità i limiti sistemici del capitalismo. Senza scomodare qui Nietzsche – il “ribelle aristocratico” come lo definisce Domenico Losurdo – visto che di Nietzsche se ne vedono pochi in giro, val la pena di ricordare almeno che molto ambientalismo, avanguardia del rinnovamento culturale contemporaneo, per esempio negli Usa e in Germania, ma anche in Italia, è nato in ambienti moderati o conservatori.
Una delle obiezioni più frequenti che sono state mosse alle lunghe liste di nomi che ho cercato di comporre, è che avrei dovuto preliminarmente informare i diretti interessati, farmi autorizzare a scrivere i loro nomi e a collocarli in quell’ambito.
Potrei rispondere che la semplice lettura delle prime dieci righe del mio articolo sarebbe stata sufficiente per comprendere lo spirito della mia proposta, senza creare irritazioni e reazioni allergiche di varia natura.
E tuttavia è utile rispondere più specificamente a tale pretesa. Neppure ho tentato di affidare compiti e ruoli a chicchessia. Quella carta approssimativa — ho dovuto privilegiare l’Università per delimitare un campo altrimenti ingovernabile — serviva soprattutto a mostrare al pubblico dei lettori delmanifesto l’ampiezza e la varietà delle culture che in Italia si possono collocare in un ambito di critica al neoliberismo.
Voleva essere, pur nella sua consapevole parzialità, la registrazione di una potenzialità culturale e intellettuale che rimane dispersa e scarsamente operosa in assenza di in grande collettore politico. Ma col fine modesto, non di surrogare, ma di aiutare in qualche modo, sul versante teorico-culturale, la formazione di tale indispensabile collettore.
Naturalmente, dalla descrizione dell’esistente, la mappa dei nomi, all’organizzazione di qualche cosa di operativo si passa con chi ci sta, con chi condivide. Nessun intruppamento e nessuna esclusione.
Che alcuni si sarebbero lamentati dell’accostamento del proprio nome a quello di personaggi non amati, era prevedibile. Ho pensato che, dopotutto, non sarebbe stato cosi offensivo ritrovarsi in compagnia di tanti studiosi che fanno onore alla cultura italiana.
Molto opportunamente, anche se in diversa misura, gli amici che sono intervenuti nella discussione hanno ripreso il motivo centrale del mio articolo: la necessità di un dialogo organizzato fra i saperi.
E’ questo io credo il cuore di un passaggio strategico che la sinistra deve saper percorrere se vuole ricostruire pazientemente le fondamenta di una egemonia andata in frantumi. Se noi osserviamo oggi quel che resta della cultura politica dei partiti di massa, della tradizione pur importante della socialdemocrazia europea, possiamo comprendere almeno alcune ragioni del loro generale fallimento di fronte alle sfide del sistema-mondo.
Dominati da una cultura industrialista, quei partiti non hanno potuto cogliere, negli ultimi decenni, quel che il capitalismo veniva sconvolgendo nella sfera dell ‘infinitamente grande e in quella dell’infinitamente piccolo. Non avevano gli strumenti per comprendere che lo sviluppo stava colpendo gli equilibri vitali del pianeta, e al tempo stesso che esso stava prosciugando l’acqua in cui vive l’individuo: la società. Stava, infatti, sta sempre di più, colpendo direttamente il soggetto che l’ideologia capitalistica del ‘900 aveva posto in cima ai suoi valori, in contrapposizione al socialismo. Natura e individuo sono oggi sotto attacco e solo una cultura che riscopra la vita nella sua complessità, che restituisca alla vita sulla Terra la sua perduta centralità, può ridare alla sinistra una capacità di messaggio universale che l’avversario non può fornire. Ma da qui passa anche il disvelamento di una contraddizione insostenibile che corrode alla base l’egemonia del capitale: una società sempre più proiettata all’accumulazione di ricchezza che genera individui spogliati della loro intima natura, ridotti a produttori e consumatori, sempre più soli, incerti del futuro, infelici.
In questi giorni al Palazzo dei Congressi, a Roma, varie forze della sinistra tentano ancora con pazienza e determinazione di continuare un percorso di unità per costruire quel polo organizzato che le è drammaticamente necessario. Sede di discussione e di confronto programmatico, può costituire un’occasione preziosa per riprendere al suo interno, insieme a tanti altri temi, il dibattito avviato su questo giornale.
Uno comitato coordinatore formato da chi scrive, Ilaria Agostini, Roberta Biasillo, Marcello Buiatti, Donato Di Sanzo, Laura Marchetti, Ignazio Masulli, Ugo Olivieri, Tonino Perna, Enzo Scandurra, Paolo Favilli organizzerà il sitoOfficina dei saperi a cui collaboreranno studiosi di varie discipline.
Chi vorrà essere informato può scrivere a : do.disanzo@gmail.com o aroberta.biasillo@gmail.com
Fonte: il manifesto
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