La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 11 febbraio 2016

Bernie Sanders sconfigge l’establishment di Hillary Clinton






di Lucio Manisco 
La “rivoluzione politica” di un socialista conquista il New Hampshire. In campo repubblicano trionfo del fascistoide Trump. Se vincerà lui sconfiggerà l’Isis e farà l’America più forte di quanto sia mai stata.
Ora l’inverno del nostro disappunto è fatto estate gloriosa dal sole di Bernie? E come si può non trovare sollievo dal gelo pessimista sulla terra desolata d’America per la vittoria del socialista Bernie Sanders nelle primarie del New Hampshire? Lasciamo da parte Shakespeare, anche per scaramanzia pensando alla fine di Riccardo III, e soffermiamoci su quanto è accaduto martedì 10 febbraio nelle consultazioni pre-elettorali dello “stato di granito”, un piccolo stato di un milione e trecentomila abitanti nel nord-est degli Stati Uniti che fino a pochi decenni fa contava poco o nulla nei ricorsi alle urne della repubblica stellata.
Ai tempi di Eisenhower in questo stato non si votava neppure per questo o quel candidato, poi una riforma del governatore Sherman Adams introdusse il metodo odierno delle primarie.
E’ uno stato “liberal”, cioè conservatore moderato di vecchio stampo – 94% bianchi, 6% ispanici e afro-americani – colpito meno degli altri stati dalla crisi in corso e per questo apprensivo per la seconda e peggiore crisi in arrivo. Le primarie sono diventate importanti perché sono state recentemente calendarizzate subito dopo quelle dello Iowa, ne confermano e quasi sempre ne invertono il risultato fornendo indicazioni meno approssimative sugli orientamenti dell’elettorato nazionale. E’ quanto accaduto anche questa volta: in campo democratico Bernie Sanders ha battuto di larga misura (85.000 voti sui 47.000 della rivale con la quale aveva pareggiato nello Iowa). E lo stesso è purtroppo accaduto in campo repubblicano al fascistoide Donald Trump, secondo nel caucus del primo stato che ha sbaragliato nel secondo – 94.000 voti sui 44.000 di Kasich – tutti i concorrenti ultra conservatori, mediocri e per usare un termine inglese “discombombulated”, cioè imbranati.
Il socialdemocratico di tipo svedese Sanders, come lui stesso ama definirsi, ha battuto l’ex segretario di stato Hillary Clinton grazie al voto giovanile e a quello di gran parte delle donne su cui aveva fatto affidamento la signora: “Non siamo meno femministe – hanno dichiarato – ma preferiamo attendere il prossimo turno per eleggere una donna alla presidenza degli Stati Uniti, perché Hillary Clinton malgrado la sua recente conversione alle cause progressiste ci ricorda più Margaret Thatcher che Eleanor Roosevelt”. Hanno ragioni da vendere: Hillary ha reimpostato la sua campagna sui temi sociali quando i sondaggi hanno registrato in pochi mesi l’ascesa della popolarità di Bernie Sanders dal 3 a più del 40%. I giovani e le giovani che sostengono l’anziano candidato socialdemocratico sono gli stessi del movimento “occupy Wall Street” di pochi anni fa quando la crisi economica aveva incominciato a mordere, la disoccupazione colpiva e continua a colpire ventenni e trentenni, mentre banchieri e super-ricchi, il famigerato 1%, continuano ad accumulare profitti astronomici. Quel movimento, nobile, spontaneo, disorganizzato e senza capi venne disperso dalle brutali repressioni poliziesche. Oggi è stato legittimato sul percorso democratico-elettorale da Sanders che aveva già condiviso i suoi ideali, e soprattutto gli avversari da battere, lo establishment, i multimiliardari che con i loro finanziamenti a dieci cifre comprano maggioranze repubblicane nel congresso e tutti o quasi tutti i centri del potere economico, finanziario e politico. Sanders si fa forte dei finanziamenti della sua campagna tramite internet, contributi elettorali medi di 27 dollari, contro i 20 e più milioni elargiti alla Clinton dalle grandi corporazioni. Si batte per l’assistenza medica “universale”, per l’abbattimento dei costi degli studi universitari, per la tassazione dei profitti speculativi di banche ed enti finanziari, per la piena occupazione, per l’uguaglianza sociale, contro i miti mai tradotti in realtà del sogno americano, di una società di ceti medi e delle “opportunità invidiata dal mondo intero”.
I poteri forti hanno già messo in campo contro di lui l’artiglieria campale e gli renderanno ardua la conquista nelle primarie dei prossimi quattro mesi di un numero sufficiente di delegati per ottenere la nomina alla candidatura ufficiale per la Casa Bianca nella convenzione democratica di luglio “Mi scaglieranno contro di tutto e di più, anche il lavello della cucina” – ha anticipato dopo la vittoria nel New Hampshire – “ma continuerò a battermi per una rivoluzione politica del sistema di potere negli Stati Uniti”. E tutti sanno o dovrebbero sapere come viene accolta la parola rivoluzione da quel sistema e dai mass media USA.
C’è un’altra incognita che grava pesantemente sulle fortune politiche del senatore democratico: l’incognita del terrorismo. Il direttore della Central Intelligence Agency e del dipartimento Anti-terrorismo, John Brennan, ha previsto un “grave” attentato terroristico dell’Isis entro l’anno in una città americana: gli agenti del califfato, mescolati agli immigrati, penetrerebbero nella repubblica stellata grazie alla porosità delle sue frontiere con il Canada e con il Messico.
Il drammatico annunzio è stato fatto il giorno prima e non quello dopo le primarie nello stato di granito. Strana coincidenza, anzi niente affatto strana. Donald Trump ha colto l’occasione per affermare che solo lui una volta vinte le elezioni presidenziali di novembre potrà sconfiggere l’Isis e fare l’America “forte, più forte di quanto sia mai stata”. Come? Con un massiccio aumento della spesa militare, la costruzione di una grande muraglia sulla frontiera con il Messico, la deportazione di undici milioni di immigrati dal centro America, il divieto di ingresso nel paese di stranieri di religione musulmana ed altre misure del genere. I programmi di uno squilibrato? No, i programmi di chi purtroppo sa cavalcare le paure, l’esasperazione, la angst, la paura della povertà di vasti settori dell’opinione pubblica. E’ il modello politico americano importato con successo in Europa e nel mondo. Mission impossible per Sanders? Forse. Comunque auguri di buon lavoro, Bernie.

Fonte: Rifondazione Comunista 

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