Intervista a Stefano Fassina di Daniela Preziosi
«Renzi si assume tutta la responsabilità della vicenda della ministra Guidi? E allora perché ha accolto le sue dimissioni?». Stefano Fassina dice che del conflitto di interessi di quella ministra aveva parlato «sin dal giorno della nomina del governo». Oggi ritiene che la vicenda Tempa Rossa sia l’ennesima dimostrazione che il suo ex partito è «una rappresentanza degli interessi forti in questo paese». Anche per questo è fra i fondatori di Sinistra italiana e da candidato al Campidoglio dell’area radical romana esclude tassativamente qualsiasi alleanza con il partito di Renzi. Con questo presupposto, non condiviso da tutti nella vecchia Sel, conduce la nuova forza politica alla cruciale prova del nove delle amministrative.
Il candidato sindaco del Pd a Roma, Roberto Giachetti, le ha rivolto un ultimo appello dalle colonne del manifesto: «Colpire me farà male a Roma». È così?
Nessuno lo vuole «colpire» né azzoppare. Abbiamo un altro obiettivo: per la Capitale vogliamo un governo di radicale discontinuità non solo con Alemanno ma anche con il Modello Roma delle giunte di centrosinistra. Vogliamo un governo di ricostruzione morale, economica e amministrativa.
Insomma a Giachetti risponde picche?
"Giachetti ha fatto un appello solo propagandistico. Quando da Walter Tocci (senatore Pd, dissenziente, ndr) arrivò la proposta di fare tutti un passo indietro per convergere su una candidatura civica, ero pienamente disponibile. Chi ha chiuso la porta a quella proposta è proprio chi invece oggi parla di unità. A gennaio a Giachetti ho mandato una lettera con dieci punti di programma, per un confronto. L’unica risposta che ho ricevuto è stata quella di un suo assistente che li ha definiti «ridicoli»."
Questione chiusa?
"Chiusa. Mi spiego meglio: per noi keynesiani è la domanda che definisce l’offerta. E a Roma c’è una diffusa domanda di popolo democratico che non riconosce più il Pd come interlocutore, da ultimo confermata dal crollo della partecipazione alle primarie. Noi proviamo a dare un’offerta politica a questo popolo, a una domanda di rappresentanza del lavoro, di giustizia sociale e ambientale, di diritti."
I sondaggi, per quel che valgono, per ora non dicono che lei intercetta tutta quella domanda in fuga dal Pd.
"La mia candidatura e il progetto che abbiamo messo in campo ha uno spazio. Ma è vero che soffriamo dell’ambiguità della collocazione politica. Un giorno sì e l’altro pure una parte della nostra area insiste nel rapporto con il Pd, da Milano a Roma. A Roma, lo voglio dire, il centrosinistra non ha subito una battuta d’arresto: qui si è manifestato in modo più drammatico che altrove la fine di una stagione politica durata un quarto di secolo."
Ma ormai state facendo le liste. Le differenze fra voi si sono ricomposte?
"Mi pare che ci sia un pieno coinvolgimento su un progetto autonomo dal Pd, con una proposta di radicale discontinuità. Anche perché i progetti alternativi non sono andati da nessuna parte. Certo fra alcuni di noi permangono diversi gradi di convinzioni."
Vuol dire che queste tensioni saranno trasferite dentro le liste?
"No, spero che si sia chiusa la fase delle legittime discussioni diverse. Da oggi si va avanti tutti insieme."
Ha incontrato Ilaria Cucchi, anche lei tentata dalla corsa al Campidoglio. Com’è andata?
"È stato un incontro bello e intenso. Abbiamo parlato di suo fratello Stefano e di altri casi simili. Le abbiamo ribadito il nostro impegno sulla sua battaglia per la legalità e i diritti. E la nostra disponibilità a coinvolgerla anche nella corsa elettorale. Ora sta a lei valutare."
Torniamo a Giachetti. Tendendole una mano ha provato anche a delineare qualche punto di possibile convergenza programmatica: asili nido e vendita del patrimonio pubblico, ad esempio.
"Giachetti dice di non avere un furore ideologico per le privatizzazioni. E che si sta interessando dei nidi. Affermazioni di una genericità tale da poter essere accettate da tutti i candidati, da Storace a Fassina. Noi invece abbiamo un programma: puntiamo sull’edilizia di riqualificazione e di sostenibilità ambientale sotto il vincolo dello zero consumo di suolo. Per noi il progetto dello Stadio di Tor di Valle va fermato e va trovata un’altra soluzione. Va cancellata da sciagurata delibera 140 sulla alienazione del patrimonio capitolino, che invece va dedicato a finalità sociali. Per noi va data piena attuazione al referendum sull’acqua pubblica mentre il Pd e Giachetti in parlamento votano un provvedimento che lo tradisce. A proposito, su Acea cosa intendono fare, dopo essere intervenuti a difesa degli interessi di Caltagirone di fronte delle banalità della candidata M5S?"
Giachetti le dice: cerchiamo soluzioni concrete.
"Per Giachetti le elezioni di Roma sono quelle di un grande condominio, dove la politica non c’entra. Mi ricorda il ’fare’ di Berlusconi. Prima di ’fare’ bisogna scegliere cosa fare. È una scelta politica, implica una visione. E non è che il Pd che in parlamento ha una visione e al comune ne ha un’altra. Faccio un altro esempio?"
Prego.
"La sovrintendenza speciale per i beni archeologici viene smembrata e così so mette a rischio la tutela del patrimonio. È il risultato del decreto Franceschini. Noi vogliamo governare con il dialogo sociale, coinvolgendo chi rappresenta i lavoratori e le associazioni. Il Pd,e Giachetti, stanno dalla parte di Marchionne. Noi proponiamo di far pagare la Tasi al 10 per cento sugli immobili di maggior valore: 80 milioni di euro l’anno con i quali fare uscire dalla povertà tutte le famiglie con minori a carico. Ho elencato tutti fatti i che hanno una dimensione locale e insieme nazionale. E potrei andare avanti su altri punti specifici per una radicale discontinuità."
Quando dice ’radicale discontinuità’ significa che preferirebbe non ricandidare gli ex consiglieri comunali?
"Metterla così sarebbe ridicolo. Sto ponendo delle questioni strategiche: continuiamo con la logica dei grandi eventi oppure troviamo una vocazione all’altezza delle potenzialità della città? Alla fine del Modello Roma, nel 2008, c’erano 22 miliardi di debito, con un aumento della diseguaglianza e della povertà molto più elevata che nel resto d’Italia. Serve un programma diverso. Giachetti vuole confrontarsi lasci stare le affermazioni generiche."
Pensiamo a un ipotetico ballottaggio fra Giachetti (Pd) e Raggi (M5S). Sul primo potrebbero convergere i voti della destra moderata, sulla seconda quelli dell’alleanza verde-bruna. Lei ha detto che votare i 5 stelle non è un tabù. Ma la sinistra potrebbe mischiare i suoi voti con quelli di Meloni e Salvini?
"Noi puntiamo ad arrivare al ballottaggio. E in ogni caso a fare scelte coerenti con il nostro programma. Ma è evidente che con la destra noi siamo geneticamente incompatibili."
Fonte: il manifesto
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