La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 18 maggio 2016

I quattro motori della diseguaglianza

di Maurizio Franzini e Mario Pianta
Negli ultimi trent’anni le condizioni economiche delle persone nelle nostre società sono diventate più disuguali: i ricchi sono diventati molto più ricchi, la classe media si è ridotta, i poveri sono ancor più scivolati nella povertà. Nelle economie avanzate la disuguaglianza economica, misurata sia in termini di reddito sia in termini di ricchezza, è drammaticamente aumentata, e le disparità di reddito sono addirittura tornate ai livelli di un secolo fa (….). Un secolo fa la struttura di classe della società spiegava gran parte delle disuguaglianze di reddito, status e opportunità. Oggi le identità di classe sono meno precise, le disuguaglianze tra i lavoratori sono più profonde ed emergono nuovi fattori. Le disuguaglianze vissute dalle persone sono una combinazione di fattori che comprendono condizioni di classe, di genere e origine etnica, istruzione ecapacità professionali, tipo di contratto di lavoro, accesso ai diritti sociali e ai servizi pubblici, opportunità di mobilità sociale all’interno della propria generazione e tra generazioni diverse.
Nel passato l'appartenenza a un gruppo sociale, in particolare alla classe dei lavoratori piuttosto che a quella dei capitalisti, era sufficiente per prevedere in maniera affidabile la posizione di un individuo nella scala sociale. Oggi le posizioni dei vari individui sono il risultato di una varietà di fattori, nuovi meccanismi definiscono le condizioni economiche di gruppi particolari e la disuguaglianza tra individui che fanno parte di categorie sociali relativamente simili può essere molto alta. Questa sovrapposizione di diverse dimensioni della disuguaglianza accresce la complessità del problema, e questo può aver scoraggiato la ricerca accademica, la mobilitazione sociale e l'azione politica.
Questo libro vuole fornire una spiegazione dell’elevata disuguaglianza – con attenzione soprattutto alla dimensione economica – che sia sufficientemente ‘semplice’ da identificarne i principali meccanismi e che sia capace allo stesso tempo di dar conto della sua complessità. La nostra tesi è che quattro forze siano alla radice dell'attuale disuguaglianza economica.
a. Il potere del capitale sul lavoro
Per i paesi avanzati tutti i dati disponibili indicano l'inizio degli anni ottanta come un punto di svolta nella dinamica delle disuguaglianze (….). L'ascesa della finanza è stato il processo più importante. Gli anni settanta sono stati un decennio di grave crisi dell'ordine mondiale del dopoguerra, caratterizzato dalla produzione di massa nelle industrie “fordiste”, da conflitti con sindacati e movimenti sociali che contestavano il potere del capitale a tutti i livelli. Nei paesi avanzati la risposta del capitale è stata uno spostamento verso la finanza, che offriva nuove possibilità di accumulazione di capitale. La regolamentazione del settore bancario introdotta dopo la Grande Depressione degli anni trenta è stata progressivamente eliminata, sono stati liberalizzati i movimenti di capitale – rendendo così impossibili sistemi di controllo dei tassi di cambio -, la finanza ha trovato nuovi strumenti e nuovi campi di applicazione – i mercati future, la speculazione sui cambi, i derivati, gli hedge funds, le transazioni sui prodotti alimentari, le materie prime, le emissioni di anidride carbonica e così via - con un enorme potenziale per la crescita dei valori finanziari e per la speculazione di breve periodo. Un decennio dopo nei paesi avanzati la globalizzazione e la rapida diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno trasformato i sistemi di produzione, le tecnologia, i flussi d'investimento, riducendo la produzione interna, distruggendo posti di lavoro, rompendo il potere dei sindacati, abbassando i salari.
Il nuovo potere del capitale sul lavoro ha portato dagli anni ottanta a oggi a uno spostamento di almeno dieci punti percentuali di Prodotto interno lordo (Pil) dalla quota dei salari a quella del capitale nei paesi avanzati. Questo spostamento contribuisce a spiegare l’aumento – di entità ancora più grande - della disuguaglianza di ricchezza causata dal crescente valore delle attività finanziarie e immobiliari e l'aumento senza precedenti dei redditi dei ‘super ricchi’ dovuti ai compensi inauditi dei manager e di altre categorie di privilegiati, agli alti profitti, ulteriormente accresciuti dai notevoli incrementi di valore dei beni finanziari e immobiliari (…).
b. Il capitalismo oligarchico
Una disuguaglianza che viene alimentata dal forte aumento dei redditi più elevati presenta caratteristiche che ricordano l'ancien régime precedente alla rivoluzione francese. La nuova ‘aristocrazia del denaro’ concentra la ricchezza in proporzioni che erano state a lungo dimenticate. (…) Il modo in cui tale ricchezza viene ottenuta è sempre meno il risultato di processi competitivi, innovazioni schumpeteriane, successi sul mercato. Ha sempre più a che vedere con rendite monopolistiche, protezioni dalla concorrenza, bolle immobiliari e finanziarie. I ‘super ricchi’ hanno sempre più le caratteristiche di ‘oligarchi’ la cui ricchezza proviene dal potere e dal privilegio – protezioni politiche, posizioni monopolistiche, acquisizioni di imprese pubbliche privatizzate – piuttosto che dal successo economico.
In moltissimi casi gli elevatissimi redditi di chi fa parte dell’oligarchia non sono determinati dal merito. Peraltro, una ricchezza così concentrata si trasmette nel tempo all'interno delle famiglie – un altro elemento tipico dell'ancien régime – con la conseguenza che l'importanza della ricchezza acquisita grazie alle eredità aumenta in tutti i paesi avanzati (….). In questo ‘capitalismo oligarchico’ la trasmissione intergenerazionale della disuguaglianza diventa più forte, la mobilità sociale svanisce, il legame tra ‘meriti’ e compensi ottenuti si allenta (….).
Una disuguaglianza estrema di questo tipo porta a una minor efficienza economica e a una minor crescita. Ancor più preoccupante è la prospettiva che gli oligarchi possano sempre più influenzare i processi politici, condizionando i governi e determinando un drammatico indebolimento dei sistemi democratici.
c. L’individualizzazione delle condizioni economiche
Il crescente potere del capitale e il ‘capitalismo oligarchico’ sono i motori delle disuguaglianze nella parte più alta della distribuzione del reddito: aumentano le distanze tra i più ricchi e tutti gli altri e, ancor più, quelle con i più poveri. Ma le disuguaglianze sono aumentate anche all'interno del ‘99%’. Qui il meccanismo fondamentale è il processo di individualizzazione che ha messo i lavoratori in concorrenza l'uno con l'altro per stipendi e carriera, ha portato ad una polarizzazione delle competenze e delle qualifiche, ha spinto i liberi professionisti e i lavoratori indipendenti in mercati sempre più concorrenziali. Individualizzazione vuol dire che i lavoratori hanno in genere lavori più precari con un'ampia varietà di forme contrattuali – a tempo determinato, part-time, lavori su commessa, con ‘partita Iva’ – mentre le giovani generazioni hanno traiettorie professionali sempre più incerte e diversificate. Oltre agli occupati, anche i pensionati dipendono per i loro redditi da sistemi pensionistici differenziati, spesso legati all’andamento dei mercati finanziari.Complessità ulteriori emergono quando si considerano, come unità di osservazione, le famiglie che comprendono individui che presentano situazioni assai diverse (…).
L’indebolimento dei sindacati e della contrattazione collettiva ha eliminato il meccanismo più importante che faceva convergere tra loro i redditi da lavoro e sosteneva le dinamiche salariali; sono state aperte le porte alla contrattazione a livello di singola impresa e a contratti individuali che hanno aumentato le disparità tra i lavoratori dipendenti. Diverse politiche dei governi, in particolare la generale riduzione della protezione legislativa del lavoro, hanno contribuito a questo risultato (….).
Ma non è solo una questione di redditi. Le identità sociali sono diventate più frammentate, le strutture di classe sono meno definite, nuove divisioni sono emerse (….). I meccanismi tradizionali che creavano identità collettive e solidarietà - la sindacalizzazione dei dipendenti di un’impresa o di un settore, l’attivismo locale, le mobilitazioni sociali - sono stati indeboliti da un’individualizzazione che può essere vista come un’ulteriore e più profondo segno del nuovo potere del capitale sul lavoro.
d. L’arretramento della politica
Fino agli anni settanta nei paesi avanzati lo Stato, attraverso una vasta gamma di attività e politiche, ha svolto un ruolo fondamentale nella riduzione delle disuguaglianze. La distribuzione del reddito era governata da politiche complessive che riguardavano i redditi, la tassazione, il controllo degli affitti, la regolamentazione della finanza e dei flussi di capitale. Le disparità che emergevano dai meccanismi di mercato erano contenute da un sistema di tassazione fortemente progressivo, da imposte specifiche sui beni di lusso, da elevate imposte di successione che colpivano le eredità, da un’ampia fornitura di servizi pubblici fuori dal mercato; dal sostegno al reddito dei meno fortunati.
Dagli anni ottanta in poi quasi tutte queste politiche sono state cancellate - come nel caso dell’imposta di successione in molti paesi - o sostanzialmente indebolite - come nel caso dell’imposizione progressiva sul reddito. Le politiche hanno preso la strada della liberalizzazione dei mercati e della deregolamentazione. Sono state introdotte politiche per modificare una lista infinita di 'regole del gioco' in nome dell’efficienza di mercato e della riduzione degli 'sprechi pubblici' (….).
Fino agli anni settanta l’azione dello Stato per ridurre le disuguaglianze ere molto più ampia della semplice fissazione delle regole e della “correzione” degli esiti di mercato. La fornitura su larga scala - soprattutto in Europa - dei servizi pubblici attraverso sistemi non di mercato - tra cui l'istruzione, la sanità, la sicurezza sociale, le pensioni, la tutela dell'ambiente, ricerca e sviluppo pubblici, etc. - ha fatto sì che il funzionamento dei mercati, con la loro spinta verso esiti disuguali, fosse limitato e che le persone potessero accedere a tali servizi sulla base del proprio status di (uguali) cittadini, piuttosto che sulla base della loro (disuguale) capacità di pagare. (….)
Come documentato da molti studi (…) l'impatto sulla disuguaglianza di tale arretramento della politica è stato enorme. Le disparità sono aumentate sia a causa della ‘corsa in avanti’ dei più ricchi, sia per lo ‘scivolamento indietro’ dei poveri (….)
Occorre osservare che i quattro motori della disuguaglianza operano a livelli diversi, ma interagiscono strettamente tra loro, potenziando i rispettivi effetti. Un rafforzamento del capitale rispetto al lavoro rende possibile l'introduzione di politiche che svantaggiano i lavoratori e i più poveri, e consolidano ulteriormente lo squilibrio nei rapporti di classe. L'individualizzazione delle condizioni dei lavoratori sul mercato del lavoro è strettamente associata a un rafforzamento del potere del capitale sul lavoro. Una società più individualizzata offre meno resistenza alla crescita della ricchezza e del potere degli oligarchi. La concentrazione della ricchezza nelle mani degli oligarchi consente una loro maggior influenza sul processo politico, che a sua volta può portare ad accrescere i loro privilegi. La riduzione della sfera pubblica attraverso privatizzazioni e deregolamentazione allarga lo spazio in cui opera l'effetto polarizzante delle dinamiche di mercato.
Queste molteplici connessioni tra i vari meccanismi riflettono la complessità della disuguaglianza di oggi e sono parte integrante del modello di capitalismo neoliberista che è emerso negli anni ottanta.

Questo articolo è estratto dal capitolo 1 del libro degli autori Disuguaglianze. Quante sono, come combatterle, Laterza, pp. 208, € 14.

Fonte: Eguaglianza e Libertà 

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