La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 25 maggio 2016

Una società radicata nella terra

di Alberto Castagnola
Oltre duecento donne e solo una quindicina di uomini tra i partecipanti, stessa proporzione tra i relatori e i responsabili dei gruppi di lavoro a tema: il convegno sulle “Culture Indigene di Pace”, ormai alla sua terza edizione (Torino, 18-20 marzo 2016), è una delle espressioni più significative di un movimento delle donne sempre più presente in molti paesi del Nord e del Sud del mondo. I lavori si sono svolti nei grandi capannoni centrali e nelle diverse sale del complesso, facenti parte un tempo di una industria metalmeccanica e trasformata in sede di organizzazioni alternative come il Gruppo Abele e Libera, sbocco intelligente di una politica comunale che doveva affrontare la progressiva deindustrializzazione della città. L’Associazione Laima, promotrice dell’iniziativa, dovrà ora elaborare i ricchi materiali, sia cartacei che visuali e musicali; Comune, media partner del convegno, ne darà notizia.
Vogliamo però richiamare le modalità di svolgimento dei lavori, che ci hanno particolarmente colpiti: all’inizio e durante animazioni che suscitavano interessi ed emozioni profondi; due terzi del tempo occupati da gruppi di lavoro quasi tutti con metodologie attive di svolgimento e partecipazione; danze e canti collettivi; una partecipazione fisica sollecitata per ridurre le distanze interpersonali; delle proposte di impegno nella Natura e nella società adatte a persone complete e centrate e non solo a parole.
Quanto segue è stata l’ultima relazione, dedicata alla fase di transizione che stiamo vivendo e alla necessità di affrontare una trasformazione planetaria.
Alcune premesse
Si può ipotizzare che siamo nella fase iniziale di un punto di svolta, ancora non percepito o comunque rifiutato nei comportamenti, perché la situazione del pianeta Terra è sempre più grave: crisi climatica in particolare e ambientale in genere; crisi occupazionale ormai strutturale; crisi finanziaria, in atto e potenziale. Sono necessari e urgenti cambiamenti radicali nelle politiche economiche che, se non realizzati nei tempi e nelle dimensioni dovute, saranno imposte dai peggioramenti planetari – dei quali flussi migratori e guerre non tradizionali sono solo dei primi segnali – mentre guerre diffuse di dimensioni apparentemente modeste e movimenti migratori forse irrefrenabili stanno cambiando il quadro già complesso delle relazioni internazionali. In una prospettiva di mutamento, donne e uomini profondamente e radicalmente motivati dovrebbero cominciare a vivere esperienze collettive diverse da quelle finora spesso attraversate. In questa prospettiva, occorre delineare e approfondire linee di impegno e di lavoro collettivo che possano spingere i processi generali e formino le persone più sensibili ad un impegno molto qualificato.
Possiamo tuttavia accennare ad alcune ipotesi di cambiamento, le cui premesse son già in atto, anche se non sono sufficienti a delineare dei processi di transizione verso finalità prevedibili. In primo luogo, la sottolineatura della gravità dei meccanismi di modifica del clima planetario attualmente in corso; le misure da adottare con urgenza e in misura concentrata nell’immediato futuro da parte di tutti i governi appaiono in ritardo e poco adeguate, mentre sono ancora numerose le decisioni economiche che vanno in senso opposto a quello ormai necessario (continua l’estrazione illimitata di petrolio e gas, non si interrompe la chimizzazione dell’agricoltura, i trattati internazionali in discussione possono solo peggiorare la situazione, e così via).
In secondo luogo, i flussi migratori per motivi economici, bellici e di persecuzioni e ormai anche per eccessiva durezza delle condizioni ambientali, sembra inarrestabili e in corso di aumento accelerato, mentre le politiche adottate finora appaiono come influenzate da una visione molto vecchia dei fenomeni internazionali. Ancora, gli eventi militari e terroristici si stanno moltiplicando in molti territori, alimentati da conflitti religiosi, etnici e di politiche statuali che sembrano risalire a tempi che consideravamo ormai lontani e che sono invece assolutamente virulenti, mentre molti Stati non riescono a far evolvere le loro relazioni con le popolazioni rispettive e quelle a loro vicine. Infine, le numerosissime realtà sociali di base, che in moltissimi paesi proliferano senza sosta ormai da molti anni, appaiono prefigurare dei sistemi sociali e di relazioni molto significativi, ai quali però non viene quasi sempre attribuita una qualche importanza dalle istituzioni nazionali, e quindi non riescono ad esprimere al massimo le loro potenzialità, e si sta quindi ritardando l’emergere di alternative e modelli capaci di affrontare le incognite del futuro.
Non sono ancora in circolazione previsioni o modelli di società alternative, ma possono essere avanzate alcune ipotesi di orientamenti che emergeranno, ad esempio contrazione della mobilità, ristrutturazione dei consumi, riduzione orari di lavoro, accoglienza di profughi economici e ambientali, che dovranno essere vissuti come forme di transizione forse negate o non completamente percepite. Perfino il pensiero della decrescita, radicale nella condanna del sistema economico tutto orientato alla crescita illimitata e al profitto a qualunque costo, lascia solo intuire alcune delle caratteristiche principali che potrebbero informare le società del futuro e cerca essenzialmente di stimolare la formazione di un nuovo immaginario, lasciato alla creatività di ogni cultura.
Infine, non è forse opportuno al momento tentare di descrivere nuovi ruoli, nuovi compiti, nuove responsabilità, in particolare per quanto riguarda la posizione dei vari sessi nelle società in divenire; siamo ancora troppo immersi nelle contraddizioni e nelle conflittualità storiche e dei tempi presenti per esprimere desideri e scelte in termini chiari e facilmente condivisibili. Il peso del passato e delle strutture attuali distorce in profondità e blocca rigidamente la manifestazione di emozioni e desideri, e limita in quantità e qualità i contatti con l’esterno.
Cosa è più probabile che avvenga: la transizione nel breve periodo
Nell’immediato futuro, le nostre società incontreranno molte difficoltà, per esempio ad avviare processi di transizione che incidano realmente sui meccanismi di danno ambientale, e intanto le variazioni climatiche muteranno in modo sostanziale le condizioni di vita di gran parte delle società e delle culture. Le guerre e i conflitti armati sono aumentati di numero negli ultimi anni e soprattutto si presentano in forme nuove, per affrontare le quali gli strumenti istituzionali e diplomatici esistenti si dimostrano sostanzialmente inutili.
Migrazioni: ai profughi per terrorismi, guerre, fame, siccità si stanno aggiungendo coloro che fuggono da luoghi diventati inospitali perché la natura si sta ribellando.Le previsioni relative ai profughi ambientali oscillano tra i 200 e i 250 milioni di persone.
Meno lavoro: se si tralasciano le indicazioni mese per mese delle statistiche occupazionali e si concentra invece l’attenzione sulle capacità strutturali del sistema dominante nei paesi più avanzati, si percepiscono chiaramente crescenti difficoltà nella creazione di nuovi posti di lavoro. Tra le cause sicuramente la rapida informatizzazione delle attività produttive e il trasferimento di capitali nella sfera finanziaria, mentre le nuove leve di potenziali lavoratori si gonfiano per i processi demografici in corso e alle frontiere aumentano i flussi di chi è costretto ad abbandonare i paesi colpiti da eventi bellici e climatici e cercherà una qualunque occupazione per sopravvivere. Inoltre la crisi economica, di cui ancora non si intravede la fine, continua a far uscire dalla struttura produttiva imprese di ogni dimensione.
Se questa è la prospettiva nella quale ci muoviamo, si può decidere di rimanere passivi, rifiutandosi di percepire o individuare le direzioni e le potenzialità più a noi favorevoli, – ma sopportando costi umani e sociali che potremo solo vivere come imposizioni esterne non comprensibili nei contenuti e nelle motivazioni – oppure cercare, pur con i nostri limiti, paure e tremori davanti al futuro che ci viene incontro ogni giorno, di reagire, magari anche cercando solo delle vie di fuga che ci appaiano relativamente meno preoccupanti. Qui invece proponiamo una alternativa, sulla quale forse vale la pena almeno di riflettere (evitando però accettazioni immotivate e altrettanto passive come il nostro inserimento in un sistema dominante e pervasivo).
Cosa deve essere evidenziato e potenziato
Prendere le distanze dal lavoro all’interno del sistema dominante
La maggior parte di noi (compresi i disoccupati, i cassintegrati, i precari e chi stenta a trovare il suo primo lavoro), entra o cerca di entrare nell’economia dominante, e si trova collocato in luoghi fortemente strutturati, dove dominano le logiche di uno sfruttamento più o meno velato, dove i poteri sono organizzati in forma piramidale, dove la competitività e la sopraffazione sono stimolate ad ogni livello, dove ogni miglioramento nella qualità del lavoro sembra essere accompagnato da restrizioni dell’autonomia personale di ciascuno. Comprendere in modo approfondito le logiche che sovrastano le libertà del singolo, valutare attentamente i rapporti di potere, verticali ed orizzontali, sperimentare continuamente i margini di manovra e gli spazi che si aprono, avere sempre il controllo di ogni ribellismo e reazione non meditati o inconsulti, e alimentare insieme il rifiuto sostanziale di ogni sottomissione totale alla megamacchina sembrano costituire l’unica via realistica di mantenimento di una libertà personale sottratta ad ogni intromissione di capi e colleghi. Anche pensare di poter modificare dall’interno il sistema dominante può nella maggior parte dei casi portare a dei costi difficilmente sopportabili, mentre una visione articolata e approfondita dall’esterno, dei limiti e delle falle nel funzionamento del meccanismo può far maturare notevolmente le capacità e le autonomie personali. Oggettivare e prendere delle distanze mentali dalle logiche dominanti (anche nelle situazioni apparentemente più semplici e marginali) è forse la strada maestra da perseguire. Anche le libere professioni, le professionalità più elevate e indispensabili non si sottraggono certo alle logiche di dominazione, anche se le lusinghe e le attrazioni possono apparire più consistenti ed appaganti.
Conquistare tempo libero
Anche se in molte situazioni il sistema sembra riuscire ad estrarre ogni capacità e ogni forza fisica dagli individui sottoposti al suo dominio, si possono spessoconquistare dei tempi liberi durante il lavoro e fuori dagli orari imposti.Non devono però essere vissuti come delle fughe riuscite o delle furbe trovate, ma devono essere riconosciuti come dei tempi utili e significativi che possono essere diretti a soddisfare esigenze personali liberamente scelte. In sostanza, la pratica impossibilità per gli individui di modificare l’organizzazione dominante può risolversi in una crescente rassegnazione, che ottunde le capacità di reazione anche in campi diversi da quello strettamente connesso al lavoro. Invece l’uso di un tempo libero da vincoli e condizionamenti anche psicologici è essenziale per stimolare e mantenere a livelli alti le capacità creative personali e per ampliare incessantemente la rete delle relazioni con gli altri contesti, ricreativi o culturali.
Avviare dinamiche alternative
Coltivare passioni non superficiali
Una maggioranza crescente di persone non è soddisfatta delle attività che si trova a svolgere o comunque coltiva delle aspirazioni che difficilmente potranno essere realizzate. Invece di rassegnarsi ad una mediocre collocazione lavorativa, o a coltivare degli hobby scacciapensieri, sarebbe più opportuno arricchire la propria esistenza scegliendo argomenti o situazioni che possono stimolare la nostra intelligenza e suscitare delle emozioni profonde. Possiamo provare a richiamare vecchie curiosità, oppure guardarsi intorno per individuare nuovi campi di interesse. Non dobbiamo pensare che ogni sentiero scelto sia definitivo o interamente assorbente, e quindi dobbiamo essere pronti ad abbandonarlo se si rivela insoddisfacente o inconcludente, però rimanendo disponibili a individuare un nuovo percorso che si profila promettente. Ciò che importa è che non sia un passatempo superficiale o solo una occasione per incontrare persone; deve invece alimentare altre curiosità e spingere verso nuove esperienze, con sequenze non forzate e gradi di soddisfazione crescenti.
Entrare in contatto con la natura
Abbiamo tutti un forte bisogno di rientrare in contatto con la natura, per ristabilire relazioni e riequilibrare i contatti. Oltre metà della popolazione umana vive in centri urbani e questa percentuale tende ad aumentare in tutti i paesi. Dobbiamo opporci o sottrarci a questa spinta, e non è facile a causa di vincoli e condizionamenti. È necessario rivolgerci nuovamente alla Natura nella quale siamo inseriti e percepire nuovamente l’attrazione dei sistemi vitali che la compongono. Si tratta di interrompere, magari all’inizio solo per brevi momenti, i ritmi frenetici che ci travolgono e riscoprire i rumori, i suoni, i colori, le atmosfere di un bosco o di un corso d’acqua, di una spiaggia o di una collina, di un parco urbano o di una strada alberata. E cominciare a porci delle domande, molto elementari: cosa ci piace? Abbiamo voglia di toccare o di immergere una mano? C’è qualcosa che sta per fiorire? Cosa posso fare con le foglie cadute?
Se prendiamo l’abitudine di passare del tempo nel verde o di fare una passeggiata in montagna, possiamo cominciare a intravedere l’avvicendarsi delle stagioni e i mutamenti di colori e profumi. In alcuni posti non lontani dai luoghi delle nostre attività, si possono talvolta avvistare dei nidi o dei piccoli animali. Altre domande possono venire in mente: so riconoscere il nome di un albero o di un fiore? Qualche pianta è commestibile o ha effetti medicamentosi? Cosa si può portare a casa e cosa si deve lasciare intatto al suo posto? Ho dello spazio per far crescere una pianta in casa o sul posto di lavoro?
Scegliere cibo sano
Negli anni più recenti è emersa una maggiore attenzione verso una alimentazione più corretta rispetto al nostro corpo; ovviamente il sistema economico si è rapidamente impadronito di questa tendenza e ora viviamo circondati da grandi chef e contadini supertecnologici. Ma la strada che dobbiamo percorrere è ben diversa, poiché le mutazioni ambientali sempre più rapide ed accentuate chiedono insistentemente di recuperare metodi di coltivazione non dominati dalla chimica e di riscoprire antichi sapori, ristabilendo il delicato equilibrio che deve esistere tra cibi biologici e una alimentazione che rispetta i cicli naturali. Non si tratta di mettersi a dieta odi ispirarsi a prescrizioni esotiche, ma di conoscere il valore nutritivo degli alimenti e le esigenze effettive del nostro organismo. L’atteggiamento che dobbiamo instaurare è quello della curiosità verso i cibi non trasformati industrialmente o che non provengono da regioni lontane, recuperando i piaceri e i sapori delle tradizioni culinarie locali ed evitando le conseguenze nefaste della obesità e dell’appesantimento fisico.
Avere relazioni significative
I vincoli imposti dal sistema economico dominante hanno inciso duramente sulle relazioni interpersonali, sia familiari che amicali e culturali. In ogni contesto, facendo un po’ di attenzione , ci si può accorgere che i rapporti si sono allentati e rarefatti, i tempi tra un incontro e uno scambio si sono allungati, l’intensità delle relazioni è molto diminuita; gran parte delle connessioni che ancora abbiamo sono percepite come faticose e forzate, non per limiti delle persone ma perché le convivenze, specie nei centri urbani di maggiori dimensioni, hanno perso di spontaneità e di semplicità e diventano ogni giorno più sottoposte a troppe condizioni. Forse in questa sfera dobbiamo fare gli sforzi maggiori per ristabilire una maggiore fluidità di rapporti, perché tempi e distanze sono percepite come forze impossibili da superare. Se solo ci fermiamo un momento, tuttavia, dovrebbe essere possibile ristabilire delle priorità alle quali non vogliamo rinunciare; semplificare le occasioni di incontro; riscoprire modalità di relazione che s sottraggono ad ogni condizionamento; ridare valore ai contatti diretti e alla fisicità delle percezioni, rinunciando alla apparente semplicità e velocità dei mezzi informatici, che dovremmo considerare utili solo in certi contesti, e non nell’ambito delle relazioni interpersonali.
Su quali aspetti si potrebbe lavorare
Individuare vincoli
In ogni situazione personale, anche apparentemente soddisfacente, è possibile riflettere su quali logiche ci sono state di fatto imposte e quali sono state il risultato di nostre scelte personali fatte in piena autonomia. Siamo nel centro urbano o nel quartiere che ci piaceva di più o abbiamo solo fatto un percorso di localizzazione scelto da altri? Abbiamo tante volte rimandato qualunque spostamento, spaventati da un futuro troppo vago oppure gustiamo una realtà sociale pienamente soddisfacente? In caso di forte insoddisfazione, siamo in grado di indicare esattamente le cause o le persone che le hanno determinate? Abbiamo una qualche aspirazione a sottrarci da queste presenze che ci hanno tanto vincolato? E sappiamo che talvolta le loro intenzioni erano buone nei nostri confronti?
Individuare condizionamenti
Gli ostacoli possono essere molto oggettivi e diffusi, oppure sono diretti solo contro di noi (anche se non ci rendiamo conto che moltissime altre persone sono immerse in situazioni molto simili alla nostra). Ogni luogo di lavoro (non solo quello subordinato) può presentare una elevata concentrazione di condizionamenti della libertà e della autonomia personale. Ciò dipende essenzialmente dalle strutture piramidali, con i poteri concentrati in pochi punti, oppure dalle logiche istituzionali e burocratiche, che poco si interessano alle componenti umane dei sottoposti. In più, le donne soffrono per tutti i condizionamenti ispirati dal modello sociale di tipo patriarcale(consolidatosi e introiettato da tempo), Ciò significa che i maschi possono trarre qualche soddisfazione (forse di qualità non eccelsa) a seconda dei livelli che riescono a conquistare, mentre le donne soffrono contemporaneamente per i meccanismi patriarcali di dominio e per quelli di una economia di sfruttamento di tipo capitalistico.
Sottrarsi
Con questa parola si definisce un atteggiamento e un comportamento nei confronti del sistema dominante, di tipo capitalistico, cioè scegliere di non contrapporsi ai meccanismi che ci avvolgono e condizionano, ma cercare invece di sottrarsi progressivamente ai condizionamenti e alle violenze e crearsi degli spazi di vita e di attività che sfuggono ai controlli e alle oppressioni e realizzare emozioni, sensazioni e azioni che sono libere rispetto al sistema.
Questo comportamento caratterizza molte persone che nella attuale fase – caratterizzata da crisi prolungate e sovrapposte, con forte disoccupazione destinata a continuare quasi immutata nei prossimi anni e comunque da notevoli difficoltà del sistema globale di riavviare i processi di crescita – non accettano di rimanere inerti guardando avvicinarsi catastrofi sempre più numerose e prevedibili, e cercano i modo per prendere le distanze dal sistema economico nel quale sono immersi e di operare invece secondo visioni, principi e logiche ben diverse da quelle dominanti in quasi tutti i paesi del mondo.
È evidente che una scelta di questa natura ha escluso preliminarmente altre possibilità:
Operare per far diffondere ed esplodere movimenti di tipo rivoluzionario anche violenti: le analisi personali portano a guardare con interesse i movimenti di base che si sono moltiplicati negli anni più recenti nel periodo successivo ai no global (dopo il 2000) almeno in alcuni paesi. Gli attivisti sono convinti che in molti paesi anche occidentali vi siano le condizioni oggettive per stimolare reazioni antiistituzionali di massa ma che finora le diverse popolazioni non hanno affatto reagito in modo diffuso e anzi si sono rifugiate nella difesa dei pochi previlegi ancora a loro disposizione; sono altresì convinti che finora il sistema dominante ha dimostrato di saper utilizzare gli strumenti legali e illegali a sua disposizione per dividere, disperdere, illudere, recuperare le sollevazioni in fase iniziale, impedendo ogni continuità nelle azioni appena avviate. I pochi casi di paesi che hanno saputo sottrarsi a queste logiche di dominio hanno dovuto sopportare dei costi umani che non hanno certo potuto incoraggiare altri paesi (e Cuba è rimasta un esempio isolato). Ovviamente i movimenti di base esistenti in alcuni paesi continuano a guardare le rivolte o le manifestazioni di piazza in altri paesi, sostenendole “politicamente” ma in genere senza collegamenti funzionali; poi di fatto li dimenticano non appena sono stati sciolti o riassorbiti.
Le analisi condotte in modo più o meno approfondito sul rispettivo paese non individuano un numero sufficiente di persone che possano cominciare a smantellare singoli meccanismi economici che compongono il complesso quadro del sistema dominante. Non vi sono nuclei di persone con questi orientamenti nella stragrande maggioranza dei partiti o dei sindacati o in altre consistenti organizzazioni sociali (ad esempio il mondo delle cooperative o le organizzazioni religiose collaterali), mentre alcune aree, come i centri sociali o alcuni organismi del terzo settore sono troppo frammentati per costituire la base di una alternativa che si contrapponga con decisione e continuità alle logiche dominanti, dal pensiero liberista fino alle campagne contro le iniziative internazionali per liberalizzare al massimo il commercio internazionale.
Queste analisi, valide ormai da alcuni anni e che al momento non si può nemmeno ipotizzare possano dare risultati diversi nel giro di qualche anno, convincono tutti coloro che invece guardano con angoscia crescente alle mutazioni del clima e almoltiplicarsi dei meccanismi di danno ambientale, ad elaborare una strategia spesso solo personale o di piccolo gruppo, che individui problemi o danni di limitate dimensioni che possano essere affrontati anche su piccola scala, ma che siano basati su analisi e visioni complessive condotte lucidamente e aggiornate di continuo.
Compromessi? No, grazie; coerenza, idem
Moltissime persone, inserite in una struttura operativa o istituzionale facente parte del sistema dominante, sono convinte di poter godere di momenti di libertà mentale o personale solo perché accettano un compromesso con le logiche alle quali sono inevitabilmente sottoposte. Ritengono, poiché ricevono una retribuzione o magari delle soddisfazioni sul lavoro o nella carriera, che devono accettare tutte le contraddizioni del sistema e che ciò fa parte del loro compromesso esistenziale, cioè che per sopravvivere con lo stipendio devono di fatto sentirsi parte dell’organizzazione e devono accettare le logiche del sistema. Questa impostazione comporta una sofferenza non leggera e soprattutto prolungata nel tempo, e ottunde le spinte personali verso le libertà e l’autonomizzazione. Io penso che il termine compromesso non debba essere usato, poiché non si tratta di una libera scelta di integrazione in cambio di denaro, e che quindi ogni aumento della retribuzione e ogni scatto di carriera comportino unaumento del grado di compromissione personale.
Dobbiamo invece seguire un percorso logico diverso, che parte dal riconoscimento del fatto che non siamo di fronte ad una scelta libera, ma al fatto che essendo i sistema largamente dominante, tutti noi siamo obbligati ad inserirci se vogliamo sopravvivere e che tutte le scelte iniziali fatte ( tipo di scuola, tipo di corso di studi, categoria professionale, ecc.) sono solo in parte libere, e che i relativi vincoli e condizionamenti influiscono sul nostro inserimento “mondo del lavoro” del sistema. Quindi non siamo in presenza di un “libero” compromesso con i nostri principi, ma ad una situazione di fatto obbligata e con poche alternative, dalle quali ci si può sottrarre solo mentalmente e politicamente, decidendo di avere una “seconda vita” molto diversa o fortemente alternativa, pur continuando ad andare ad un lavoro e a ricevere uno stipendio. Il senso del compromesso deve quindi sparire, lasciando il posto a una dinamica mentale e ad un impiego delle rispettive risorse di forte opposizione ad un sistema che non condividiamo. Ovviamente non basta leggere un giornale di opposizione e andare ad una manifestazione per viversi la propria alternativa, come pure è importante ridimensionare i propri sforzi di fare carriera o evitare di fare le scarpe ad un concorrente sul posto di lavoro. In sostanza si tratta di dare il meno possibile al sistema dominante e di avere una vita apparentemente “residua” molto ricca e vivace, magari fatta di poche ore ma piene di idee e progetti di forte rilievo sociale nelle logiche che il sistema dominante tenta di distruggere.
Analoghe considerazioni possono svolgersi sul concetto di “coerenza”, tante volte inutilmente perseguita. All’interno del sistema, se non lo condividiamo, è impossibile applicare i nostri principi secondo una purezza adamantina e una morale incorruttibile, poiché le logiche del sistema tendono a scopi ben diversi. Molto più significativo e soddisfacente è cercare di essere coerenti fino in fondo nella “seconda vita”, che corrisponde esattamente ai nostri valori e che possiamo cercare di sperimentare e realizzare in modo pieno e creativo. Non dobbiamo peraltro credere che la coerenza personale possa essere raggiuta subito completamente: sarà un processo, piuttosto graduale, con delle ricadute. I tempi lunghi e le ricadute non ci devono bloccare o far desistere dalla ricerca, anzi devono fortificare il nostro impegno, senza perdere tempo in recriminazioni, autocritiche esagerate o, peggio, in sensi di colpa inutili. Dobbiamo solo essere sicuri che la nostra spinta continuerà, senza guardare troppo i livelli raggiunti e alimentando piuttosto la tensione verso degli obiettivi realisticamente perseguibili. Essere coerenti non significa essere perfetti, e adeguarsi ad un modello precostituito, ma sentirsi molto coinvolti in un percorso di autonomizzazione sempre più soddisfacente.
Vivere proprie linee di interesse anche minimali
In qualunque momento e a qualunque età dovremmo continuamente ricercare e perseguire i contenuti e i valori che sentiamo nostri, liberamente scelti e maturati. Appena interrompiamo questo sforzo, il sistema riprende il controllo e le nostre dinamiche interne si affievoliscono e possono anche scomparire per lunghi periodi di tempo, dando spesso luogo a forme di depressione incomprensibili e a infelicità anche diffuse. Dobbiamo imparare a suscitare continuamente degli interessi, scontando una prima fase di poca soddisfazione, fino a che li riconosciamo come nostri, oppure li lasciamo cadere se altri interessi più reali ci appaiono soddisfacenti. Non significa svolazzare tra una molteplicità di fiori che ci stimolano solo in superfice, ma imporsi una specie di disciplina personale che garantisca approfondimenti e sperimentazioni reali, mentre ogni scelta alternativa deve sempre corrispondere ad una analisi e a una maturazione personale non superficiale. La migliore garanzia è data dalle relazioni che riusciamo ogni volta a stabilire con l’esterno e nella vita collettiva: le nostre scelte sono più significative se contribuiscono alle autonomie di altri o al miglioramento di situazioni personali o di gruppo.
Quali esperienze non possono essere trascurate
Rapporti affettivi dinamici e di maturazione reciproca
Responsabilizzazione ed autonomizzazione dei figli e delle persone che dipendono da noi
Trasmissione delle tradizioni, profondamente vissute e aderenti alle nuove esigenze
Coinvolgimento di vicinanza, ascoltando in ogni momento e provando interessi non superficiali verso chi ci circonda
Amicizie profonde di scambio
Essere disponibili, a tutti i livelli, senza esagerare ma sperimentando nuove modalità di apertura
Perseguire opportunità, senza sosta, senza stancarsi, con uno sguardo rivolto al futuro vicino e lontano
Alimentare la curiosità , in particolare verso la natura, le ricchezze culturali, le altre etnie e culture

Come coltivare le potenzialità di ogni essere umano
Creatività
Immaginazione
Scambiare energia collettiva
Contatto diretto con i processi della Natura
Recuperare capacità manuali
Sperimentare continuamente nuove vie
Assumere responsabilità, a vari livelli, ma senza trascurare alcuna occasione
Recuperare dignità del lavoro come attività umana
Relazioni più importanti della produzione
Elaborare una economia del dono
Attribuire elevata priorità alla solidarietà
Tutelare patrimonio culturale, locale e nazionale
Rapporti intensi con altre culture

Tutto questo può essere avviato anche come lavoro di centratura personale, diampliamento delle proprie visioni e prospettive, del senso di appartenenza a una umanità in evoluzione e non sull’orlo della catastrofe planetaria.Tutto può essere facilitato e accelerato se ci si sforza di guardarsi intorno e di far propri i problemi collettivi e sociali, anche prima di impegnarsi nella loro soluzione, che rappresenta indubbiamente un livello superiore, non obbligatorio ma preferibile e molto attraente per chi scopre in se stesso un minimo di sensibilità verso tutto ciò che ci circonda, la natura innanzi tutto.
Per le donne, inoltre, i processi qui delineati sommariamente costituiscono anche la scoperta e la riconquista dei loro poteri (da non confondere con forme di dominio sugli altri), significano svuotare e depotenziare le logiche maschiliste e patriarcali, ma soprattutto rigenerare e godere delle proprie capacità multiformi e creative, sia verso la natura che verso sistemi di relazioni molto innovativi e appaganti.
Sono tutti processi da avviare, ma qualche considerazione conclusiva si può tentare
Un primo aspetto è essenziale (e soprattutto urgente). È ormai difficilmente negabile che la lotta contro il cambiamento climatico rimodellerà profondamento ( e in molte situazioni radicalmente) i nostri modi di vivere e di entrare in relazione con gli altri e con degli ambienti esterni esposti a mutazioni sostanziali e rapide. Saremo sollecitati, uomini e donne a mettere in discussione le logiche sociali ed economiche finora seguite (spesso passivamente) . I tempi ristretti esigeranno in molti ambiti reazioni adeguate ma che potranno spesso essere improvvisate o attuate senza avere modelli da imitare o ordini da eseguire; ciò significa che l’inventiva e la capacità di improvvisare saranno doti preziose, da coltivare e far conoscere.
Un secondo aspetto deve essere sottolineato. È evidente che la gravità delle crisi che stiamo sopportando richiedono una attiva partecipazione di tutti gli esseri umani, ovunque vivano e indipendentemente dal genere. Le donne sembrano essere particolarmente pronte e dotate, mentre in genere gli uomini troveranno maggiori difficoltà ad abbandonare il mondo che si sono costruiti, quasi sempre con la violenza, a loro immagine e somiglianza. Una impostazione gilanica dei nuovi impegni che ci troviamo ad affrontare è senza dubbio la più efficace, ma richiederà sforzi addizionali per essere conseguita, specie nei paesi dove la dominanza maschile non è ancora stata messa in discussione.
Il terzo aspetto che ci teniamo a sottolineare riguarda la capacità di rapporti collettivi e di lavoro condiviso, che si presenterà con un massimo di difficoltà nella attuale situazione di frammentarietà sociale e di malessere diffuso. La consapevolezza della situazione che si è venuta a creare sotto la pressione di un sistema economico dominante in fase di autocorruzione costituisce il momento cruciale di ogni processo di assunzione di responsabilità sociale e ambientale.

Fonte: comune-info.net 

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