di Augusto Illuminati
L’attacco al sogno passa per l’attacco al sonno. Al sogno della vita liberata dal lavoro sotto padrone si risponde impadronendosi del sonno, mettendo la notte al lavoro sotto padrone. Because the night – ricordate? –, because the night belongs to lovers, col cazzo, la notte non è più degli amanti ma del lavoro e del consumo nei supermercati Carrefour H24. Ne è spuntato uno proprio sotto casa mia, inquietante nel buio della notte come undiner di Hopper.
Non è un caso isolato, solo un anello della lunga catena di modificazioni dei tempi di vita e di lavoro che passano attraverso la redistribuzione degli orari su tutta la settimana, invadendo prima il sabato poi la domenica infine la notte, eccedendo sistematicamente, mediante gli straordinari o l’imposizione del nero, la giornata di 8 ore. Di più, al di là dal caso sindacale, è un esempio della tendenza onnipervasiva a estendere illimitatamente l’operatività su tutto l’arco della giornata e della settimana, 24/7, sospendendo il tempo in un presente allucinato senza divenire e mirando a cancellare ogni spazio di riflessione, memoria riposo e recupero.
Una specie di illuminazione totale senza ombre, come scrive in un fortunato libretto J. Crary1, che arriva a individuare proprio nel sonno una specie di riserva di resistenza all’occupazione biopolitica di ogni individuo, corpo e anima. Tendenza parallela alla colonizzazione web della mente, dove l’interattività e il flusso perenne sono trappole per mobilitare e assuefare gli utenti a un insieme infinito di compiti e routine ben superiori al controllo televisivo totalitario prefigurato da Orwell in 1984. Il sonno, che espone al massimo di vulnerabilità, è anche il momento cin cui ci si stacca dal flusso delle informazioni cioè dal coinvolgimento biopolitico, oltre che dall’obbligo di prestazioni. Per paradosso e rovesciando Eraclito, il privato del sonno è il vero pubblico emancipato, mentre la veglia è il pubblico manipolato e assoggettato dell’invadenza neoliberale.
Fra i vari sistemi neoliberali di sfruttamento biopolitico, accanto allo stravolgimento degli orari e alla precarietà assoluta (per durata e tipologia di contratto) e relativa delle prestazioni (per distribuzione irregolare e sempre variabile nella giornata), alla truffa ufficializzata dell’appalto e sub-appalto a finte cooperative, all’onnipresente forma del lavoro a voucher, alle trappole della sharing economy e del lavoro «smartificato», ecc., spicca la predilezione per il lavoro festivo e notturno, sia che serva – come nella logistica – a rifornire senza tempi morti attività diurne, sia che entri via distribuzione e servizi nella copertura integrale della giornata lavorativa di tutti gli altri. Se tutti devono stare immersi in un flusso senza giorno né notte, occorre che qualcuno porti a casa le pizze, venda a tutte le ore nei supermercati, tenga aperti gli snodi del consumo metropolitano. Mestieri prima interdetti si aggiungono ai lavori notturni tradizionali (panettieri, vigili, farmacie e pronto soccorso, trasporti, netturbini), notte e giorno si fondono in un tessuto indistinto, che impasta le sensazioni e le operazioni, produzione e consumo, sogno e veglia. Il mito modernista e fordista della città che non dorme mai si traduce nella prosa post-moderna e post-fordista dei lavoratori che dormono quando gli capita.
All’uso selvaggio dell’innovazione tecnologica, anzi del mix fra app, rating e antichissimo cottimo, si contrappone l’innovazione sociale: auto-organizzazione e mutualismo 2.0, nuovi diritti sociali e piattaforme alternative aggregative e contrattuali. E, in primo luogo, questo «relitto del passato», lo sciopero, come (per citare i casi più recenti) hanno fatto con grande successo il 7-8 ottobre i dipendenti della Magneti Marelli di Bologna (Fca), interinali compresi, contro l’introduzione dei 18 turni che avrebbero azzerato il sabato libero, rendendo impossibile lo stare con i figli. In questo caso con una classica indizione Fiom, in altri invece con l’autogestione dai diretti interessati, come l’8 ottobre a Torino i lavoratori organizzati tramite app, i rider ciclisti di Foodora, che hanno bloccato il servizio per tutto il sabato sera, momento di picco delle consegne, per protestare contro il passaggio dalla paga oraria alla paga per consegna, il buon cottimo di una volta. In seguito a questa protesta due lavoratrici sono state licenziate, con un metodo da far invidia al peggio del Jobs Act: semplicemente bannandole dalla piattaforma dell’app per rating troppo basso. Tipo un ristorante boicottato su TripAdvisor, meraviglie dell’interattività smart.
Il 20-21 ottobre prossimi numerose sigle del sindacalismo di base, da Usb a Clap, hanno lanciato uno sciopero generale metropolitano, parte della lunga campagna autunnale per un NO sociale al referendum renziano e momento di confluenza di chi ogni giorno prova a organizzarsi, nelle proprie città, nelle università, nelle scuole e sui posti di lavoro. In particolare a Roma giovedì 20 dalle 22,30 si svolgerà una Torcida Precaria, una passeggiata per le strade di San Lorenzo, luogo di movida ma anche di lavoro giovanile in nero diurno e notturno: se lo sfruttamento è H24, anche lo sciopero deve esserlo e occorre riconoscersi, organizzarsi e contrattaccare.
Because the night belongs to lust
Because the night belongs to lovers
Because the night belongs to us…
NOTE
1. ↩ J. Crary, 24/7, il capitalismo all’assalto del sonno, Einaudi 2015
Fonte: operaviva.info
Originale: http://operaviva.info/h24/
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