di Alex Zanotelli
Si scrive acqua, ma si legge democrazia. In questi anni, soprattutto dopo il Referendum del 2011, è stata la volontà popolare, e cioè la democrazia, ad essere negata! La Costituzione della repubblica Italiana afferma: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1). Secondo la nostra Costituzione, l’unica volta che il popolo può esercitare direttamente tale sovranità è con il referendum abrogativo (art.75). Con il referendum del 2011, il popolo italiano (ventisei milioni di cittadini!) ha detto “sì” a due domande: l’acqua deve essere tolta dal mercato e non si può fare profitto sull’acqua. Questa è la volontà del popolo italiano.
Il parlamento italiano doveva tradurre in legge questa decisione del popolo. Invece non l’ha mai fatto, pur avendo a sua disposizione la legge di iniziativa popolare (2007) che aveva ottenuto oltre cinquecentomila firme! Quella legge ha dormito sonni tranquilli, rinchiusa nel cassetto della commissione ambiente della Camera. Solo una forte campagna da parte dei comitati è riuscita nel 2015 a far discutere la Legge in commissione.
Purtroppo il 15 marzo 2015 il governo Renzi è intervenuto a gamba tesa, facendo saltare l’articolo 6 di quella legge che definiva il servizio idrico privo di rilevanza economica e ne disponeva l’affidamento esclusivo a enti di diritto pubblico. Così la legge di iniziativa popolare è stata svuotata del suo nucleo centrale. Il disegno di legge (Ddl) così svuotato è stato approvato il 21 aprile 2016 da ben 243 deputati (Pd e Destra), mentre 129 deputati (M5S e Sinistra) hanno votato contro.
Il Ddl è ora allo studio della commissione ambiente del Senato. Conoscendo le posizioni dei partiti sull’acqua, c’è ben poco da sperare. Il governo Renzi persegue la sua strategia di privatizzazionetramite la Legge Madia e lo Sblocca Italia. La Legge Madia impedisce alle aziende speciali di gestire i servizi a rete come l’acqua. Lo Sblocca Italia favorisce i grandi accorpamenti, permettendo alle multinazionali di realizzare l’economia di scala a loro vantaggio (i grandi accorpamenti sono incompatibili con la gestione pubblica!).
Il governo Renzi sta infatti favorendo quattro grandi accorpamenti idrici: Iren (Piemonte-Liguria), A2A (Lombardia), Hera (Emilia Romagna, Toscana, Marche e Nord-Est) ed infine Acea (Lazio, Molise e il Meridione). È chiaro che dietro a queste multiutility ci stanno multinazionali come Suez e Vivendi. Un esempio di questi accorpamenti l’abbiamo ora in Puglia. Il governatore Michele Emiliano (da sempre schierato per l’acqua pubblica!) ha scelto come presidente dell’Acquedotto Pugliese un uomo di Iren e ha avviato la fusione dell’acquedotto (100% pubblico!) con Gesesa, spa mista di Benevento e con Altocalore spa pubblica di Avellino. Questo è il primo passo verso una megautility del Sud capitanata da Acea che gestirà così l’acqua del Mezzogiorno. Sempre su questa strada delle privatizzazioni è importante notare la corsa delle multinazionali per accaparrarsi le fonti.
E tutto questo avviene nella quasi totale indifferenza dei partiti. Particolarmente grave è il tradimento dei pentastellati a Torino e a Roma. A Torino, la neo sindaca Chiara Appendino ha usato i soldi dell’acqua pubblica per risanare il bilancio. A Roma, la sindaca Virginia Raggi ha chiesto all’Acea di abbassare le bollette! È ormai chiaro che il M5S sta tradendo una delle sue fondamentali promesse elettorali: ripubblicizzare l’acqua.
In un momento così difficile, non ci voleva proprio quello che è avvenuto a Napoli, l’unica grande città in Italia che ha obbedito al referendum, trasformando l’azienda idrica Arin spa in ABC (Acqua Bene Comune) azienda speciale. E questo grazie al sindaco Luigi De Magistris, il quale però ora rimuove il presidente di ABC, Maurizio Montalto e tutto il cda, che per un anno e mezzo avevano fatto gratuitamente uno splendido lavoro. La ragione? Moltalto e tutto il cda si sono rifiutati di assumere i 107 lavoratori di S. Giovanni a Teduccio perché non c’è copertura finanziaria (ci vogliono almeno 30 milioni di euro, mentre il comune offriva solo 4,5 milioni).
Questa operazione avrebbe significato affossare l’ABC, peraltro contro il parere dei revisori dei conti. I comitati dell’acqua di Napoli continuano a lavorare, vigilando perché la gestione pubblica dell’acqua non venga meno in questa metropoli. Come missionario, come prete e come cittadino continuerò a darmi da fare con il grande movimento in difesa di sorella acqua, che papa Francesco definisce «un diritto umano, essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone» (Laudato Si’, 30).
Proprio perché papa Francesco parla dell’acqua come «diritto alla vita», mi meraviglia il silenzio della Conferenza episcopale italiana a questo riguardo. E mi meraviglia altrettanto la poca partecipazione delle comunità parrocchiali e degli ordini religiosi in difesa della Madre di tutta la vita sulla Terra. Per chi crede nel Dio della vita, diventa un dovere la difesa di “Sora Acqua”. Ma lo è altrettanto per chi si considera laico. Insieme, senza stancarci, diamoci da fare perché la politica non obbedisca ai poteri economico-finanziari, ma al popolo sovrano.
Fonte: Nigrizia
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