La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 22 ottobre 2016

Resistenza: fine di un'anomalia?

di Marco Palazzotto
La strage rimossa. Nola, 11 settembre 1943. La Sicilia e la Resistenza (Di Girolamo 2016), è un libretto in distribuzione da poche settimane, pubblicato proprio nel periodo in cui si vorrebbe mettere una pietra tombale sulla Resistenza e sulla Costituzione italiana. Umberto Santino raccoglie una serie di testimonianze e documenti storici per raccontare la strage avvenuta nel 1943 ad opera di alcuni ufficiali nazisti. Le vittime: 10 ufficiali italiani. L’idea nasce da racconti ascoltati dall’autore in ambito familiare: infatti tra gli ufficiali italiani uccisi in quell’episodio c’era anche Mario De Manuele, zio della moglie di Santino.
L’eccidio è avvenuto l’11 settembre del 1943 a Nola, a soli tre giorni dal famoso 8 settembre, giorno dell’armistizio di Cassibile, firmato dal governo Badoglio del Regno d’Italia con gli Alleati.
L’appassionante racconto storico di Umberto Santino mette in luce aspetti poco esplorati di quella vicenda: ad esempio il rapporto con i tedeschi rimane a tutta prima immutato, e nello stesso tempo vengono avviate trattative segrete con gli anglo-americani. Mussolini viene arrestato, poi liberato dai tedeschi: da Salò proclamerà la Repubblica omonima durante la quale il rapporto con i tedeschi sublimerà in totale sottomissione.
La ricostruzione dell’eccidio di Nola da parte di Santino inizia con una breve storia della città, famosa per aver dato i natali a Giordano Bruno, filosofo bruciato al rogo dall’Inquisizione nel 1600 e al quale sono dedicati diversi monumenti della cittadina napoletana.
Quella dell’11 settembre può essere considerata la prima strage operata dai nazisti dopo l’armistizio del Cassibile e dimostra quanta efferatezza e crudeltà caratterizzasse i gerarchi tedeschi dell’epoca. Nelle esecuzioni, come quelle avvenute a Nola, veniva applicata la regola del 10x1: per ogni tedesco ucciso dovevamo morire 10 italiani. E così avvenne nella caserma Principe Amedeo di Nola nella quale 10 ufficiali italiani vennero prelevati su ordine del maggiore tedesco Walter Reder e fucilati nella piazza antistante. Nella stessa piazza dove il giorno prima, nello scontro tra forze italiane e tedesche, era caduto un militare nazista.
Nella seconda parte del volume Santino affronta temi come Resistenza, crisi dell’antifascismo e demolizione della Costituzione italiana. Nell’esprimere le proprie opinioni il Nostro raccoglie varie testimonianze sugli argomenti suddetti. Interessante in particolare la posizione di Claudio Pavone, secondo il quale “c’era una sostanziale continuità tra fascismo e nuovo Stato, con la ricomposizione del blocco dominante e il permanere degli stessi funzionari nell’apparato burocratico” (p. 73). La storiografia negli anni ‘60 s’interrogherà sul ruolo della Resistenza nella storia italiana mettendo al centro dell’attenzione il rapporto tra continuità e rottura. In questo periodo Santino fu testimone di tale dibattito, in cui s’inseriscono gli studi di Guido Quazza secondo il quale la Resistenza diventa una lotta di liberazione da riprendere e attualizzare. “Per Quazza la Resistenza si colloca all’interno di una prospettiva di lungo periodo segnato dal passaggio dall’età liberale al fascismo e dal fascismo alla democrazia repubblicana. Modificazioni sociali, politiche e istituzionali che convivono con elementi di continuità come l’immutabilità dei gruppi di potere economico-finanziario e degli apparati burocratici”. (p. 83)
Secondo Luciano Canfora le formazioni partigiane si muovevano nella prospettiva che la guerra potesse concludersi con un “finale” anticapitalistico. Ovviamente questa non fu mai la strategia e l’obiettivo del gruppo dirigente comunista, come dimostra – sempre secondo Canfora – l’atteggiamento di Togliatti, regista autorevole del periodo postbellico.
Alla fine del volume Santino discute sulla contrapposizione Fascismo/Antifascismo, che dagli anni ‘90 in poi viene abbandonata per far posto ad una retorica anticomunista. All’epoca dei governi Berlusconi nel dibattito pubblico la Costituzione diviene opera dei comunisti legati alla ex-URSS. Si recuperano narrazioni anticomuniste come quella delle foibe. S’indice addirittura un giorno di ricordo dei crimini dei partigiani di Tito, voluto fortemente anche dall’ex comunista e allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Comunismo e nazifascismo sono messi sullo stesso piano. Il “problema” diventa la Costituzione italiana, fondata sulla Resistenza e frutto, secondo Umberto, di “un patto-compromesso tra varie culture, la cattolica, la liberale, la socialcomunista, che ad un certo punto si è rotto e non si è più ricomposto” (p. 88).
La domanda che ci si pone in coda al lungo dibattito seguito al 70° anniversario del 25 aprile è se l’Italia si sia davvero liberata dal fascismo. Secondo Santino in una prima fase si è costruito il mito della Resistenza (peraltro enfatizzando la partecipazione popolare alla lotta partigiana e sottovalutando al contempo il ruolo giocato dalle donne). A questa fase segue quella caratterizzata dalle parole d’ordine della “Resistenza tradita” e della “Costituzione inattuata”, ben presto “superata dal revisionismo storico e dall’insistenza sulla necessità di una riforma costituzionale, voluta da Craxi, e con De Felice nel ruolo di predicatore dell’abolizione della << retorica dell’antifascismo>> considerata una merce superata” (p. 92). Il punto di non ritorno è rappresentato dalla legge n. 92 del 2004, che istituisce il giorno della memoria per ricordare le foibe.
A questa legge seguiranno vari tentativi per modificare la carta Costituzionale. Santino conclude la rassegna su questo argomento evidenziando come ci sia in effetti una sostanziale continuità tra la legge 129 del 1939, con la quale Mussolini sostituì la Camera dei deputati con la Camera dei fasci delle corporazioni, e il combinato disposto del cosiddetto Italicum e della nuova riforma costituzionale Renzi, quest’ultima oggetto del referendum che si andrà a votare tra poche settimane.
Alla fine del testo Umberto dedica un’appendice alla situazione siciliana, evidenziando come le lotte contadine possano considerarsi la vera Resistenza siciliana. Il cammino avviato dai Fasci siciliani continuerà con la “Resistenza” postbellica di migliaia di contadini guidati dai partiti di sinistra che si organizzarono contro il potere mafioso latifondista. Morirono più di 150 manifestanti, tra il 1944 e il 1968, sotto i colpi della mafia e alcuni anche per mano delle forze dell’ordine. Il culmine di questo conflitto sarà simboleggiato dalla Strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947.

Fonte: palermo-grad.com

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