di Maurizio Landini
Meno assunti e più licenziati: così va il mondo del lavoro in Italia nell'era del Jobs Act. Gli annunci e le promesse del genio di Firenze, alla luce dei dati dell'Inps sul primo semestre del 2016, si rivelano per quel che sono: fanfaronate. Degli imbrogli, prima illusori e poi avvilenti, oltretutto parecchio costosi. Esaurita la spinta degli incentivi a solo vantaggio delle imprese, le assunzioni sono crollate: con il dimezzamento delle sovvenzioni pubbliche nel 2016, quelle a tempo indeterminato sono diminuite del 32,9%, in generale tutte le forme di assunzione sono scese dell'8,5%, mentre dilagano i voucher, il lavoro che si compra dal tabaccaio, l'ultima trovata del precariato fatto istituzione.
Ricordate il battage pubblicitario renziano del Jobs Act che "dà un futuro ai giovani ponendo fine all'apartheid di un mercato del lavoro che fa pagare ad alcuni le eccessive tutele di altri"? Questo ne è l'esito. O, meglio, una sua parte. L'altra consiste nell'aumento impressionante dei licenziamenti per "giusta causa": senza l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che, sempre secondo la propaganda del governo, bloccava assunzioni e investimenti in Italia) nei primi sei mesi del 2016 sono aumentati del 28,3%.
Ma non basta, perché oltre ad aver peggiorato la vita delle persone che per vivere devono lavorare e averne limitato i diritti e, quindi, la libertà, queste "politiche del lavoro" del governo ci sono costate molto anche in termini puramente economici: tra i 15 e i 22 miliardi - dipenderà dalla durata dei contratti stipulati con questo sistema - nel triennio 2015-2017, circa 50.000 euro annui per ogni assunto. Sono soldi pubblici, che avrebbero potuto finanziare veri investimenti e vera occupazione: quanti posti di lavoro sicuri si sarebbero potuti creare utilizzando questo denaro incentivando - solo per fare un paio d'esempi - una politica industriale in settori ad alto valore aggiunto, o defiscalizzando gli aumenti salariali dei contratti nazionali, o risanando e mettendo in sicurezza un paese rovinato dalle speculazioni edilizie e ambientali? Sono soldi su cui avremmo il diritto di sapere e decidere, perché provengono dalle nostre tasse.
Ma tutto questo a Matteo Renzi interessa poco. Soprattutto in questi giorni di campagna elettorale referendaria, di giri per il mondo alla ricerca di sponsor più o meno illustri del suo operato, di nuove promesse su futuri radiosi o disastrosi a seconda della riuscita o meno dei suoi propositi. Peccato che mentre lui continua la sua opera al servizio di se stesso e di pochi interessi privati la cosa pubblica e la gran parte del paese si specchino in quei dati dell'Inps che ci dicano come il lavoro sia raro, precario e vilipeso. Una condizione da cui vorremmo riscattarlo, a partire dalla difesa di una Costituzione che lo indica come valore fondante della Repubblica, fino ai referendum della prossima primavera quando voteremo contro il Jobs Act, per la cancellazione dei voucher, la messa sotto controllo degli appalti, il ripristino e l'estensione dell'articolo 18.
Fonte: Huffington Post - Blog dell'Autore
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