di Roberto Ciccarelli
Un milione e trecentomila lavoratori del pubblico e del privato hanno aderito allo sciopero generale proclamato venerdì dai sindacati di base Unione sindacale di Base (Usb), Adl Cobas, Si Cobas, Unicobas, Usi, Cub Trasporti Lazio. È la valutazione di Usb alla luce di un’ampia adesione alla mobilitazione contro la legge di bilancio, il Jobs Act e per il «No sociale» al referendum costituzionale del 4 dicembre. Vertenze sindacali e questioni sociali intrecciate con una parte della sinistra politica (tra le sigle, Rifondazione e Altra Europa) che oggi saranno in piazza a Roma al «No Renzi Day».
Il settore dove si è registrata l’adesione più alta è stato quello dei trasporti: in media il 60% con picchi del 90% del personale di Roma Tpl, e forti rallentamenti nella rete del trasporto urbano e della metro. In campania fermo il servizio urbano flegreo, a Bologna stop del 70% di quello su gomma. Voli cancellati negli aeroporti di Roma, Pisa, Napoli e Milano. All’Inps ha aderito allo sciopero il 21,5% del personale. Giornata al di là delle aspettative nella logistica dove Si Cobas e Adl Cobas hanno firmato da pochi giorni un importante un accordo nazionale con i principali corrieri italiani: Sda, Tnt e Bartolini in testa. Tra l’altro prevede una «clausola sociale»: l’obbligo di riassumere i lavoratori in caso di cambio di appalto.
Il settore dove si è registrata l’adesione più alta è stato quello dei trasporti: in media il 60% con picchi del 90% del personale di Roma Tpl, e forti rallentamenti nella rete del trasporto urbano e della metro. In campania fermo il servizio urbano flegreo, a Bologna stop del 70% di quello su gomma. Voli cancellati negli aeroporti di Roma, Pisa, Napoli e Milano. All’Inps ha aderito allo sciopero il 21,5% del personale. Giornata al di là delle aspettative nella logistica dove Si Cobas e Adl Cobas hanno firmato da pochi giorni un importante un accordo nazionale con i principali corrieri italiani: Sda, Tnt e Bartolini in testa. Tra l’altro prevede una «clausola sociale»: l’obbligo di riassumere i lavoratori in caso di cambio di appalto.
I BLOCCHI DEI MAGAZZINI in Veneto, Emilia Romagna, Torino e Roma e degli interporti (Padova, Carpiano, Bologna e Nola) sono iniziati prima dell’alba. Ai mercati generali di Torino, un centinaio di facchini del Si Cobas ha bloccato per diverse ore gli ingressi. Le forze dell’ordine li hanno sgomberati con lacrimogeni e cariche di alleggerimento. Nella cintura padovana dove diversi magazzini della grande distribuzione alimentare sono stati fermati. All’interporto di Padova il blocco di Adl Cobas è durato dalle otto del mattino alle tre del pomeriggio. Mobilitazioni a Modena, Bologna e Parma dove ai cancelli dei magazzini i lavoratori hanno chiesto il rinnovo del contratto nazionale. «Siamo riusciti a intrecciare le vertenze di settore, l’opposizione al Jobs Act che ha liberalizzato i licenziamenti e il No al referendum – sostiene Gianni Boetto (Adl Cobas) – La battaglia del “No” rischia altrimenti di essere poco significativa se non viene sostenuta da movimenti che sono significativi per le trasformazioni della costituzione materiale e non solo di quella formale. Il movimento è debole, ma percorsi come quelli di ieri sono reali tra i lavoratori e possono estendersi ad altri soggetti sociali con i quali è fondamentale interagire». Aldo Milani del Si Cobas, è stato impegnato per ore in un picchetto all’Interporto di Carpiano (Milano) con 450 lavoratori. «Non era facile portare a scioperare i lavoratori anche su questioni generali come il No al referendum – afferma – Abbiamo messo in campo una forza nella logistica, ora il nostro obiettivo è andare oltre e porci un allargamento del sindacato a livello generale. Di solito c’è concorrenza tra i sindacati, oggi è fondamentale battere i padroni, non è importante aderire all’uno o all’altro. Dobbiamo accumulare forza».
LO SCIOPERO GENERALE è stato interpretato come blocco dei flussi della logistica e di quelli delle metropoli. Si sono mobilitati gli studenti contro la «Buona Scuola» a Palermo in una protesta battezzata «Blocchiamo tutto Day», gli operai della Piaggio hanno occupato i binari alla stazione di Pontedera, a Napoli il corteo si è concluso a Palazzo Santa Lucia. I movimenti per la casa hanno manifestato in Campidoglio contro sfratti e sgomberi e l’immobilità della sindaca Raggi: «Una giunta di fantasmi» diceva uno striscione. Al mattino presidi al Miur (Unicobas) e al Mef con i sindacati di base e le Camere del lavoro autonomo e precario presenti anche in un sit-in all’Inps di Padova. «È stato il ritorno allo sciopero politico – sostiene Fabrizio Tomaselli, esecutivo Usb –In Italia esiste un fronte del lavoro che manifesta oltre le rivendicazioni sociali e sindacali». Renzi ha definito i cortei un «boomerang» per i disagi alla circolazione del traffico. «Ha cercato di screditare questo sciopero – risponde Tomaselli – ma migliaia di lavoratori oggi non si fanno ingannare dalle sue politiche di bonus e mancette».
NO RENZI DAY, OGGI IN CORTEO A ROMA Alle 14 partirà da piazza San Giovanni a Roma il corteo «No Renzi Day» che si concluderà a piazza Campo de Fiori. Per l’occasione la storica piazza è stata ribattezzata alla memoria di Abd Elsalam, il lavoratore egiziano e sindacalista Usb ucciso il 14 settembre a Piacenza durante una protesta dei lavoratori della logistica. Il corteo è stato promosso da numerose sigle politiche, sindacali e sociali, tra cui: Usb, Unicobas, Usi, Cub trasporti Lazio, Eurostop, Movimento No Tav, Forum Diritti Lavoro, Contropiano, Csoa Corto Circuito, Conup, partito Comunista italiano, partito della Rifondazione comunista, L’Altra Europa con Tsipras, partito Comunista dei Lavoratori, Sinistra per Roma. Un appello è stato sottoscritto da Luigi De Magistris, Stefano Fassina, Paolo Maddalena, Ferdinando Imposimato, Moni Ovadia, Eleonora Forenza, Lidia Menapace, Luciano Vasapollo, Valerio Evangelisti. Stamattina proseguirà l’«accampada» in piazza San Giovanni dove dalle 11 si svolgerà un’assemblea con lavoratori dell’agricoltura e della logistica. «Il no al referendum costituzionale è fondamentale perché la manomissione della Costituzione sarebbe un ulteriore strumento per distruggere i diritti dei lavoratori, dando più potere all’esecutivo» sostiene il segretario del Prc Paolo Ferrero.
Fonte: il manifesto
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