di Juan Manuel Karg
In questo articolo analizzeremo i punti centrali della nuova politica estera argentina, concentrandoci principalmente nel cambiamento in relazione all’America del Sud, l’Europa e gli Stati Uniti. Infine, tracceremo una breve prospettiva sulle sfide future, sia per il nostro paese che per la regione nel suo insieme.
a) Fine della multipolarità? Una tardiva svolta verso Stati Uniti ed Unione Europea
Macri e il suo Ministro degli Esteri, Malcorra, hanno dato vita sin dal loro insediamento a una politica estera basata sulla tesi che l’unipolarismo nordamericano non sia sotto scacco.
A partire da questa tesi di fondo ha tentato di impostare un rilancio delle relazioni esterne verso la potenza egemone in declino e i suoi principali alleati, come dimostrano i primi incontri sostenuti dal Capo dello Stato: Barack Obama, Francois Hollande e Matteo Renzi, tra gli altri.
A partire da questa tesi di fondo ha tentato di impostare un rilancio delle relazioni esterne verso la potenza egemone in declino e i suoi principali alleati, come dimostrano i primi incontri sostenuti dal Capo dello Stato: Barack Obama, Francois Hollande e Matteo Renzi, tra gli altri.
Mesi dopo, il destino di questi leader è ben noto: Obama esce dalla Casa Bianca a capo chino dopo il trionfo del pirotecnico Trump; Hollande non ha trovato neppure il coraggio di partecipare alla prossima contesa elettorale francese, che sarà una partita tra il conservatore Fillon e l’esponente di estrema destra Le Pen; e Renzi si trova fuori gioco dopo aver perso il referendum costituzionale in Italia.
Come si vede, un brusco cambiamento del panorama istituzionale di questi paesi, che parla di una crisi politica ancora in corso nell’Unione Europea e negli Stati Uniti, che contraddice la prima diagnosi del presidente - e della sua squadra di consiglieri - in politica estera. L’Argentina si è rivolta verso paesi che non si sono ancora ripresi dalla crisi economica internazionale iniziata nel 2008, anche a costo di sacrificare i crescenti legami che il nostro paese aveva intrapreso con il blocco degli emergenti (Brics e G77+Cina, principalmente).
b) UNASUR e CELAC, senza alcun peso nella nuova politica estera di Palacio San Martín
La sede dell’UNASUR in Mitad del Mundo (Ecuador) si chiama Néstor Kirchner, in omaggio a chi fu il primo Segretario Generale del blocco. Tuttavia, non si conosce quale sia l’opinione di Mauricio Macri su questo importante organismo regionale, che ha compiuto importanti funzioni contro i tentativi di destabilizzazione in Bolivia (2008), Ecuador (2010) e Venezuela (2014).
c) Strizza l’occhio ad Alleanza del Pacifico e TPP. E il trionfo di Trump?
Durante i primi mesi del 2016, Macri ha chiesto l’ingresso dell’Argentina come osservatore nell’Alleanza del Pacifico, blocco regionale composta da Messico, Colombia, Perù e Cile, tutti paesi che hanno firmato Trattati di Libero Commercio con gli Stati Uniti.
L’ingresso si è fatto effettivo, e anche Macri ha partecipato al Vertice Imprenditoriale dell’AP tenutosi in Cile, con un discorso pomposo in riferimento allo spazio lì riunito. Mesi dopo, con il trionfo di Trump negli Stati Uniti, l’Alleanza del Pacifico è stata colpita fortemente, visto e considerato che il TPP era l’orizzonte di questo blocco di paesi.
d) Dalla richiesta di ammissione nei BRICS all’avallo dell’impeachment contro Dilma
Cristina Fernández de Kirchner, chiese l’ingresso nei BRICS a metà del 2015, in occasione di una cerimonia pubblica in provincia di Buenos Aires dov’era presente anche l’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula Da Silva. Allo storico leader sindacale, Cristina Fernández de Kirchner, domandò esplicitamente di «essere ambasciatore» di questa causa: l’Argentina aveva aspettative di rafforzamento dell’integrazione regionale in vista di un inserimento latinoamericano nel nuovo mondo multipolare.
Tutto cambiò rapidamente: non solo Daniel Scioli uscì battuto dal ballottaggio contro Mauricio Macri, nel novembre 2015, ma l’anno successivo vi fu un processo di impeachment in Brasile contro il legittimo presidente Dilma Rousseff, che ha sospinse il Partido de los Trabajadores fuori da Planalto. Questi due accadimenti hanno impedito l’ingresso dell’Argentina nel blocco BRICS, comportando inoltre un riorientamento della politica estera brasiliana, adesso capitanata da un conosciuto lobbysta dell’ambasciata USA a Brasilia, José Serra.
L’Argentina è stato il primo paese latinoamericano ad avallare il «golpe parlamentare» in Brasile, spingendosi a salutare con favore il funzionamento delle istituzioni, le stesse che portavano avanti il processo destituente. Così, il nostro paese è passato dal chiedere l’ingresso nei BRICS ad avallare il governo illegittimo del Brasile.
e) Milagro Sala: il «ritorno al mondo» fatto fatidica realtà
Uno dei principali cavalli di battaglia di Cambiemos durante i primi mesi di carica del governo è stato il «ritorno al mondo», rilanciato in maniera massiccia dai mezzi di comunicazione e le reti sociali. L’obiettivo era quello di abbandonare il presunto «isolamento» del kirchnerismo, mai realmente avvenuto, come abbiamo spiegato prima, vista la politica multilaterale promossa da CFK, specialmente verso BRICS e G77+Cina.
Il «ritorno al mondo» è accaduto, ma in forma fatidica - e impensabile tempo addietro - per il governo. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), la CIDH e finanche ONG con sede negli Stati Uniti, come Human Rights Watch, hanno richiesto la liberazione della parlamentare del Mercosur, Mlagro Sala, che resta detenuta arbitrariamente nel carcere di Alto Comoderò, Jujuy, dall’inizio dello scorso anno.
Il «ritorno al mondo» da slogan per differenziarsi dal kirchnerismo, si è trasformato in una triste realtà attraverso i fiumi di inchiostro nei media internazionali: l’Argentina è tornata ad essere messa in discussione, vari decenni dopo, dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani come ai tempi delle politiche di genocidio dell’ultima dittatura civico-militare.
f) Scacco al Mercosur: un’opportunità persa nel mezzo della burrasca
La vertiginosa fine del 2016 avrebbe dovuto segnare un rilancio del Mercosur, davanti al nuovo scenario internazionale, che il vicepresidente boliviano Álvaro García Linera ha catalogato come «fine della globalizzazione», a seguito dei trionfi della Brexit e Trump (chiudendo la fase aperta da Thatcher e Reagan nei rispettivi paesi e su scala globale).
g) Verso cosa?
La prospettiva diplomatica del nostro paese, a breve e medio termine, è purtroppo tornata a scontrarsi con un mondo che è cambiato. Dinanzi a questo scenario dovrebbe essere prevista la possibilità di rettificare e «mischiare nuovamente le carte», indipendentemente dall’orientamento politico-ideologico del governo, che determina in ultima istanza le decisione circa la collocazione internazionale del paese.
Tuttavia, parimenti come accade nell’ambito interno, il tandem Macri-Malcorra non ha mostrato volontà di comprensione e adeguamento di fronte ai nuovi accadimenti globali, che rafforzano la tendenza multipolare e faciliterebbero una maggiore efficacia delle istanze autonome d’integrazione regionale, tanto vilipese dal governo di Cambiemos. Nulla sembra indicare che questa attitudine sarà modificata nel 2017.
Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde
Articolo pubblicato su independencias.com.ar/
Fonte: lantidiplomatico.it
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