di Peppino Caldarola
Si avvia a conclusione il secondo mandato di Susanna Camusso come segretario generale della Cgil. Un mandato che termina con una sconfitta, quella sulla proposta di ripristino e modifica dell’articolo 18 che la Consulta ha respinto in quanto il referendum può essere, nel nostro Paese, abrogativo e non propositivo. La possibilità che un referendum vincente allargasse le clausole di tutela ai lavoratori di aziendine di cinque dipendenti ha decretato la cancellazione di questa sfida elettorale. Molto gossip attorno al ruolo che avrebbe avuto Giuliano Amato, giudice della Corte, nell'indirizzare verso il no il giudizio del consesso costituzionale. Molti retroscena stucchevoli. La verità era nelle cose.
Così come è stato proposto il referendum non poteva essere ammesso. Un errore o un eccesso di furbizia hanno condannato a sepoltura l’articolo 18, pace all’anima sua.
Così come è stato proposto il referendum non poteva essere ammesso. Un errore o un eccesso di furbizia hanno condannato a sepoltura l’articolo 18, pace all’anima sua.
LA LEADER CGIL CHIUDE MALE IL MANDATO. Restano altre due sfide, quella sui voucher e quella sulla corresponsabilità di ditte appaltanti e appaltatrici di fronte ai lavoratori. Tuttavia, per ragioni del tutto evidenti, era l’articolo 18 il faro della battaglia referendaria essendosi appannata quella sui voucher che un sindacato Cgil ha usato in misura che il presidente dell’Inps ha enfatizzato in modo sgradevole e vendicativo. Camusso, quindi, chiude male e le critiche per questo finale d’opera si aggiungono a tante altre che ha avuto nei suoi due mandati: assenza di immagine, una certa chiusura in sé della Cgil, una politicizzazione spesso non necessaria, il non risolto problema di come dar voce a giovani e disoccupati.
Le cose che vengono addebitate alla Camusso sono questioni reali che vanno al di là della sua persona e delle sue capacità. Forse poteva fare meglio e di più, ma è altrettanto vero che ha incontrato ondate sfavorevoli anche dal punto di vista mediatico. Lei non è mai piaciuta. Eppure è stata la prima segretaria donna e anche la prima segretaria donna che proveniva dalle file socialiste. Uno “strappo” importante nella nomenklatura di cui, però, si sono perse le tracce e il valore dirompente.
LO SCONTRO CON LANDINI. Lo scontro assai lungo e duro con Maurizio Landini l’ha collocata fra i sindacalisti apparentemente più burocratizzati. La sua totale refrattarietà a gestire la propria immagine le ha dato talvolta un aspetto antipatico. Camusso è una intellettuale, di famiglia di intellettuali, che ha scelto il sindacato pur avendo la possibilità di fare l’architetto. Un sindacalista come quelli di una volta. Lunga trafila in periferia dopo la “scelta di vita”.
TROPPO MOVIMENTISMO NEL SUO SINDACATO. Il guaio per lei è che tre predecessori le hanno nuociuto. Le hanno nuociuto Lama e Trentin, tre veri giganti con Di Vittorio del sindacalismo mondiale, e l’impronta movimentista e politica che Cofferati ha dato alla Cgil negli anni in cui si affermava la stagione berlusconiana. Insomma, per dirla in breve, c’è stato meno Di Vittorio e più Nanni Moretti, Zagrebelski e la cultura dei girotondi nella Cgil della Camusso.
Al posto della Camusso gli esperti segnalano, anche perché sostenuta dal segretario uscente, Serena Sorrentino. Napoletana, anch’essa di studi d’arte, trafila di base, cursus honorum tradizionale, oggi alla guida dell’impiego pubblico, televisivamente molto redditizia ma non un “personaggio”. Se la staffetta Camusso-Sorrentino andrà in porto sarà una buona notizia per le donne, avremo una segretaria giovane, ma non so con quante possibilità ci sarebbero di voltare veramente pagina. Perché la Cgil nel prossimo congresso deve voltare pagina con una riflessione seria su tutta la sua esperienza degli ultimi anni.
LANDINI, IL MIGLIORE PER LA SUCCESSIONE. In verità la Cgil un segretario naturale ce l’ha. Non sono un suo ammiratore e neppure un suo detrattore, ma Maurizio Landini è il personaggio che più si avvicina al profilo del sindacalista vero e del sindacalista del futuro. Riformisti un tanto al chilo, tardo-blairiani e compagnia di giro non amano questo signore che ha un vocione esagerato, che porta visibilmente la maglietta della salute sotto la camicia, che appare ed è “de sinistra”. Spesso è stato descritto come un reperto di anni ruggenti da quelli che pensano che sia il sindacato in sé un reperto.
IL LEADER FIOM, L'UNICO CHE PUÒ SORPRENDERCI. È vero il contrario. Il suo sindacalismo e la sua umanità ne fanno un uomo di oggi e un uomo del prossimo futuro. È meglio rischiare con un leader che può fare “strappi” che con altre scelte più tranquillizzanti. Poi Landini è visibilmente un sindacalista doc anche se molti lo vorrebbe capo politico di un carrozzone di sinistra. Un giorno rifletteremo sul perché un lavoro prestigioso, il sindacalista, appaia oggi molto screditato. Nessuna di queste ragioni negative la si ritrova nella storia di Landini, l’unico che potrebbe sorprenderci.
Fonte: Lettera 43
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