di Federico Giusti
Negli ultimi 30 anni le disuguaglianze sono cresciute, lo dicono innumerevoli statistiche. Un paese, l'Italia, dove le differenze di classe sono acuite come anche le povertà. Disuguaglianze accentuate anche geograficamente parlando, con il Sud che ha perso ulteriore terreno– dal 2008 al 2017 – con aumento dei disoccupati, del reddito, degli under 30 senza un lavoro e un titolo di studio, un impressionante ritardo riassumibile in pochi dati, primo tra tutti il Pil che in 10 anni è calato del 10,2%, contro il -5,5% del Centro-Nord e un -6,6% dell’Italia nel suo complesso.
Nel 2008, nel Sud Italia era concentrata il 34% della popolazione italiana , se guardiamo ai redditi il Sud è mediamente fermo a 18 mila euro mentre nel centro nord siamo di poco sopra i 27500 euro annui.
Non c'è lavoro, poco reddito e i servizi non funzionano, basti pensare ai viaggi della speranza negli ospedali del centro nord per ricevere cure che sempre meno sono assicurate in loco.
Per anni si è raccontata la storia di un Meridione poco produttivo e spendaccione, stando ai dati si evince che i consumi sono crollati del 12%, praticamente quasi il triplo del centro Nord dove la riduzione si ferma (e il dato è già eloquente) a meno 3,9.
Nel sud ormai è dilagante la riduzione delle spese alimentari come anche il ritorno alla terra non per aprire attività agricole ma per assicurare alle famiglie verdura autoprodotta e cosi' ridurre le spese familiari.
Sembra di tornare a Levi o a Verga ma ci sono intere province del Sud dove la crisi sembra cosi' acuta da provocare fenomeni vistosi di emigrazione.
Se la povertà assoluta nel Meridione è raddoppiata, anche nel Centro-Nord i dati mostrano una crisi tutt'altro che superata con percentuali di crescita ancor maggiori (dal 2,7 per cento al 6,3 per cento. rispetto al 10% e passa del Sud).
Una crisi misurabile anche da altri dati, per esempio dalla produttività industriale, peccato che nel Sud ci sia un numero decisamente ridotto di attività industriali e molte di loro o hanno chiuso o si stanno barcamenando tra un ammortizzatore sociale e l'altro.
La desertificazione industriale del Sud fa paura, alcuni intellettuali inascoltati già un quindicennio lanciarono un grido di allarme, il sogno di un Sud industriale è tramontato con le privatizzazioni degli anni novanta del secolo scorso, un sogno da cui ci siamo risvegliati con interminabili file di disoccupati e disastri ambientale che hanno alimentato il numero dei malati e dei decessi per patologie tumorali.
Per anni ci è stato raccontato che il turismo avrebbe rappresentato, peccato che servirebbero investimenti, infrastrutture e un progetto eco compatibile che non sembra trovare ascolto.
Analogo discorso andrebbe fatto per l'agricoltura e la pesca.
Quanto è avvenuto nel su ricorda cio' che è accaduto il secolo scorso con l'annessione della Germania est da parte dell'Ovest, tra deindustrializzazioni, gabbie salariali, impoverimento del territorio e dei suoi abitanti, una deindustrializzazione selvaggia scaturita dal disimpegno dello stato con la privatizzazione delle aziende pubbliche.
E, come sempre accade, a pagare il costo delle privatizzazioni sono soprattutto le aree geografiche economicamente piu' deboli che vedono accresciuta miseria e perdita occupazionale.
Fonte: controlacrisi.org
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